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L’Alveare Tamarindo, un Sì per i prodotti locali

Se vi sembra di partire per terre lontane ogni volta che leggete le etichette dei prodotti nei vari supermercati, e ne siete stanchi, sappiate che un nuovo modo di far la spesa è arrivato in Italia. Mai sentito parlare de L’Alveare che dice sì? È un progetto nato dalla grande ambizione di congiungere la tecnologia con l’agricoltura sostenibile: utilizzando la piattaforma online de L’Alveare si può difatti accedere a una gamma di prodotti locali, freschi e genuini. Fondato in Francia nel 2011, oggi questa nuova tipologia di impresa sociale si è diffusa nei principali Paesi europei. Il 2014 è l’anno di debutto degli Alveari italiani: 90 sono stati aperti fino ad ora, fra cui L’Alveare Tamarindo, punto di riferimento per Bergamo e provincia.

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Proprio assieme a L’Alveare Tamarindo scopriamo come procedere per la vendita e l’acquisto dei prodotti locali. La sua amministratrice si chiama Laura Rubini, una giovane mamma di 33 anni: «Dopo aver chiuso un negozio di abbigliamento e aver viaggiato per un po’ di mesi in Australia, una volta ritornata a Bergamo ho sentito alla radio, per caso, la notizia di un progetto francese chiamato La Ruche qui dit Oui!». Grazie a questo annuncio, Laura entra a far parte della Rete, contribuendo allo sviluppo di questo modello unico di start up sociale.

«La grande novità è l’acquisto online: possiamo difatti considerare L’Alveare che dice sì! come la nuova generazione dei gruppi di acquisto GAS», spiega Laura a Pequod. Come funziona il progetto? È molto semplice e tale semplicità è notevolmente agevolata dal fruibile sito online. Tutti i produttori locali presenti nell’arco dei 250 km possono iscriversi al portale: una volta inseriti nella cerchia di uno specifico alveare, mettono in vendita sulla piattaforma i propri prodotti, tra frutta, verdura, latticini e formaggi.

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L’Alveare Tamarindo è stato inaugurato lo scorso 18 settembre presso lo spazio Edoné di Bergamo. Da allora, il nuovo modo di far spesa è notevolmente cresciuto. Il numero degli ordini si aggira attorno alla cinquantina, ma i produttori interessati a far parte del Tamarindo continuando ad aumentare: «Solitamente un Alveare possiede una cerchia di produttori limitata, sia per non creare concorrenza sia per garantire la qualità dei prodotti offerti».

Per le medesime ragioni, i prodotti che un consumatore può trovare presso L’Alveare Tamarindo sono altamente selezionati. Fare la spesa su L’Alveare che dice sì significa innanzitutto iscriversi al sito, inserendo nome cognome indirizzo e numero di telefono, per poi diventare membro dell’Alveare più vicino a casa. Una volta compiuta questa veloce operazione, si procede alla selezione di ciò che si vuole gustare direttamente dalla piattaforma online. «Quello che secondo me interessa tanto, oltre al genuinità e al km0», prosegue Laura, «è che si può fare la spesa all’orario che si preferisce. I membri del mio Alveare spesso accedono al sito di sera, molto probabilmente quando la giornata lavorativa si è conclusa». Presso l’Alveare Tamarindo la spesa si apre ogni mercoledì mattina, fino a domenica sera. Dalle 18.00 alle 19.30 di ogni martedì, invece, si può ritirare l’ordine presso l’Edoné di Bergamo direttamente dalle mani dei produttori!

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Ma come si fa ad aprire un nuovo Alveare ed entrare a far parte della Rete? Laura assicura la trasparenza del progetto, mosso dall’obiettivo di proporre un modello giusto e solidale. Nell’Alveare, il produttore vende direttamente il suo prodotto ai membri e paga delle spese di servizio che corrispondono al 16,7% del suo fatturato esentasse. Ciò significa che l’8,35% del guadagno va al gestore dello specifico Alveare e l’altro 8,35% all’Alveare Madre. Sappiate che ogni produttore può fissare i prezzi della vendita liberamente. L’Alveare Madre, invece, è composto da un gruppo di circa 40 persone in tutta Europa che collaborano allo sviluppo della piattaforma Internet; in Italia un team di supporto tecnico e commerciale lavora affinché la Rete italiana di Alveari si espandi.

Tuttavia L’Alveare che dice sì non è nato solo ed esclusivamente per supportare la vendita di prodotti locali e la sharing economy: lo scopo è altresì quello di creare una cerchia sempre più ampia di cittadini consapevoli. «Personalmente cerco sempre di abbinare alla distribuzione dei prodotti qualche attività», spiega l’amministratrice de L’Alveare Tamarindo. «Ad esempio, durante una serata ho invitato un agronomo a spiegare come conservare i peperoncini e come cucinare un’ottima pasta al peperoncino». Lo spirito è dunque quello di formare una vera e propria comunità, attenta all’agricoltura sostenibile e al rispetto del ritmo delle stagioni.

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Per i prossimi mesi una sostanziale novità per Laura e il suo Alveare: «Mi piacerebbe poter offrire la consegna a domicilio per non escludere nessuno! Spesso alcuni membri arrivano in ritardo a causa del traffico; altri invece non riescono a passare nonostante sia sera… altri ancora semplicemente non hanno voglia di uscire».

Un’ultima domanda non mi permette di lasciare andare Laura e fa riferimento al simpatico nome del suo Alveare: «Il nome è un omaggio a mia nonna. Quando le chiedevo di bere la Coca-Cola, lei cercava sempre di rifilarmi lo sciroppo tamarindo. Con il nome riprendo dunque il concetto che voleva inculcarmi: allontanarsi dai prodotti “industriali” per avvicinarsi a quelli genuini e locali».

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Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.

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