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BeRevolution: raccogliere sogni dall’Italia al Giappone a bordo di una 500

Ho speso lungo pensare nella ricerca di una definizione di ‘Eroe’ che mi soddisfacesse. Per vedersi attribuire questa nomea il filantropo atto di coraggio è condizione prima, ma non risolutiva; reputo che l’appellativo d’eroe debba essere un’etichetta senza scadenza che non si conferisce per un singolo atto lodevole, quanto piuttosto per una costante condotta, uno stile di vita.

Il paladino evolve nell’impresa e, tramutato, riprende il mare per un’idea di luce; lo fa cambiando in positivo le vite degli uomini (di chi lo incontra e di chi ne sente raccontare) avventurandosi altrove, ovunque, smanioso di partecipazione. Così, nel movimento, diviene canale universale di bontà diffusa.

Ecco che nell’impresa itinerante, nel viaggio, si compie l’ideale metamorfosi.

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È circa metà luglio 2015 quando la mia curiosità viene stuzzicata da un logo scorto per caso tra mille finestre aperte su internet: le lettere della parola ‘revolution’ disegnano un’automobilina pronta a partire, sormontata da una valigia griffata “Be”.

BeRevolution, sii la rivoluzione, è il nome del progetto di due cugini di Chieri (TO), Luca e Andrea Bonventre, che in quei giorni montano su una piccola utilitaria Fiat 500 alla volta dell’estremo oriente.

14 stati da attraversare, 27000 km da percorrere, un anno di viaggio.

Tokyo come meta. L’epopea Euro-asiatica.

Vogliono assaggiare culture estranee, scoprire se «la macchinina può arrivare sin dove punta il Cuore di chi la guida» e, soprattutto, che questo loro azzardo risulti utile: l’intento è di raccogliere fondi e dar visibilità alla fondazione Forma Onlus di Torino, al fine di poter acquistare apparecchiatura d’eccellenza e introdurre nuovi progetti terapeutici nel polo pediatrico dell’ospedale infantile Regina Margherita.

In concreto i due avventurieri hanno visitato 13 ospedali, 3 scuole e 3 orfanotrofi, recando ai bambini incontrati l’invito a disegnare i propri sogni su centinaia di fogli che andranno presto a comporre la raccolta “500 sogni in 500”.

E’ un’esperienza di desideri che si intrecciano: quelli di chi ha osato il gesto rivoluzionario con quelli degli uomini di domani.

Nei mesi, l’impresa è stata raccontata tappa per tappa attraverso un diario di viaggio in costante aggiornamento sul sito ufficiale del progetto. L’itinerario si è concluso con il rientro a Chieri i primi di luglio 2016; i propositi invece proseguono nel tempo, grazie alle donazioni attive tramite il sito e l’allestimento della raccolta d’immagini.

Cogliendo l’occasione del rientro dei due, ho contattato Andrea per un’intervista a caldo su alcuni aspetti che hanno solleticato il mio interesse.

Come nasce l’idea del viaggio e quindi del progetto?

L’idea nasce scherzando. Nell’estate del 2014 Luca ha acquistato la 500 da amici in Sardegna. La spedizione dell’auto aveva un costo molto elevato, allora decise di andarla a prendere personalmente. Invita anche me e Riccardo, suo fratello minore. Ci dicevano che eravamo matti, che la macchina è vecchia, insomma tutto il solito bla bla di raccomandazioni cui storicamente siamo stati sempre sordi. Ne nasce un viaggio di una settimana, campeggiando liberamente per le meravigliose spiagge dell’isola. Eravamo felici di aver percorso 1000 km, e ci sembrava già un’impresa. Arrivati a Chieri, dove viviamo, ci siamo detti: «Non ho voglia di andare a casa, andiamo a Bangkok!». Poi Bangkok ci sembrava troppo vicina; il resto è la storia che già conoscete…

Volevamo inoltre che il nostro sogno fosse utile, quindi abbiamo scritto un progetto legato al viaggio: BeRevolution. Essere la propria rivoluzione, lavorare al servizio dei propri sogni. Dimostrare quello che avevamo sperimentato in molti viaggi: il mondo è la casa di tutti. E quali sono i sogni che costruiranno il mondo di domani? L’abbiamo chiesto a chi il futuro brilla negli occhi: i bambini. Ci siamo concentrati soprattutto sugli ospedali pediatrici, dove i sogni devono avere un’eco più forte.

-Come è stata la convivenza continua tra di voi?

Come due fratelli. Si condivideva tutto, si litigava (poco), si era gelosi, felici. Ci completavamo nelle nostre mansioni, insomma una squadra vera.

-Macinare tanti km con quella piccola vettura è già di per sé un’impresa quasi impensabile; come si è comportata?

Stupendamente! Luca quasi non la conosceva una volta partiti ed è arrivato a capirla in ogni minimo dettaglio. E’ sempre stato attento a qualsiasi suono (la 500 si guida a orecchio!) provenisse dalla vettura e ha fatto in modo che non si verificassero mai grossi problemi. Poi, in un’ottica di viaggio overland un’auto meccanica ha parecchi vantaggi dacché costruita da uomini per uomini, non da macchine per macchine. Inoltre, avendo la 500 un motore molto semplice e conosciuto in tutto il mondo, non ci è mai mancato il supporto di meccanici in ogni paese.

-Quali sono stati i momenti salienti del viaggio?

I momenti importanti sono stati tutti. Il tempo vuoto e il tempo pieno si alternavano, ognuno fondamentale. Abbiamo condiviso l’esperienza con numerosi viaggiatori, siamo stati ospitati da contadini, zingari, consoli, ragazzi e signori anziani. Il viaggio vero inizia nell’incontro, si cresce imparando e nello scambio avviene la magia.

-Ci regalate un aneddoto e una sensazione?

Mentre scattavamo una foto (500 + elefante) in India, si avvicina un signore sui sessanta. Ci guarda con occhi sgranati ed esclama: «Ah, ma allora non vi siete estinti!». Era Adriano, viaggia attraverso l’India tutti gli anni dal 79′. L’ha vista senza plastica e ci raccontava di come in quegli anni fosse molto comune arrivare con una 500 o un mezzo simile sino in India. Ci ha portato da un Baba esperto in omeopatia; ci ha illustrato i templi abbandonati dove vivevano gli Hippies (quelli veri). Ci ha aperto le porte di un mondo che fin lì avevamo solo sognato.

-Che evoluzione avete avuto durante l’esperienza?

Enorme! Ogni giorno, ogni tappa era un apprendere qualcosa. Non si può preparare un viaggio del genere, bisogna viverlo e basta. E vivendolo sperimentando siamo stati in grado di sviluppare capacità che non credevamo nemmeno nostre. L’evoluzione è stata tale da vedere ora tutto con occhi diversi, o meglio che vedono più elementi rispetto a prima.

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La carne è triste, ahimè,

e ho letto tutti i libri.

Fuggire! Fuggire laggiù!

Partirò!

[Mallarmè]

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Davide Tacchini

Classe '89, nato in provincia bergamasca, vivo i ¾ dell'anno in un piccolo paesino rurale nella maremma toscana dove mi occupo di orticoltura, giardinaggio e agriturismo. Negli ultimi anni ho viaggiato parecchio nel centro-sud Italia vagabondando e ricercando luoghi non comuni fino a convincermi che paesaggisticamente questo paese natale offre bellezza per una vita intera. Così mi intrufolo in Pequod con l'intento di condividere il bagaglio accumulato e razionalizzare l'esperienza del mio muovere.

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