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#FestivalCom – Edmondo Bruti Liberati: maneggiare con cautela

“Pubblici siano i giudizi e pubbliche le prove del reato il segreto è il più forte scudo della tirannia.”

L’intervento “Comunicazione sulla giustizia e comunicazione della giustizia” tenuto da Edmondo Bruti Liberati inizia con una citazione chiave di Beccaria.

L’attenzione si sposta repentina sulla ripresa pubblica, anima ed essenza della giustizia, e ne fa un quadro dettagliato in relazione all’opinione comune: c’è una grande funzione di controllo sulla figura del giudice e l’obiettivo principale è di ottenere una giustizia bene amministrata che ne rafforzi l’opinione. L’opinione pubblica assume funzione di crescente rilievo nella vita pubblica, un vero e proprio fenomeno a livello globale. La sua presenza fisica, in aula, dapprima lasciata ai cantastorie viene oggi sostituita da social media, radio e tv, giornali e fotografie. 

La libera stampa sulla giustizia vede metaforicamente il giornalista come vedetta sul ponte della nave dello Stato che scruta l’orizzonte in mezzo alla tempesta.

La rivoluzione della televisione ci porta ad affrontare nuovi limiti: anzitutto la presenza del pubblico in relazione alla tutela della privacy, e secondariamente evidenziando la pubblica sicurezza – esempio chiave è l’11 settembre (con ricorrenza odierna). Tramite la tv siamo in aula, si parla per la prima volta di processo parallelo.

Il contatto diretto introduce il tema delle garanzie, un controllo su giudici e avvocati fa emergere un tecnicismo esasperato e inutile che pone le basi di nuove regole: “Cercate di non usare il linguaggio giuridico se non strettamente necessario.”

Dopo un excursus esplicativo dei processi internazionali che hanno avuto più rilievo giuridicamente parlando, oggetto di discussione è il condizionamento dei giudici popolari data la presenza delle riprese televisive; la spettacolarizzazione mette in crisi la logica stessa del processo, i media pretendono di offrire una rappresentazione più fedele, il sogno di un accesso diretto e immediato alla verità, ma la dimensione condizionale diventa insostenibile.

La verità storica non sempre coincide con quella processuale e men che meno con quella mediatica”.
Professionalità, responsabilità, deontologia.

 

In copertina, Edmondo Bruti Liberati [ph. Luca Bruno/AP Photo]

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Jennifer Engelmann

Una mente intuitiva e razionale per un corpo istintivo e cosmopolita. 
Italo-tedesca trapiantata a Milano since 1991, imparo a scrivere prima ancora di camminare: inizio ad usare di nascosto la macchina da scrivere di mia nonna e battuta dopo battuta capisco che quel tic-tic-tic sarebbe diventato il mio suono preferito. Intraprendo la carriera universitaria in ambito comunicativo-giornalistico per perseguire il mio sogno e, dopo aver navigato in mari bui e tempestosi, approdo a Pequod nel Marzo 2015 dove, dilettandomi tra arte viaggi e fotografia, divento responsabile eventi.
 Una biondina cinica e determinata un po’ Carrie Bradshaw, un po’ Miss Fletcher.

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