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“Ai Pioppi”, il Luna Park ad elettricità zero

A Nervesa della Battaglia, in provincia di Treviso, si nasconde un piccolo gioiello artigianale di nome “Ai Pioppi”, un’osteria dedita alla cucina veneta che propone un digestivo del tutto inusuale: il parco divertimenti ad elettricità zero!

Bruno Ferrin è la mente del parco e dell’osteria, sebbene affermi con affetto che «quando si inizia un’attività con la famiglia, ci si sente più motivati e supportati nelle proprie scelte». Pequod incontra Bruno durante la prima domenica di apertura, 26 marzo, sotto un pallido ma temerario primo sole di primavera: «L’idea è nata un po’ per caso. Quando ero un venditore di lieviti per fare il pane, avevo praticamente tutta la giornata libera perché finivo verso mezzogiorno. Un bel giorno ho pensato di aprire una frasca (“osteria di campagna” in dialetto veneto, n.d.r.) con mia moglie Marisa, proponendo salsicce e vino… Nel 1969 abbiamo capito che l’attività poteva fiorire ulteriormente e così abbiamo comprato il pioppeto circostante, in cui ho poggiato la prima altalena».

E proprio un’altalena diede il via al tutto: «Un giorno andai dal fabbro di paese per aggiustarne i ganci, ma mi sentii rispondere di non aver tempo per simili sciocchezze. Iniziai così ad arrangiarmi con la saldatrice» e a costruire a mano i primi giochi. Sebbene all’inizio si sentisse un po’ impacciato, Bruno è riuscito nel tempo a perfezionare la sua arte, aumentando negli anni il numero di attrazioni, sino alle 50 di oggi, tra altalene, pendoli, scivoli, catapulte, trampolini, ruote e montagne russe… il tutto rigorosamente azionato dai muscoli dell’uomo: le giostre non utilizzano infatti l’energia elettrica!

 

Ogni singola giostra nasce dall’accorto sguardo del suo costruttore. «Della natura ne osservo i movimenti e quando ne scorgo qualcuno più singolare, cerco di riprodurlo nelle mie attrazioni. Ad esempio, vedo un sasso che rotola o una foglia che cade, e da qui prendo spunto». In più, i visitatori fanno la loro parte: negli anni Bruno ha potuto perfezionare le proprie attrazioni attraverso i riscontri dei partecipanti: «Man mano perfezionavo le giostre seguendo i desideri della gente», continua il proprietario, sottolineando altresì l’importanza della partecipazione nel parco divertivertimenti “Ai Pioppi”. «Esistono tantissimi parchi divertimento», spiega Bruno, «in cui le persone si spostano da un seggiolino all’altro, facendosi trasportare da attrazioni a motore. Qui “Ai Pioppi”, devi muoverti un poco per divertirti e azionare le giostre! Io e la mia famiglia vogliamo difatti proporre un tipo di parco partecipato, dove ognuno si possa sentire attivo nello svago».

Il parco non è visitato solamente da curiosi italiani: “Ai Pioppi” ha fama internazionale, grazie anche ai loro profili Social. Annualmente si contano dai 30 ai 50 mila visitatori, di cui alcuni provenienti da Australia, America, Brasile… e Cina! Bruno ci racconta ridacchiando di quando un uomo proveniente da Shanghai gli chiese suggerimenti per aprire un parco simile nel suo Paese, chiedendogli consulenza e invitandolo a un futuribile incontro coi finanziatori.

Per scendere dallo scivolo, i tappetini sono altamente raccomandati!

Prima della loro inaugurazione, tutte le attrazioni vengono naturalmente testate e garantite da un ingegnere che ne studia i progetti. Negli anni non è mai successo nulla di grave, ci spiega sempre Bruno, sebbene qualche livido bisogna metterlo in conto, essendo tutte le attrazioni in metallo. Tuttavia, le giostre sono munite di protezioni e misure di sicurezza, mentre il procedere dei giochi è monitorato da attenti vigilanti.

Quanto costa l’ingresso al Parco? Tutto gratuito, a patto che cibo e bevande vengano consumati in osteria. Aperto il sabato e la domenica, “Ai Pioppi” è un’iniziativa della famiglia Ferrin e ancora familiare è la sua conduzione: alla prima cassa dell’Osteria, troviamo difatti il nipote Francesco che a soli 25 anni amministra a tempo pieno l’attività come manager, come ama definirlo nonno Bruno.

 

Bruno e Francesco all’ingresso dell’osteria

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Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.

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