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Il diritto di provocare

Andrea Giuliano, artista e fotografo, si definisce attivista per i diritti umani e, in particolare, per i diritti di una minoranza LGBTQI oppressa, antifascista, femminista, estremamente critica nei confronti delle oppressioni politiche, culturali e religiose. La sua vita ha avuto una svolta in Ungheria, nel 2014: ora, rappresentato da TASZ (Unione Ungherese per le Libertà Civili), vuole mostrare al mondo un documentario su ciò che gli è accaduto. The right to Provoke è stato presentato a Bergamo il 13 maggio e Pequod ha voluto approfondire la storia di Andrea.

Andrea Giuliano vestito da prete al Budapest Pride nel 2014.

Cosa è accaduto in Ungheria?

Ero stanco di trovarmi di fronte a due forze che spesso in Ungheria vanno a braccetto: la destra estrema e la chiesa, sia cattolica che protestante, così come alcune frange della comunità ebraica. Nel 2007 gruppi di neo-nazisti hanno attaccato il Budapest Pride con atti di violenza e vandalismo, provocando paura e diversi feriti: da allora la situazione non si è più calmata e il Pride è stato delimitato da cordoni di polizia, con un ingresso e un’uscita, quasi come se fosse una gabbia. Era perciò necessario alzare la voce. Stanco della continua oppressione, di aver paura e di sentirmi a disagio, al Budapest Pride del 2014 mi sono vestito da prete e ho parodiato il logo di un’associazione neofascista: ho trasformato “Nemzeti Érzelmű Motorosok” (Motociclisti dal Sentimento Nazionale) in “Nemzeti Érzelmű Faszszopók” (Succhiacazzi dal Sentimento Nazionale). “Faszszopó” – “succhiacazzi”, è uno dei tipici epiteti che i fascisti usano per riferirsi alla nostra comunità. Nei giorni seguenti ho iniziato a ricevere minacce di morte da parte loro: mi pedinavano, erano a conoscenza di tutti i miei dati personali, del luogo dove vivevo e di quello dove lavoravo, e hanno addirittura messo una taglia sulla mia testa. Dovevo nascondermi e avevo paura.

Ho denunciato i fatti alla polizia ma le cose sono peggiorate: ho iniziato a ricevere visite e telefonate continue da parte di finti (o veri?) poliziotti. In questura hanno registrato il mio caso come non grave, insultandomi palesemente. Nell’inverno 2015 ho scoperto di essere sotto processo, perché il presidente di “Nemzeti Érzelmű Motorosok” mi aveva denunciato per danni all’associazione. Dopo un paio di settimane mi hanno licenziato dal lavoro con delle scuse infondate: mi sono trovato sotto processo e senza lavoro, ho traslocato cinque volte in un anno, ho subito un attacco e ne ho scampati molti altri. Quando la notizia della mia storia si è diffusa in Italia, ho iniziato a ricevere minacce anche da gruppi fascisti italiani.

Foto dal progetto fotografico Deconstructing the Male di Andrea Giuliano (© Andrea Giuliano).

A inizio 2016 mi sono visto rifiutare tutti i ricorsi fatti in Ungheria, perché, secondo la Procura, la polizia aveva indagato, anche se in realtà non è stato così, e non aveva trovato i colpevoli dei crimini nei miei confronti. Il processo contro di me invece è stato archiviato, perché in aula non è stato possibile quantificare il danno che mi avevano accusato di aver fatto.

Vista la connivenza delle forze dell’ordine e della politica ungherese con le persone che mi volevano morto, ho lasciato il Paese e denunciato lo Stato ungherese alla Corte Europea dei diritti umani nel 2016. Ad oggi, non ho ancora ricevuto nessuna risposta. Per questo ho deciso di creare un documentario sulla mia storia: non è possibile che la polizia rifiuti un caso evidente e conclamato di violenza, abuso, tentato pestaggio e omicidio, in un Paese dove esiste anche una legge antiomofobia.

Il fatto che esista una legge antiomofobia è un grande differenza con l’Italia. Secondo te una legge simile cambierebbe le cose qui?

In Ungheria esiste una legge anti-omofobia, bifobia e transfobia e non viene applicata, in Italia non esiste proprio. Se venisse emanata ci vorrebbe un sacco di tempo per metterla in atto, come è stato ad esempio per la legge sulle unioni civili, dalla quale in realtà poche persone possono trarre beneficio. La legge è stata osteggiata da diversi partiti e comuni, e lo è tuttora, ma sempre meno frequentemente: credo perciò che l’esistenza di una legge anti-omofobia, bifobia e transfobia aiuterebbe la questione. In ogni caso la lotta è appena cominciata, i diritti sono ancora pochissimi e per ottenerli è necessario un lavoro di accettazione del prossimo, rispetto e non violenza.

Foto dal progetto fotografico Deconstructing the Male di Andrea Giuliano (© Andrea Giuliano).

Il Pride di Bergamo: come lo sostieni?

Considerando che Bergamo è una città piuttosto conservatrice, è importantissimo lanciare il messaggio secondo il quale essere diversi non vuol dire essere cattivi, e soprattutto il concetto di richiedere i propri diritti civili non deve confondersi con quello di privilegio. Per questo la mia missione come attivista non è solo il raggiungimento di una legislazione esistente, monitorata e applicata, ma anche trasmettere l’insegnamento della distinzione tra gusto personale e crimine, tra opinione e legge.

Abbiamo letto che hai ricevuto delle critiche per le tue azioni. Quali e come rispondi?

È stato criticato il mio voler bullizzare il bullo, ma ho dimostrato cosa succede quando qualcuno fa qualcosa di non proibito in uno stato che è praticamente fascista: le autorità difendono la parte che è più vicina a loro, la legge non è uguale per tutti.

Per quanto riguarda le critiche legate al simbolo religioso, ho parodiato con rabbia perché la chiesa cattolica è uno dei principali catalizzatori di omobitransfobia. Volevo fare un dito medio a chi crede che siamo malati o che andremo a morire all’inferno, perché non credo che il loro sia un atteggiamento sano dal punto di vista politico, sociale e mentale e non è giusto restare in silenzio di fronte a questi oltraggi. Non volevo mettermi in mostra, ma lanciare un messaggio, purtroppo però non ho ricevuto il supporto mediatico necessario per fare pressione sulla Comunità Europea, sull’Ungheria e sull’Italia. Ho il diritto di ricevere un processo: non per vincerlo, anche se ho tutte le prove necessarie, ma per dimostrare che tutto questo sta accadendo nel ventunesimo secolo, all’interno dell’Unione Europea, nonostante l’esistenza di una legge anti-omofobia. Perché il diritto di parodia esiste, ma il crimine va punito.

Foto dal progetto fotografico Deconstructing the Male di Andrea Giuliano (© Andrea Giuliano).

Quali sono i tuoi progetti ora?

Sto lavorando a un progetto fotografico che si intitola Deconstructing the Male, e tratta della decostruzione di quello che è un ideale tossico e malato della mascolinità. Cerco di sfatare il luogo comune del maschio forte, dai tratti e dall’aspetto mascolini, associato ai concetti di forza, potenza e arroganza, enfatizzando tutto ciò che nella figura maschile rimanda a delicatezza, sentimento, tatto, eleganza, e ponendo anche l’idea sessuale sotto una luce diversa. Tutto ciò è fatto con ironia e a volte in maniera più introspettiva, cupa e cruda. È un’arte che vuole divertire, informare ed esorcizzare tutto ciò che riguarda l’oppressione e la paura per la diversità.

 

In copertina: foto del Budapest Pride 2017 (Christo / CC BY-SA 4.0).

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