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Musica&LSD: una generazione d’amore

Psichedelia e musica. Il pensiero subito ci riconduce a quegli osannati anni Sessanta che tanto hanno fatto sognare le menti adolescenti della nostra generazione. Mi riferisco, più precisamente, a tutte quelle esperienze musicali caratterizzate da stati di coscienza e di percezione alterati che coinvolgevano egualmente pubblico e musicisti.
Termini triti e ritriti come rock psichedelico, l’Estate dell’amore, la Woodstock Nation ci riportano ad un momento in cui la musica ha fortemente contribuito alla creazione di uno stile di vita, di un determinato modo di pensare e di vivere. Grande slancio dei gruppi anglosassoni, la ripresa economica post-bellica, costumi sessuali più liberi e le passioni sociopolitiche, questi i tratti che definiscono il profilo di questo periodo storico-musicale.

Una coesistenza tra musica, impegno politico e sentimento di ribellione alimentata anche dalle innovazioni dell’industria musicale in fatto di tecnologie e di marketing: gli apparecchi di riproduzione musicale permettono ai fans di seguire i loro idoli e le rock star vengono individualizzate al massimo.
L’altra protagonista di questa storia, LSD, venne introdotta inizialmente come farmaco ad uso antidepressivo e successivamente utilizzata dalla CIA per non chissà quale tipo di esperimento (teorie complottiste, che apprezzo sempre, dicono che fosse stata messa in mano agli hippies nel tentativo di farli “autoscomparire”). In ogni caso ebbe una diffusione allucinante che non risparmiò nessun ceto sociale né tanto meno espressioni artistiche diverse tra loro (basti guardare la grafica di una qualsiasi copertina di un disco rock pubblicato tra il 1965 e il 1975).
Jim Morrison e i Doors, Beatles e Pink Floyd, Jimi Hendrix, Jefferson Airplane, Velvet Underground, Syd Barret, Janis Joplin, Grateful Dead, Iron Butterfly, Bob Dylan, The Allman Brothers Band… tutti proponevano degli spettacoli musicali che portavano all’annullamento delle differenze tra chi produceva la musica e chi la riceveva: musicisti e ascoltatori venivano egualmente trascinati sia dall’LSD sia da quella musica ipnotica, in una stessa condizione che permetteva una connessione, una comunicazione artistica più sensibile e profonda.

Lucidamente parliamo di innovazioni tecnologiche: effetti sonori reiterati fino allo stremo (come il delay e il phasing); registrazioni di voci e rumori inserite nei brani, quasi ad accentuare gli effetti della droga; testi visionari che descrivono sogni o immagini assurde. Giocava un ruolo importante anche la struttura musicale dei brani, cosparsa di assolo infiniti e passaggi esclusivamente strumentali al limite del rumore. Dal vivo poi, wow! Luci di scena, illuminazioni pensate ad hoc, coreografie e costumi non facevano che assecondare meravigliosamente gli stati alterati di tutti.

 

Sentimenti, temi forti e cause sociali; il Vietnam, la sessualità, gli afroamericani. Tutto era più sentito e ampliato. Non dimentichiamo che la caratteristica principale della popular music è il rapporto intrinseco con la società; la società che influenza il genere musicale e viceversa. LSD, temi politici e sociali che influenzano la musica, i musicisti che influenzano il modo di pensare, di vestire, di comportarsi, di parlare, di drogarsi.

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Sara Alberti

Nata sulle colline bergamasche nel 1989, percuoto dall’età di otto anni, quando ho iniziato a studiare batteria e percussioni da orchestra nel Corpo Musicale Pietro Pelliccioli di Ranica (W la banda!). Dopo essermi barcamenata tra le varie arti, la Musica ha avuto la meglio e mi è valsa una laurea in Musicologia. Profondamente affascinata dal vecchio e dall’antico, continuo a danzare e suonare nella Compagnia per la ricerca e le tradizioni popolari “Gli Zanni” e per il mio grande amore balcanico Caravan Orkestar. Su questa nave di pirati sono la responsabile della sezione Nuove Premesse, della cambusa e della rubrica musicale.

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