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Lo strano caso di Radio Ferrara: 70 anni fa la prima vera radio libera in Italia

La storia che oggi vi proponiamo è d’attualità perché consiste nella celebrazione di un anniversario, e come ogni ricorrenza è nel presente per ricordarci quello che è stato e soprattutto insegnarci qualcosa su quello che sarà. 70 anni fa, nel 1946, nasceva infatti Radio Ferrara, la prima radio libera italiana. Raccontare Radio Ferrara è come immergersi in un’altra storia ferrarese, quella de “Il giardino dei Finzi-Contini”, celebre romanzo di Giorgio Bassani. Coloro che lo hanno letto sapranno che in realtà questo giardino non esiste, se non nella fantasia dell’autore, così come questa è la storia di una radio che c’è stata, ma di cui non c’è traccia, quasi un luogo mitico, quasi un giardino fantastico.

Dopo che le truppe alleate riuscirono a liberare Ferrara dall’invasione nazi-fascista nel 1945, la città, come tutta Italia si presentava come un cumulo di macerie e di strumenti bellici abbandonati. E’ questo il panorama che deve essersi trovato davanti il protagonista della nostra storia: Franco Moretti. Pioniere di tutti i radioamatori italiani, Moretti, classe 1920, alla giovane età di 25 anni decise di mettere in pratica una passione profonda e viscerale: quella per la radio. Davanti al desolato panorama di apparecchi e mezzi abbandonati nella campagna ferrarese dalle truppe alleate e nemiche, il giovane vide la possibilità di ricavare utili strumenti per la costruzione di una propria radio. Così come la fenice dalle ceneri, dallo sconcertante panorama post-bellico nascerà una radio, la prima radio libera italiana.

Articolo su Radio Ferrara de “Il resto del Carlino” (maggio 1946).

Piano piano, dal collage di parti diverse prendeva forma una vera e propria stazione radio. A questo punto, passato lo stupore per l’ingegno di quello che sembra lo Steve Jobs italiano, se non altro per l’inventiva e il genio della creazione “in casa”, la domanda sorge spontanea: perché tutto questo? A che pro costruire una stazione radio se non per trasmettere qualcosa? In funzione di quale messaggio costruire un mezzo  di comunicazione?

E’ qui che la storia offre il fianco all’iniziativa individuale e il giovane ferrarese seppe farsi trovare preparato davanti alle circostanze. Alla fine del 1945 iniziarono a Ferrara alcuni processi politici agli esponenti del regime fascista e Moretti ne approfittò per chiedere alle autorità di installare una stazione radio nei locali del tribunale, e permettere così al pubblico di seguire le fasi dei dibattimenti. Era l’occasione per i radioamatori di contribuire alle funzioni di pubblica utilità.

L’autorizzazione a procedere non fu concessa poiché le trasmissioni radio erano monopolio dello Stato che lo esercitava tramite la RAI. Tuttavia, poco prima che iniziasse il primo processo, il prefetto di Ferrara, dott. Hirsh, acconsentì comunque ad installare la trasmittente nella sala vicina a quella delle udienze. Il processo durò tre giorni, ma l’iniziativa del Moretti ebbe un tale successo che fu preparata una seconda trasmittente più potente per seguire anche il processo all’ex-prefetto di Ferrara Altini nell’Aprile del 1946.

Nacque così una vera e propria stazione radio denominata Radio Ferrara. Il servizio del tribunale provvide addirittura a fare un foro nella parete dell’aula per permettere al conduttore di osservare l’interno durante la trasmissione. Durante il processo, ai microfoni della radio si alternarono vari giornalisti e il cappellano militare dell’VIII armata inglese Don Bedeschi, che parlò delle vicende legate al conflitto.

La stazione radio al tribunale durante il processo Altini (1946).
La stazione radio al tribunale durante il processo Altini (1946).

Il problema è che erano stati fatti i conti senza l’oste: lo Stato. La radio infatti, anche se autorizzata dal prefetto, stava compiendo un’iniziativa illegale, poiché la possibilità di trasmissione radiofonica era riservata alla RAI. Se durante il processo Moretti poté contare su due carabinieri che erano stati messi a protezione della radio, quando questo si si concluse il 15 aprile 1945, polizia, carabinieri, finanza e RAI si presentarono alla sede convinti di trovarvi una stazione radio funzionante per poterne decretare il sequestro. Tuttavia, tutto ciò che restava della suddetta era stato smontato nella notte e riposto in una scatola. Moretti se la cavò quindi con la semplice firma di un verbale.

Si concluse così una delle più controverse vicende nella storia della comunicazione radiofonica. Una realtà che è esistita, ma della quale non è rimasto traccia, una radio libera, ma in parte permessa dalle autorità, un apparato di pubblica utilità, ma “fuorilegge”. Quella di radio Ferrara ha assunto i toni di una realtà surreale, di un puzzle a metà fra reale e onirico, come il giardino dei Finzi-Contini.

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La stazione radio di Radio Ferrara conservata nell’abitazione di Moretti (maggio 2001).

Radio Ferrara, nata clandestinamente grazie all’assemblaggio di rottami e pezzi auto-fabbricati, non sembra troppo lontana dalle esperienze di web radio che dilagano a partire dai garage. Non esiste ancora una stima ufficiale che quantifichi le radio italiane online, ma si può dire che ne esistano senza dubbio più di mille. Una realtà eterogenea, dove convivono esperimenti amatoriali e dilettantistici con altri più professionali, come ad esempio Venice Radio, che è nella top 50 delle web radio mondiali, o Golden Radio Italia, vero e proprio canale di musica italiana anni ‘80. Non dobbiamo vedere nella web radio una moda giovanile, in quanto il suo futuro è legato alla qualità della connettività a Internet in movimento che è in continua crescita. C’è ancora moltissimo da lavorare su questo, ma la strada è tracciata. Il punto quindi è un altro: i canali di comunicazione odierni sono numerosi, ma è necessario riflettere sul modo in cui si usano. In che maniera si ha il coraggio di fare “obiezione civile” rimanendo nell’utilità pubblica come fece Radio Ferrara? In che modo si osa ancora fare qualcosa di clandestino, di fuorilegge, ma che sia in grado di cambiare la realtà nella quale siamo immersi? Ma soprattutto, come distinguersi dalla concorrenza nel vasto panorama odierno e farlo con coraggio e con obiettivi eticamente rilevanti? E’ possibile essere pirati nell’oceano della comunicazione radiofonica?

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Andrea Turchi

Mi chiamo Andrea Turchi ed ho 25 anni. Provengo da Firenze, dove mi sono laureato in Lettere Moderne ed attualmente studio Editoria presso l’Università Statale di Milano. Pequod per me è non solo un’occasione di crescita ma qualcosa di più: Pequod è una lente per osservare il mondo, un mezzo per suggerirvi una prospettiva diversa, una famiglia della quale faccio parte da più di 1 anno. Mi occupo soprattutto di attualità e cultura e spero che apprezzerete i miei articoli.

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