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Aida, come sei bella

“…Vi dissi però che sono occupato. Indovinate!…A fare un’opera pel Cairo!!! Auf. Io non andrò a metterla in scena perché temerei di restarvi mummificato”.

(16 luglio 1870. A Sant’Agata, mentre sta lavorando con Ghislanzoni, Verdi scrive all’amico bussetano Giuseppe Piroli)

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Oggi vi parlo dell’Aida di Giuseppe Verdi (in scena al Teatro alla Scala di Milano, dal 15 febbraio al 15 marzo, diretta da Zubin Mehta per la regia di Peter Stein). È un’opera in quattro atti, con la musica di Giuseppe Verdi e il libretto di Antonio Ghislanzoni. Andò in scena per la prima volta il 24 dicembre 1871 al Cairo, in una cornice molto fastosa e mondana alla presenza di molti principi e regnanti. Verdi non ci andò: era già alle prese con la prima italiana destinata invece alla Scala (1872). Non per questo il compositore si disinteressò alla messa n scena dell’opera, anche se lo fece con un certo distacco.

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Camille Du Locle, funzionario dell’Operà, era sempre alla ricerca di nuovi soggetti da proporre al più illustre dei suoi amici, e in questo caso pescò una vera bomba: per l’apertura dei canale di Suez, prevista per la fine del 1869, il khedive d’Egitto Ismail Pascià aveva deciso di dare al Cairo anche un nuovo teatro d’opera, per la cui inaugurazione era necessaria un’opera nuova. Si trattava quindi di trovare un soggetto accattivante, ed è qui che entrò in azione l’amico Auguste-Ferdinand Mariette, egittologo francese. Non si sa bene se fu la sua fantasia, o decifrando un papiro antico, o ascoltando il racconto di qualche vecchio egiziano; fatto sta che l’archeologo aveva pronta una misteriosa vicenda d’amore e di guerra giocata fra la figlia di un faraone, un prode guerriero egizio e una seducente schiava.

Aida, la figlia del re di Etiopia, vive come schiava a Menfi perché gli egizi l’hanno catturata durante una spedizione militare contro l’Etiopia e ignorano la sua vera identità. Suo padre, re Amonasro organizza un’incursione in Egitto per liberarla dalla prigionia. Fin dalla sua cattura, Aida si è innamorata del giovane guerriero Radamès, che è a sua volta innamorato di lei. La pericolosa rivale di Aida è la figlia del Re d’Egitto, Amneris. Indovinate chi sceglie Iside come comandante dell’esercito che combatterà contro Amonasro, il padre di Aida? Il suo amore Radamès, ovviamente. Intanto la principessa cattivona minaccia Aida che ha il cuore diviso tra amore per suo padre, la sua patria e il suo amante. Il padre di Aida viene fatto prigioniero ma nasconde la sua vera identità, incontra Aida e le svela che gli etiopi stanno nuovamente armandosi e le impone di chiedere a Radamès quale sarà la via che percorrerà l’esercito egiziano. Patatrac! Tutti vengono scoperti, gli etiopi, gli amanti. Alla fine muoiono sepolti vivi. Una tragedia strappalacrime.

L’occasione celebrativa che aveva dato il via all’opera doveva essere rispettata: quello che Verdi chiamava il bataclan (fasto, grandiosità, ricchi movimenti coreografici), doveva fare la sua figura. Ma Verdi sapeva molto bene che, per quanto si soffi nelle trombe, le sfilate e tutto quell’ambaradan sarebbero risultati un po’ amorfi, se non ci si metteva dentro una storia appassionante di uomini e di donne che si amano, si odiano, si combattono, si ammazzano. Il fascino di Aida sta proprio qui: i fasti e i clamori del trionfo non sono ancora del tutto spenti, mentre noi siamo già spettatori di un intimo dramma d’amore che ci coinvolge nelle incomprensioni tormentate di tre anime che appartengono a tre mondi diversi.

Ma non solo! Così come sulla scena il primissimo piano dell’amore si alterna (quasi a confondersi) con il campo lungo del cerimoniale, così nella partitura il discorso continuativo del dramma musicale lascia spazio ed esalta quegli “appuntamenti” tradizionali del melodramma, come le romanze e i duetti.

https://www.youtube.com/watch?v=8ymt0eI0wR8

Aida, featured, Verdi


Sara Alberti

Nata sulle colline bergamasche nel 1989, percuoto dall’età di otto anni, quando ho iniziato a studiare batteria e percussioni da orchestra nel Corpo Musicale Pietro Pelliccioli di Ranica (W la banda!). Dopo essermi barcamenata tra le varie arti, la Musica ha avuto la meglio e mi è valsa una laurea in Musicologia. Profondamente affascinata dal vecchio e dall’antico, continuo a danzare e suonare nella Compagnia per la ricerca e le tradizioni popolari “Gli Zanni” e per il mio grande amore balcanico Caravan Orkestar. Su questa nave di pirati sono la responsabile della sezione Nuove Premesse, della cambusa e della rubrica musicale.

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