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Il faraonico Parlamento della Romania: viaggio nell’utopia socialista di Ceauşescu

Per la puntata di questo mese della mia rubrica sulla Romania voglio portarvi tra le mura dell’ex sede del Partito comunista rumeno (Pcr), nonché attuale e mastodontico Parlamento. Perché andare a visitarlo? Perché Bucarest è la città che ancora oggi porta silenziosa e meste i segni dell’utopia socialista del dittatore Nicolae Ceauşescu.

Come vi dicevo, la capitale rumena veniva chiamata la “Parigi dell’Est” per i suoi bellissimi quartieri votati allo stile Liberty e i suoi numerosi caffè, che tra gli anni ’70 e ’80 vengono bellamente rasi al suolo per la costruzione dei famigerati bloc comunisti. Al posto del centrale quartiere borghese si pensa bene di posizionare il secondo edificio al mondo per dimensioni: il Palazzo del Popolo (Casa Popolurui), oggi faraonico Parlamento.

Numerosi i record della sua spropositata grandezza: con i suoi 12 piani e le sue 3100 stanze, il palazzo ricopre una superficie di 330.000 mq in un progetto valutato 3,3 miliardi di euro. Tappeti lunghi 200 metri, tende da 150 kg, corridoi interminabili e stanze progettate apposta per amplificare al massimo l’eco degli applausi. Non nascondo inoltre che serve una sostanziale colazione per affrontare gli innumerevoli scalini! Ma procediamo con ordine e partiamo dalle sue fondamenta.

Le bandiere Romania comunista. A destra la bandiera del Pcr e a sinistra il simbolo della nazione, solitamente posizionato nel centro della bandiera… non a caso oggi si possono osservare tra le vie della città bandiere con significativi buchi centrali.
Le bandiere Romania comunista. A destra la bandiera del Pcr e a sinistra il simbolo della nazione, solitamente posizionato nel centro della bandiera… non a caso oggi si possono osservare tra le vie della città bandiere con significativi buchi centrali.

A quasi 100 metri dalla superficie sono ancora nascosti i simboli del comunismo, graffitati sui muri o rappresentati in vecchie bandiere. Qui la guida comincia a raccontarci la storia: un bel giorno del 1984 Ceauşescu, fregandosene della realtà e nondimeno della logica, ordina che l’edificio sia categoricamente pronto in un anno. I lavori procedono dunque velocissimi, con l’aiuto di 700 architetti e più di 20.000 operai, coordinati dalla progettista Anca Petrescu. Ma poi la realtà comincia pian piano a insinuarsi nell’utopia e il Palazzo viene ultimato solo nel 1994, sopravvivendo così al suo dittatore.

La costruzione dell’edificio: dal 1984 al 1985.
La costruzione dell’edificio: dal 1984 al 1985.
Nonostante sembri una semplice decorazione del pavimento, in realtà si tratta della pianta dell’edificio.
Nonostante sembri una semplice decorazione del pavimento, in realtà si tratta della pianta dell’edificio.

La frettolosità con cui si idealizza il simbolo per eccellenza del comunismo rumeno causa la distruzione coatta non solo di case e negozi, ma anche di chiese di ingente valore storico e artistico. Per salvare la chiesa ortodossa Mihai Vodă, l’architetto Eugeniu Iordăchescu crea un ingegnoso sistema per trasferire (letteralmente!) la costruzione di un centinaio di metri più in là: posizionando la chiesa su rotaie dei treni, l’edificio si muove tramite l’aiuto di carrelli elettrici!

Questa foto è offerta da TripAdvisor.
Questa foto è offerta da TripAdvisor.

Il palazzo è costruito rigorosamente con materiali di origine rumena. Primo fra tutti il solenne marmo bianco, proveniente da Ruşchiţa in Transilvania, e se durante la visita proverete la sensazione di essere nel Duomo di Milano non dovrete assolutamente sentirvi fuori luogo poiché il marmo che sostiene la Madonnina è proprio originario della Romania ed è della stessa tipologia di quello del Parlamento! Non è vero, ma la nostra guida ne sembra persuasa.

Foto 4

Foto 5

Il tour finisce con la terrazza, nonché penultimo piano della Casa del Popolo. Ciò che impressiona, oltre la vista della “Via della Vittoria del socialismo”, è il colore di Bucarest, dei suoi edifici e monumenti: secondo Francisc, la nostra guida, si tratta della tonalità “grigio comunismo”.

Foto 6

Bucharest, Ceausescu, featured, parlamento, Romania


Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.

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