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Ecocentro di Gruppo Esposito: dalla strada per la strada

Cartacce, mozziconi e tutta l’immondizia che troviamo nelle strade possono trasformarsi, dopo attenti passaggi di recupero e trattamento, in nuovo materiale per riasfaltare le strade stesse. Questa la finalità dell’impiantistica Ecocentro, un progetto sperimentato la prima volta nella città di Bergamo, dove ha sede l’azienda Gruppo Esposito, che ha brevettato questo impianto di recupero e trattamento dei rifiuti da spazzamento delle strade per ottenere nuovi materiali utili nel settore dell’edilizia e in altri processi produttivi.

Si tratta quindi di recupero, e non smaltimento dei rifiuti, secondo un’ottica green che anima il lavoro dell’impresa bergamasca.

A poche settimane dall’inaugurazione di Ecocentro a Guidonia, alle porte di Roma, contattiamo il titolare dell’azienda di Gorle (BG), Ezio Esposito, in partenza per un viaggio di lavoro in Sardegna.

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Ci parli della storia della sua azienda.

«La nostra azienda nasce nel 1998 e dagli anni Duemila lo scopo di Gruppo Esposito è individuare rifiuti mai recuperati e su di essi creare un’impiantistica atta al recupero e al riuso. Abbiamo brevettato una tecnologia che rendesse i rifiuti adatti a tale scopo e così abbiamo inaugurato il primo impianto Ecocentro a Bergamo, nel 2004; da lì ne sono seguiti altri 11 in Italia, per importanti enti privati e statali».

Da dove nasce l’idea che ha portato alla creazione di Ecocentro?

«L’idea è nata da una semplice constatazione: si smaltiscono parecchi rifiuti ma pochi di questi vengono recuperati, mentre possono essere utilizzati nei diversi cicli produttivi, come indica la normativa».

Personalmente, ha sempre avuto una passione, un’attitudine particolare per la cura dell’ambiente?

«Io vengo dal settore dell’igiene urbana; mi sono formato alla Waste Management, una multinazionale americana che occupa una posizione di leadership nella gestione integrata dei rifiuti. Insomma, il rifiuto l’ho toccato con mano, tanto per capirci! [ride]. Ho avuto sempre un’attenzione al recupero per creare qualcosa di nuovo, è nel mio DNA. Come dire, ho una vena aziendale in cui si intrecciano la passione per l’ambiente e la passione per l’impiantistica. E così ho creato un’azienda di ingegneria».

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A livello mondiale, come vede il panorama delle aziende che si occupano di economia green?

«Il settore della green economy va avanti, di pari passo con una normativa piuttosto chiara, che impone determinate percentuali di recupero dei rifiuti e delineando obiettivi importanti a livello nazionale ed europeo: ora, sta alle aziende raggiungerli, adeguando la propria impiantistica».

In questo scenario, l’Italia che ruolo svolge? Come immagina, quando si parla di innovazioni tecnologiche la tendenza generale è quella di guardare sempre oltreconfine, non senza un certo scetticismo nei confronti delle aziende italiane…

«In realtà gli italiani si sono sempre distinti in questo settore. Il nostro brevetto, ad esempio, è arrivato negli Stati Uniti, in Australia, in Cina. Poi, che in Italia ci si lamenti sempre, è un fatto tutto italiano, appunto, ma in quanto a impiantistica per l’ambiente, a livello nazionale siamo avanti. Molti guardano alla Germania, ma quanti sanno che la maggior parte delle attrezzature sono italiane, in Europa e in altri continenti? Probabilmente, allora, gli italiani non sono così arretrati; semmai, forse, ci adeguiamo più lentamente e in modo disomogeneo alle normative comuni».

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Restringiamo il campo alla città in cui ha sede Gruppo Esposito, ossia Bergamo: cosa ne pensa della vivibilità degli spazi verdi e dell’estetica dei suoi paesaggi?

«Per motivi di lavoro giro molto in Italia e all’estero, dato che i miei impianti sono diffusi a macchia di leopardo, perciò posso dire che Bergamo è sicuramente un’isola felice. Abbiamo una città e una provincia molto attente all’ecologia e all’ambiente, secondo me anche grazie ad ottimi e competenti funzionari provinciali nel settore ambiente. Il nostro primo impianto realizzato a Bergamo è stato un’innovazione a livello mondiale, ma anche grazie alla preziosa collaborazione di queste persone competenti che ci hanno permesso di avere le informazioni necessarie per avviare i lavori».

In un settore innovativo come quello dell’ingegneria ambientale, la ricerca assume un ruolo determinante: quanto e come investe la sua impresa in attività di ricerca?

«Gruppo Esposito investe ogni anno il 10% del fatturato in ricerca e sviluppo, per sperimentare e ideare impianti innovativi; in particolare collaboriamo con CINIGeo, il Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Ingegneria delle Georisorse, che coinvolge le quattro università di Bologna, Trieste, Cagliari e la Sapienza di Roma e abbiamo un capannone da 1800 mq dedicato alla sperimentazione, con macchine e attrezzature. Puntiamo molto sulla ricerca perché è l’unica strada che ci permette di crescere e andare avanti in questo settore, per raggiungere gli obiettivi indicati nelle normative».

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Quanti giovani ci sono nel suo team di ricerca?

«Praticamente sono tutti giovani sotto 35 anni e hanno grandi potenzialità, ma gli anziani non devono mancare perché impegno, esperienza e passione devono essere di riferimento e di esempio proprio nei giovani in cui, probabilmente, dal mio punto di vista, mancano un po’. Credo che ci siano meno persone che si dedicano con passione a quello che fanno, questo anche perché c’è poca soddisfazione lavorativa, in termini di guadagni e di stabilità».

I progetti futuri di Gruppo Esposito?

«Stiamo progettando un nuovo impianto in Sardegna, a Cagliari, e guardiamo all’estero, in particolare verso l’Austria e l’Inghilterra. Intanto abbiamo parecchi lavori in corso d’opera: il progetto di recupero e trattamento dei limi delle aree portuali, che si depositano e attaccano al fondo marino; il recupero di scarti della lavorazione del vetro, per ottenere sabbie silicee utili nel settore minerario, e altro ancora. Insomma, le applicazioni possono essere diverse; si cerca sempre di trovare soluzioni di recupero, quindi di riutilizzare i rifiuti per mantenere un po’ più verdi i nostri ambienti».

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Alice Laspina

Nata nella bergamasca da famiglia siciliana, scopro che il teatro, lo studio e la scrittura non sono che piacevoli “artifici” per scoprire e raccontare qualcosa di più “vero” sulla vita e la società, sugli altri e se stessi. Dopo il liceo artistico mi laureo in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo e sempre girovagando tra nord e sud Italia, tra spettacoli e laboratori teatrali, mi sono laureata in Lettere Moderne con una tesi di analisi linguistica sul reportage di guerra odierno. Mi unisco alla ciurma di Pequod nel 2013 e attualmente sono responsabile della sezione Cultura, non senza qualche incursione tra temi di attualità e politica.

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