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Giovanni Marzona, staffettista partigiano per la conquista della libertà

Venerdì 22 Aprile 2016, mi aggiro per la sala del CSA Baraonda, dove aspetto d’ascoltare Giovanni Marzona (classe 1928 e ufficialmente partigiano dal 1943) riportare la sua esperienza nella conferenza di apertura dell’iniziativa Partigiani In Ogni Quartiere; lo osservo muoversi in quest’ambiente che ci si aspetta dovrebbe cozzare per anacronismo con un uomo della sua età, invece mi sorprendono la sua disinvoltura nel parlare ai ragazzi e la spontaneità della prima frase che gli sento pronunciare e che resterà nei miei pensieri per il resto della serata: «Non sono nato partigiano».

È nato bambino, il signor Marzona, e con i sogni di un bambino: giocare, cantare, esprimersi; ma in un’epoca in cui parlare non era ancora un diritto inalienabile. Figlio di un antifascista, Giovanni Marzona conobbe presto le difficoltà dovute all’essere considerato diverso e quindi escluso in una società in cui il cameratismo era un diktat; ricorda l’invidia per le baionette dei coetanei che sfilavano per la domenica fascista e il desiderio di partecipare alla lezione di educazione fisica, riservata ai figli degli iscritti al partito. Fa sorridere l’auditorio, raccontando della sospensione ricevuta per aver cantato lo Stelutis Alpins alla richiesta del rettore di ripetere l’Inno d’Italia (aspettandosi l’Inno Trionfale del Partito Nazionale Fascista), e intona:

«Se tu vens cassù ta’ cretis
là che lôr mi àn soterât,
al è un splaz plen di stelutis;
dal miò sanc l’è stât bagnât.»

Le ingiustizie subite hanno fatto di lui un partigiano, lo hanno spinto a mettersi in cammino. Incontrati i primi partigiani, nascosti sulle montagne friulane alle pendici delle quali era cresciuto, ha sentito sua fin da subito la lotta di questi uomini e presto ha deciso di seguirli. Con un sorriso ricorda che alla domanda del Comandante di diventare membro della Brigata Osoppo, come poi avverrà, il primo pensiero di Giovanni è stato: “Dovrei chiedere se posso alla mamma”.

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25 Aprile 1945 – Giovanni Marzona Alfa – Brigata Osoppo

Il viaggio del signor Marzona non è di quelli che portano lontano da casa, ma di quelli che fanno crescere.

Dal 1943 fino alla liberazione del Friuli Venezia Giulia nel 1946, sotto le vesti di Alfa (nome in codice ereditato da un combattente recentemente caduto) ha camminato tra i boschi montani e corso lungo i pendii di tutta la regione, per mantenere le comunicazioni tra le brigate dislocate in tutto il territorio.

Ricorda da un lato, le difficoltà della vita quotidiana all’interno delle compagnie: piccoli gruppi, così da esser poco identificabili, sprovvisti di cibo e di mezzi per cucinarlo («mentre mescolavo, il mestolo ha forato il tegame»), muniti solo di neve per lavarsi («il corpo era coperto di croste di sporcizia, che almeno aiutavano a sopportare il freddo»), mangiati dai pidocchi («quando la mamma ha messo a bollire i miei vestiti per lavarli, c’era un dito di pidocchi che galleggiava sull’acqua»).

Dall’altro, il desiderio profondo di pace. Per il signor Marzona è importante sottolineare che i partigiani erano pacifisti: è vero che non hanno risposto al disarmo alla richiesta di Eisenhower, poiché il nord Italia era ancora occupato dai fascisti, ma ricorda quando, nei primi mesi del ’46, si poteva sentire il rumore delle canne dei fucili, che con gioia i partigiani spezzavano nelle griglie dei lavatoi. Non consegnarono le armi: le ruppero, perché non potessero sparare mai più.

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Giovanni Marzona alla Giornata della Memoria 2009 a cura del Comitato Antifascista della Zona 8 Milano

I primi anni dopo la caduta del fascismo, la vita non fu più semplice per i partigiani: Giovanni Marzona ricorda molte porte chiuse, tanti posti di lavoro negati, a causa dei suoi precedenti “da dissidente”.

«Ma avevamo conquistato la libertà –dice con orgoglio- e per la libertà avremmo dato tutto».

Questo il messaggio che continua a condividere con la sua testimonianza, la lotta che non ha mai smesso di portare avanti, partecipando a conferenze, raccontando nelle scuole, condividendo con giornalisti e scrittori: il bene più prezioso che abbiamo è la nostra libertà, libertà di esprimerci e libertà di scegliere.

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Copertina del libro presentato il 22 Aprile 2016 al CSA Baraonda con la testimonianza di G. Marzona

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Sara Ferrari

Nata e cresciuta nelle valli bergamasche a fine anni 80, con una gran voglia di viaggiare, ma poca possibilità di farlo, ho cercato il modo di incontrare il mondo anche stando a casa mia. La mia grande passione per la letteratura, mi ha insegnato che ci sono viaggi che si possono percorrere anche attraverso gli occhi e le parole degli altri; in Pequod faccio sì che anche voi possiate incontrare i mille volti che popolano la mia piccola multietnica realtà, intervistandoli per internazionale. Nel frattempo cerco di laurearmi in filosofia, cucino aperitivi e stuzzichini serali in un bar e coltivo un matrimonio interrazziale con uno splendido senegalese.

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