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Discovery: Metropolis di Fritz Lang

«There can be no understanding between the hand and the brain unless the heart acts as mediator».

10 gennaio 1927, all’Ufa-Palast am Zoo di Berlino ha luogo la proiezione di un film  visionario, caposaldo del cinema espressionista e precursore del cinema di fantascienza moderno, destinato ad avere un impatto inesauribile sull’intera storia del cinema a venire.

Capolavoro indiscusso sui generis, Metropolis del regista austriaco Fritz Lang è tornato lo scorso 20 Settembre, per il ciclo Discovery, al Teatro degli Arcimboldi di Milano in una rimusicazione dal vivo ad opera della Filarmonica della Scala guidata dalla bacchetta del direttore Frank Strobel.

 

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Una proiezione che avviene in occasione di un nuovo e inedito restauro a seguito del ritrovamento, nell’agosto del 2008 a Buenos Aires (presso il Museo del Cine), di un negativo 16 mm in formato sonoro. Il lavoro di restauro della pellicola è stato realizzato a opera di Friedrich-Wilhelm-MurnauStiftung, Deutsche Kinemathek con la collaborazione della Cineteca di Bologna, che lo scorso marzo ne ha curato la proiezione in 70 sale italiane.

La stessa componente sonora, firmata da Gottfried Huppertz, ha subito un rimaneggiamento a opera di Frank Strobel, che ha saputo rimodernizzare l’opera mantenendo le sfumature cromatiche e la ricercatezza armonica che caratterizzarono lo stile di Huppertz.

Un universo distopico dalle geometrie surreali, dominato da due mondi antitetici: nelle profondità della terra il mondo claustrofobico della forza lavoro, in superficie la futuristica e viziosa città del potere. Lang elaborò e creò tali realtà sulle stesse immagini della propria esperienza personale, più combattuta nella Repubblica di Weimar, più onirica e immaginaria nello skyline di New York e del Nuovo Mondo.

 

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Contrapposizione, ma anche lotta tra due mondi, che rendono Metropolis un’opera dagli stilemi fantascientifici, impregnata da visioni apocalittiche al limite del profetico, speranze messianiche e spunti per una rigenerazione sociale (o nazionalsocialista se pensiamo all’orientamento politico di Thea von Harbou, autrice del romanzo da cui il film e tratto e, all’epoca, moglie del regista Lang).

Un dualismo tra due realtà contrapposte, eppur inevitabilmente dipendenti l’una dall’altra. Pensatori e Lavoratori, Mente e Braccio. Ma come ci ricorda la compassionevole Maria: «non vi sarà alcuna comprensione tra Mente e Braccio, fintanto che il Cuore non agirà da Mediatore».

 

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