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Memoria di lavoro visuospaziale: esperimenti d’incrementazione

Sempre più attuale è la discussione attorno al mondo della proibizione delle sostanze stupefacenti. Meno attuale in Italia, dove la morale del proibizionismo porta non solo alla cecità nei confronti di numeri che dovrebbero parlare da soli, ma anche nei confronti di un dibattito che è ignorato, quando non censurato. La stigmatizzazione delle sostanze è ancora solida e dunque la lotta è autonoma: nascono gli esperimenti privati e la raccolta di dati soggettivi.

Siamo a Utopia, un paese lussureggiante in quel bel mezzo della Vecchia Signora, dove un noto “bambino difficile” fu sintetizzato anni or sono dagli alcaloidi della segale cornuta. Qui, dove la tradizione fatica a subire i colpi del proibizionismo, un gruppo lavoratori del mondo dell’arte, come è di tendenza nella Silicon Valley, ha iniziato da giugno una sperimentazione attiva di LSD quotidiana, attraverso il microdosaggio.

Il nostro contatto è un giovane che chiameremo Matt. Giovane ingegnere del suono, ha deviato i suoi studi su Psicologia e Linguistica portando avanti dei progetti di ricerca sulla sintesi digitale elettroacustica all’Università delle Arti, focalizzandosi sull’applicazione della ricerca scientifica a quella artistica. Con persone affini, frequentando workshop su temi come l’esplorazione della coscienza, si è unito all’esperimento di «uno studio soggettivo e collettivo sull’impatto delle microdosi all’interno della vita quotidiana». Una microdose va dai 5 ai 20 microgrammi, mentre le dosi che causano allucinazione audiovisive sono attorno ai 100/150 microgrammi (Hoffmann ne aveva assunti 250, il “Bycicle Day”).

«Restando nel range della microdose, non si percepisce davvero un effetto sul corpo, non si arriva ad avere dei picchi particolarmente alti o dei repentini abbassamenti di pressione e nessun particolare effetto fisico se non un leggero cambio di mood e del livello di energia. Non ci si sente drogati. Ho imparato molto sulla sua influenza positiva all’interno della routine quotidiana. Sembra di avere la testa più pulita, limpida, permette di essere più concentrati. Si ha una maggiore resistenza, soprattutto allo stress».

Nell’ambito della ricerca farmacologica, le sostanze lisergiche sono state comparate soprattutto con i farmaci utilizzati nella cura di patologie psichiche come depressione, disordine da stress post traumatico e ansia. Il “bambino difficile” di Hoffmann non ha finora presentato alcuno degli effetti collaterali indicati nella composizione degli antidepressivi, come la perdita di libido sessuale, dermatite, mal di testa. Esemplare in questo senso, il lavoro che fa la MAPS. Utopia ha una grande tradizione di ricerca, è stato l’unico paese in cui è rimasta attiva fino alla fine degli anni ’80 e, ripartita, nel 2014 è stato pubblicato il primo studio effettuato sui benefici della terapia con LSD in campo psichiatrico.

Per questo motivo, dice Matt, sarebbe bello che anche la ricerca artistica in questo senso fosse inserita all’interno delle Università artistiche. Stanno cercando una “new orientation face”, nuove vie d’espressione e ispirazione e in questo contesto l’LSD arricchisce l’immaginario personale, quella raccolta d’immagini prodotte dal cervello definite in neurologia Visuospatial Sketchpad, «che ha portato anche a scoperte che hanno cambiato la storia: pare che Crick fosse sotto l’effetto di LSD quando ha intuito (e scoperto) la struttura a doppia elica del DNA».

Matt e il suo gruppo dispongono di un prodotto controllato e qualitativamente alto in termini di purezza. Sebbene il processo di sintesi della segale cornuta non sia particolarmente complesso, la parte delicata è la pulizia del prodotto, passaggio che nella produzione non controllata viene ignorato. Al contrario di quanto accade nelle mani di Walter White, la produzione illegale su larga scala non ha alcun interesse nello standard qualitativo dei prodotti chimici di sintesi.

Matt sta terminando il PhD in Auditory Neuroscience, ma sogna di continuare nel territorio della ricerca sull’assunzione controllata di sostanze applicate alla vita quotidiana. Per ora è una raccolta di dati personali, una collezione che non può ancora varcare le soglie della ricerca istituzionale, ci sono troppe barriere: «se la ricerca fosse liberalizzata, si potrebbe procedere con pratiche come il crowdfunding per la raccolta di finanziamenti».

 

 

 

 

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Carla Vulpiani

Classe 1989, sono nata nel bel mezzo della Riviera Adriatica, ma da 8 anni vivo e lavoro a Milano. Sono laureata in Beni Culturali – Storia e critica del cinema presso l’Università degli Studi e poi ho conseguito il Diploma Professionale in cinema documentario (CIN) presso la Civica scuola di Cinema. Dal maggio 2011 sono parte dell’ufficio programma di Milano Film Festival, del quale, dal 2016, sono incaricata anche della Direzione Artistica oltre che del Coordinamento del programma. Nell’aprile del 2012 ho co-fondato, con 55 persone, l’associazione di promozione sociale ceCINEpas, della quale dall’aprile del 2013 sono parte del consiglio direttivo in qualità di Vice Presidente. Sono anche Marketing Manager per la startup FilmFactory, collaboro con riviste e magazine online occupandomi di critica cinematografica e nel frattempo lavoro come consulente di programmazione freelance per diversi eventi a Milano. Fanatica della fruizione cinematografica, rigorosamente in lingua originale, sono contro ogni pratica di doppiaggio e viaggio quasi esclusivamente per film festival così che di ogni città che ho visitato il ricordo più vivido che ho è una sala cinematografica. Soprattutto il cinema d’animazione occupa un ruolo centrale nella mia vita. Ogni tanto capita che mi trovi dietro la videocamera. I can’t stop myself. Peace, love and please LSD.

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