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Come è cambiato l’online dating negli anni: non solo Tinder

Le relazioni umane si sono evolute molto nel corso degli anni. Ai tempi dei nostri nonni ci si incontrava dal panettiere, in balera, in chiesa, ci si piaceva, si usciva per un po’ e si passava una vita insieme. C’erano sicuramente più pressioni sociali, ma certamente conoscere qualcuno che ti piaceva era molto semplice. Poi è arrivato internet, che avrebbe cambiato il mondo degli appuntamenti in modi che neanche Ray Bradbury avrebbe potuto prevedere.

Inizialmente, nei primi anni 2000, c’erano le chat, grazie alle quali si poteva parlare con chiunque fosse connesso nella propria “stanza”. Hanno poi iniziato a nascere molti dating site diversi, che però erano visti con grande diffidenza: era molto comune a quei tempi imbattersi in uomini adulti in cerca di ragazze giovani da adescare e convincere a fare sesso con loro. All’inizio degli anni Duemila era molto diffusa l’idea che su internet si incontrassero solo pedofili, uomini sposati in cerca di un tradimento fugace e ragazze che si prostituivano.

Io ho iniziato a bazzicare le chat molto giovane e, come tante adolescenti, ho dovuto schivare complimenti e richieste insistenti da parte di uomini più vecchi, nonostante il mio nickname fosse ispirato ad una canzone dei Muse e io fossi lì solo per parlare di musica e  scambiare canzoni.

Secondo il libro Modern Romance di Aziz Ansari, il 35% degli Americani in una relazione tra il 2008 e il 2012 ha dichiarato di avere conosciuto il proprio partner su internet. Nel 2008, quando avevo 21 anni, mi sono iscritta a Match.com, il più famoso sito di appuntamenti all’epoca. Avevo visto alcune pubblicità ed ero molto curiosa di vedere che genere di persone potessero frequentare il sito. Ho messo due foto del viso, scritto che facevo l’università, spento il computer e, quando l’ho riacceso il giorno dopo, ho trovato una cinquantina di email. Erano tutte di uomini dai dieci ai venti anni più vecchi di me che volevano incontrarmi. Dopo una settimana mi sono cancellata, perché venivo bombardata di email ogni cinque minuti, alcune di uomini molto insistenti. La mia esperienza con il sito è stata decisamente negativa. Pensavo di trovare qualcuno con cui fare due chiacchiere e magari uscire a bere un caffè, e ho trovato invece messaggi espliciti. Anni dopo, interessandomi di più al fenomeno, avrei capito che una ragazza giovane su un sito di appuntamenti attirerà sempre un’attenzione spropositata e che per molte persone una ragazza su un sito di appuntamenti non è meritevole di alcun tipo di rispetto o approcci misurati.

Per anni, i dating site sono stati così: i ragazzi dovevano pagare un abbonamento mensile, mentre le ragazze si potevano iscrivere gratis, con la conseguenza che venivano subissate di molti messaggi al giorno da uomini che speravano di sfruttare al meglio il loro abbonamento. Non c’era modo di impedire che determinate persone vedessero il tuo profilo, e ci si sentiva come delle prede con poca possibilità di scegliere con chi parlare.

“Find me on Tinder”, Roma, 2016 (foto di Denis Bocquet/CC BY 2.0)

