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#FestivalCom – Non è vero ma ci credo. Maurizio Bettini e le parole di Cicerone sugli indovini

“Rassegnatevi che parleremo di latino e Cicerone”. Maurizio Bettini inizia il suo intervento al Festival della comunicazione a Camogli con un excursus sulle opere di Cicerone, sulla vastissima quantità di testi scritti dall’autore latino, ‘quasi più di Umberto Eco’, scherza Bettini; si sofferma in particolare sul trattato De divinatione.

“Cicerone si pone una domanda: si può conoscere il futuro? Hanno dunque ragione tutti quelli che conclamano di poter conoscere il futuro, hanno una qualche prova scientifica?” L’autore risponde chiaramente: no. Ma il discorso non finisce qui.

Come tutte le opere di tipo illuminista, il De divinatione è anche molto divertente da leggere: in un passo fa intervenire il fratello Quinto (che nel libro fa suo malgrado la figura del credulone e del sostenitore degli aruspici – la sua colpa era quella di essere un sostenitore di Cesare) che afferma che prima della battaglia di Leuttra i galli avevano cantato. Ma che prodigio è?, si chiede Cicerone, Se avessero cantato i pesci sarebbe un altro discorso. “Nel testo ci sono una gran varietà di esempi di cosiddetti prodigi o miracoli, per i quali Cicerone cerca sempre una spiegazione scientifica. Al di fuori dell’ambito romano, d’altronde, dal Medioevo in poi, quante madonnine hanno pianto..ma, strano, mai sudato!”.

Il diritto romano prevedeva però la divinatio publica, che aveva potere sul governo, tanto da poter interrompere assemblee. “Cicerone riconosce dunque questa sorta di autorità: riconosce che sono pratiche false, ma riconosce che rientrano nella res publica, nello stato”.

Quando nel mondo antico succedeva una grave catastrofe si consultavano gli oracoli, che per definizione erano enigmatici. “Nemmeno Bartezzaghi riuscirebbe a risolverli al primo colpo” scherza Bettini. “Una volta consultato l’oracolo, è il senato che decide cosa fare, il collegamento tra il potere e il divino è sempre attivo; anche per quanto riguarda la guerra, si è sempre interrogato gli auspici, che nella maggior parte dei casi riguardavo gli animali: si osservava il volo degli uccelli, le loro viscere, o più semplicemente se le galline avessero già beccato o no. Se l’esito era positivo si riceveva l’augurium, che non casualmente ha la stessa radice della parola auctoritas”. Il segno divinatorio antico è dunque un modo per veicolare dei contrasti e cercare di risolverli, a prescindere dalla loro veridicità o meno, dice Cicerone e conclude Bettini.

 

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Flavia Irene Gatti

Quando ero piccola sulla mia scrivania avevo un mappamondo e lo facevo ruotare e ruotare, immaginando luoghi e città da visitare. Dalla mia casa fra i laghi bergamaschi, provo a viaggiare, quando e quanto posso, e soprattutto a scrivere, di viaggi, di posti e di persone. Dopo il liceo classico e una collaborazione presso un giornale della provincia di Bergamo, mi sono stabilita a Milano, dove mi sono iscritta a Lettere all’Università Statale, laureandomi alla triennale nel 2012 e proseguendo gli studi di specialistica in Filologia Moderna, quasi ultimati. A Pequod sono caporedattrice e responsabile della sezione Viaggi.

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