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Parker Solar Probe: un viaggio verso il Sole

Sicuramente, il 2018 sarà un anno importante per la scienza. Già il 2017 ha anticipato ciò che ci si attende dai periodi a venire: si pensi, ad esempio, al premio Nobel per la fisica assegnato ad ottobre per l’osservazione delle onde gravitazionali condotta dal rilevatore LIGO. Sono state così poste le basi per la nascita di una nuova astronomia, che si fonda sulla misura delle onde gravitazionali invece che su quella dei fotoni, permettendo la “visione” di oggetti estremi come buchi neri e altri corpi massicci.

Per quanto riguarda l’osservazione spaziale nel 2018, invece, tra le tante missioni in programma, una menzione particolare va fatta per la Parker Solar Probe della Nasa.

Nata come Solar Probe Mission, l’attuale nome è stato assegnato nel maggio del 2017 in onore del fisico Eugene Parker, che nel 1958 pubblicò un articolo sull’Astrophysical Journal chiamato “Dynamics of the interplanetary gas and magnetic fields”. Parker, grazie ad osservazioni fatte precedentemente da Ludwig Briemann sulla coda delle comete e da Sydney Chapman sullo strato più esterno della superficie solare – la corona – scoprì che quest’ultima espelle del plasma ad alta velocità. Questo fenomeno oggi viene comunemente chiamato vento solare. E’ proprio questo uno degli eventi della meteorologia spaziale che la Parker Solar Probe andrà a monitorare. L’obiettivo della missione è infatti quello di raccogliere un insieme di misurazioni e immagini volte a migliorare la comprensione attuale della corona e dell’origine del vento solare. In particolare si cercherà di capire come calore ed energia si diffondano attraverso la corona e quale è la causa dell’accelerazione del vento solare, cosa che la teoria elaborata da Parker non abbraccia.

Ricostruzione grafica della sonda Solar Probe Plus che si avvicina al Sole (Fonte: Nasa).

La data di lancio è prevista tra il 31 luglio e il 9 agosto 2018, dal Kennedy Space Centre in Florida e il carico sarà trasportato dal lanciatore Delta IV-Heavy. Lo scopo della missione è avvicinarsi, sfruttando la gravità di Venere, come mai prima d’ora al Sole: circa 6 milioni di chilometri dalla sua superficie, una distanza sette volte inferiore a quella di qualsiasi altra sonda spaziale.

È facile immaginare quanto le condizioni in prossimità del Sole siano estreme. Come annunciato dalla Nasa, la sonda arriverà talmente vicino da osservare la velocità del vento solare cambiare da subsonica a supersonica e attraverserà la regione in cui si liberano particelle ad alta energia che viaggiano verso la Terra. Lo schermo protettivo della sonda è in materiale composito in matrice grafitica rinforzato da fibre di carbonio (detto RCC o Reinforced carbon-carbon), che le permetterà, nel punto di massima vicinanza con il Sole, di resistere a temperature di circa 1377 °C. La strumentazione sarà quindi concentrata nella parte centrale protetta dallo scudo, per massimizzare la copertura dalle radiazioni dirette provenienti dal Sole.

L’importanza di questa missione risiede nel significato, anche e soprattutto quotidiano, che il Sole riveste per la vita sulla Terra. Data la sua vicinanza, studiare il Sole è più facile rispetto ad altre stelle lontane anni-luce, per cui, più lo si conosce, più si impara riguardo le stelle disperse in tutto l’universo. Inoltre, come è facile intuire, il Sole è fonte di luce e calore per la Terra, quindi studiarlo vuol dire conoscere come la vita sul nostro pianeta si sia sviluppata.

Immagine dei flussi di vento solare nello spazio e della sonda Solar Wind della Nasa (NASA Goddard Space Flight Center/Flickr/CC BY 2.0)

Infine, perché studiare il vento solare? Esso è un flusso di particelle cariche generato dall’espansione della corona che entra in contatto con il campo magnetico terrestre. Variazioni e disturbi nella pressione dinamica del vento solare possono quindi perturbare la magnetosfera creando effetti altamente dannosi come il danneggiamento e l’accorciamento dell’aspettativa di vita dei satelliti o l’interferenza con i sistemi di bordo. Quindi, fa sapere ancora la Nasa, conoscere le cause che provocano tali effetti servirà per proteggere i satelliti da cui dipendiamo.

Insomma, nonostante gli incredibili successi già raggiunti, l’era spaziale, per dirla con le parole di Ernst Stuhlinger, è solo all’inizio, e ciò che il suo futuro riserva può essere contemplato con sempre rinnovata fiducia.

In copertina: un lungo filamento di materia solare che galleggiava nella corona solare erutta nello spazio, 31 agosto 2012 (NASA Goddard Space Flight Center/Flickr/CC BY 2.0)

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