Nel 2012 nasce Tinder e il mondo delle relazioni online cambia in modo sorprendente. Tinder, fondata da sei amici, tra i quali c’è solo una donna, nasce da un’idea molto semplice: semplificare il dating online e collegarlo a Facebook. Sean Rad, uno dei fondatori, ha dichiarato che il sito andava a colmare un vuoto finora presente nelle altre piattaforme: la possibilità di interagire con persone che già conosciamo, non solo con sconosciuti, e nel nostro raggio d’azione. Non è infatti possibile iscriversi a Tinder senza un account Facebook, rendendo molto probabile incontrare qualcuno che fa già parte della propria vita mentre si fa swipe tra le varie persone che compaiono. Tinder, infatti, propone sia persone che sono propri amici su Facebook, sia amici in comune con una determinata persona, rendendo molto frequenti le conversazioni al bar come: “Ti ricordi Marco, il nostro compagno delle medie? L’ho visto su Tinder ieri, aveva un cagnolino molto carino nelle foto”. Essendo basato sulla geolocalizzazione, inoltre, ovunque si vada l’app mostrerà solo i profili di persone ad una vicinanza chilometrica scelta dall’utente.

Un’altra novità di Tinder è il fatto che le ragazze devono fare almeno una piccola mossa: sono loro a decidere che profili interessano e a quale ragazzi mettere like. Un uomo non ha modo di contattare una donna a meno che entrambi non abbiano apprezzato le foto e il profilo l’uno dell’altro. O almeno, sarebbe bello se fosse così. A diverse ragazze, me compresa, è capitato di essere rintracciate su Facebook o Instagram da ragazzi per i quali non avevano espresso alcuna preferenza. Generalmente, però, limitando il più possibile le informazioni personali questo non succede.

Conosco moltissime persone che vivono fuori dall’Italia che usano Tinder e sentire la frase “Questo sabato ho un appuntamento con un Tinder” sia da amici che da amiche è diventato molto comune. Ci sono persone che hanno un appuntamento a settimana da anni, altre che si sono conosciute così e poi si sono sposate. Lo stigma verso gli appuntamenti nati online è progressivamente calato in tutto il mondo occidentale. Ma in Italia? Qui è un pochino diverso rispetto ad altri paesi europei o all’America, perché abbiamo ancora una mentalità un po’ arretrata e diffidente nei confronti della tecnologia e delle “persone cattive” che si nascondono dietro gli schermi. Tinder, tuttavia, almeno nelle grandi città ha un successo discreto, anche se, come ci informa questo articolo di maggio di quest’anno, risulta essere il social network più abbandonato d’Italia: 3 persone su 10 si cancellano dopo averlo scaricato.

Whitney Wolfe, fondatrice e amministratore delegato di Bumble (foto di Noam Galai/Getty Images for TechCrunch/CC BY 2.0)

Ma è un’altra l’app che ha un successo straordinario in America e in Inghilterra ed è praticamente sconosciuta in Italia, ed è questo che attesta veramente la difficoltà italiana ad uscire dagli schemi tradizionali del dating. Si chiama Bumble e, sorpresa sorpresa, è stata creata da Whitely Wolfe, una delle fondatrici di Tinder. Dopo avere litigato con gli altri per il marcato sessimo presente nell’ufficio di Tinder, ha voluto creare un’app in cui le donne fossero veramente protagoniste. Bumble si basa sullo stesso concetto di Tinder: scorri le foto e scegli a chi mettere like consultando i profili con il tuo smartphone. Ma se c’è una compatibilità con una persona che le piace, la donna deve necessariamente scrivere per prima. Whitney Wolfe vuole spingere le ragazze a fare la prima mossa, rassicurandole che la novità del dating è anche questa: non essere più prede. Nonostante venti milioni di persone usino Bumble già in tutto il mondo e l’app sia scaricabile anche in Italia, nel nostro Paese non la usa nessuno. Non siamo forse ancora pronti per un’app in cui le donne hanno più potere?

 

In copertina:  foto di Mayberry Health and Home (CC BY 2.0).

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Chiara Rizzi

Nata e cresciuta a Bergamo, ha vissuto molti anni a Praga. Lettrice accanita sin da bambina, si vanta di possedere tutte le prime edizioni di Harry Potter. Laureata in lingue e letterature straniere, da studentessa ha tradotto i sottotitoli di svariate serie tv angloamericane. Subisce il fascino delle rovine sovietiche e delle nuove tecnologie.

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