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Holy Motors, l’ultimo film di Leos Carax

Articolo di Jessica Pompili e Michele Chighizola

Perché sì  

di Michele Chighizola

Presentato nel 2012 al Festival di Cannes e accolto con scroscianti applausi, Holy Motors è rimasto tagliato fuori dai cinema italiani per un anno, mentre nel resto del mondo diventava un film di culto. Grottesco, esagerato, ambizioso, sempre sul punto di diventare più video-arte che cinema, Holy Motors ha diviso la critica di tutto il mondo e generato discussioni infinite su blog e siti di cinema. Ora, dal 6 giugno 2013, è stato distribuito in qualche piccola sala cinematografica e così anche i poveri italiani potranno vederlo.

Ma di cosa parla innanzitutto il bizzarro film di Leos Carax, regista e critico cinematografico in circolazione dagli anni ’80 ma con all’attivo solo cinque film? Holy Motors parla di una giornata di Oscar (Dennis Levant), un uomo che, a bordo di una lussuosa limousine, attraversa Parigi e ha nove appuntamenti in agenda. La particolarità tuttavia sta nel fatto che per ogni appuntamento Oscar cambia identità e la limousine altro non è che un gigantesco camerino itinerante con set di specchi, parrucche e trucchi. Ecco quindi che Oscar assume le sembianze di un mendicante, di un broker di borsa, di un killer, di un acrobata con tuta-motion capture per un videogioco, di un rivoluzionario, addirittura di un elfo/troll che vive nelle fogne di Parigi, ma anche quelle di un padre che va a prendere la figlia ad una festa di amici e di un uomo che torna stanco a casa dal lavoro.

Holy Motors SI

Come si può intuire dalla trama, Holy Motors è un’opera debordante, spregiudicata, un’opera che pretende di parlare di tutto, dal cinema alla condizione dell’uomo nella società contemporanea, dal rapporto tra Arte e fruitore all’attuale situazione socio-economica. Insomma è un film che, usando un eufemismo, non mette certo freni alla propria ambizione. La cosa positiva è che riesce a sopravvivere alle proprie ambizioni e a essere, pur tra mille imperfezioni, un grande film. L’escamotage della limousine/camerino permette infatti al regista di parlare da una parte del cinema d’oggi, descritto come una forma d’arte ripetitiva, senza un vero pubblico e destinata a non raggiungere mai “il Bello Artistico” e dall’altra della folle vita dell’uomo urbano contemporaneo e delle assurde maschere che deve indossare per arrivare vivo in fondo ad una sola giornata.

Un film dunque da vedere, con una potenza visiva sconosciuta che spesso esce agli argini del cinema ed esonda nella video-arte postmoderna (in questo senso, molti gli omaggi all’opera Cremaster di Matthew Barney), un film destinato probabilmente a essere amato o rifiutato, un film destinato a far discutere in eterno. E proprio in virtù di tutto ciò, un film che fa bene alla storia del cinema.

 

Perché no

di Jessica Pompili

Metaforico, onirico, immaginario, artistico, surreale, icastico, in pratica al termine di questo film l’unica cosa che resta di concreto è il biglietto pagato al botteghino. Battute a parte, l’ultimo film di Leos Carax è davvero qualcosa di particolare e la strana storia del misterioso uomo dedito al travestimento ha impiegato poco tempo a dividere critica e pubblico. A partire dalle facili polemiche (la blasfema e provocatoria ricostruzione della pietà di Michelangelo), per approdare a una sfilza di recensioni tutte convinte di svelare il complicato contenuto con la loro personalissima interpretazione del film. E il risultato è, inevitabilmente, un gran guazzabuglio di idee.

Holy Motors NO

E’ un film difficile quello di Leos Carax, difficile da capire e da apprezzare. Tanto per cominciare, perché è volutamente intellettualista, per cui, cinefili della domenica, restate pure a casa. Holy Motors nasce pensato e confezionato al solo scopo di stupire i cultori dell’arte e di compiacere chi di cinema se ne intende. Le citazioni, i rimandi, le sottili allusioni sono tante e non facili da individuare. Ma non è solo questo il problema. Holy Motors è anche un film che non si svela, un film che gode a chiudersi nel suo mistero e nei suoi messaggi criptici.

Ed è a questo punto che fioccano dalla critica le interpretazioni più disparate. Chi ci ha visto la celebre metafora della vita come teatro, chi ha indubbiamente riscontrato un messaggio attento a rappresentare la realtà alienata della nostra epoca, e chi infine ne ha visto un elogio al cinema nelle diverse interpretazioni degli attori. Non manca, poi, chi ha risolto il problema concludendo che di film di questo tipo è inutile cercare il significato. Ebbene, il problema di Holy Motors è forse questo, che è tutto e niente. Bella l’idea alla base del film, ma troppo lunga la prima parte e decisamente ridondante in molti tratti. Interminabili alcune sequenze, e francamente spiazzante il finale. Il risultato è un’esperienza artistica a senso unico, il bello per il bello, il cinema per il cinema.

Holy Motors, Recensione doppia

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