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Frammenti di percezioni

È estate e come ogni sera cinque amici si ritrovano nella piazza del loro paese. Fa caldo, le scuole sono chiuse e le giornate afose passano lente, tra una partita di beach volley e la birretta al pub. Sono giovani tra i 16 e 18 anni, l’età in cui si è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo.
Persi fra le chiacchiere incontrano Ale, un vecchio amico più grande di loro, con tanti racconti di rave e feste.
Alle storie di Ale, i cinque rimangono estasiati: senza che se lo aspettino, l’amico offre loro tre quadratini di cartone, totalmente bianchi, avvolti in un sottile strato di cellophane, imbevuti di acido.
I ragazzi rimangono interdetti, la voglia di provare è tanta ma la paura degli effetti li fa tremare: Ale li rassicura, dice che se fossero rimasti in gruppo sarebbe andato tutto bene.
Restano soli, sovraeccitati, e decidono di provare: tagliano a metà i cartoncini, li mettono sotto la lingua e li ingoiano. Continuano a chiacchierare come se nulla fosse, senza accorgersi che l’acido sta entrando in circolo e che il loro comportamento sta cambiando: ridono sguaiatamente senza motivo, si spostano lentamente per il paese e iniziano a vedere cose che non corrispondono alla realtà. Le luci attorno a loro disegnano ovunque strisce di colore fluorescenti, riflettendosi sui muri delle case in texture di linee deformi sempre in movimento. Il loro stesso aspetto, agli occhi dilatati di ognuno, cambia surrealmente.
Sono le due di notte, sono passate circa quattro ore dall’assunzione e  l’acido inizia a scendere: lentamente riassumono il controllo della situazione, ma si è fatto tardi e devono tornare a casa.
Si incontrano l’indomani, stanno tutti bene, forse ancora un po’ stravolti dalla nottata. I ricordi sono astratti, le percezioni deviate, luoghi e tempi appiattiti: questa è la storia di un acido, che si impressiona sulla pellicola fotografica materializzandosi in fotogrammi surreali.

«Se le porte della percezione fossero aperte vedremmo ogni cosa come realmente è: infinita». 

    William Blake

 

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Serena Zeppilli

Nata e cresciuta fino all’età di 23 anni tra le colline marchigiane e il mare, decido, da un giorno all’altro di lasciare tutto e armata di computer e valigia mi trasferisco a Milano. Innamorata della pittura e di ogni opera d’ingegno, dopo il Liceo Artistico mi laureo in Comunicazione Visiva Multimediale all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Seguito a lavorare per due anni come collaboratrice per E-commerce, advertising e spot-pubblicitari,per poi iscrivermi al Master in Photography and Visual Design della NABA in collaborazione con lo spazio Forma. Ad oggi lavoro come assistente di produzione fotografica presso lo studio di Francesco Jodice e, attratta dalla rielaborazione e manipolazione fotografica proverò a contribuire in modo immaginifico per Pequod!

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