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Il Luna Park in città. Il Parco Giochi Suardi

Ogni tanto, e in maniera del tutto casuale, mio padre ricorda con un misto fra orrore e divertimento un episodio di quando ero piccina. Avrò avuto sì e no sei anni. Dopo una cena in famiglia, usciamo dal ristorante per goderci una passeggiata tra le vie di Sibari, quando a un certo punto la mia curiosità viene catturata dai suoni di un Luna Park.

Solo ora, dall’alto dei miei 27 anni, capisco come un parco divertimenti sia paragonabile allo zucchero nell’alimentazione di un bambino. In un Luna Park, tutto è zucchero. Magicamente anche le canzoncine dei vari giochi contengono saccarosio, per non parlare delle luci. In qualsiasi caso, ero in overdose e, a giudicare dai miei ricordi, anche mio padre si era preso la sua bella dose. Il problema è sorto verso le 3 di mattina, quando i vari giostrai, evidentemente contenti di aver trovato una supporter, continuavano a regalarmi giri gratuiti e a farmi prendere l’immancabile coda di volpe, sino alle fatidiche urla di mio padre: «Fateci scendere!».

Ancora oggi credo sia il suo modo di giustificare il fatto che io sia rimasta figlia unica.

Drammi familiari a parte, tutti quelli della mia generazione si ricorderanno l’estrema euforia di quando si andava alle giostre da bambini, durante le vacanze estive. Poi si cresceva, ma i giostrai continuavano ad avere un ruolo fondamentale nelle nostre vite. Era il tempo delle Scuole Medie e delle prime cotte. Allora gli autoscontri erano il gentile e dolce modo di approcciare l’altro; tra uno scontro e un tamponamento, incredibile è ricordarsi come l’interesse per un ragazzo o una ragazza fosse direttamente proporzionale alla potenza dell’incidente. E poi c’era il Tagada, luogo di ritrovo e rito di passaggio all’età adulta.

Questi però sono i giostrai itineranti, di quelli che potevi sfruttare solo in certi periodi dell’anno. A Bergamo, invece, esiste un parco divertimenti fisso: Parco Giochi Suardi.

Il parco giochi si estende nel verde cittadino di Parco Suardi e ancora oggi è un punto di riferimento per tutti i bimbi bergamaschi. Per individuare il punto esatto all’interno del parco, basterà seguire i motivetti musicali di ogni piccola attrazione, accompagnati dalle urla dei bambini. All’entrata vi accoglierà un tripudio di colori e rumorose frenate dati dal circuito di autoscontri, il divertimento più quotato e ancora intrinseco di fascino ai miei occhi di adulta. Dopo essere stata per un po’ seduta a osservare i piccoli giocatori, decido di girarmi verso il treno su rotaie e rallegrarmi del suo lento procedere tra funghi, nani e fiori giganti. Prima di uscire dal parco saluto la mia vecchia conoscenza Furia, il cavallo elettronico che ha accompagnato per tanto tempo le mie magnifiche cavalcate in straordinari deserti lontani.

Ma Parco Suardi non finisce qui. Assieme al parco divertimenti, i giochi più comuni! Anche in questo caso i marchingegni di una volta sono affiancati da nuovi giocattoli, e così accanto alle altalene, le nuove reti, accanto agli scivoli, piccoli strutture d’arrampicata… Nel mio girovagare, ho cercato di catturare tutte queste sfumature, tra i miei vecchi ricordi e i nuovi divertimenti: benvenuti al Parco Giochi Suardi!

Dai videogames alla realtà: Escape Room ti mette alla prova!

Una stanza chiusa. Una squadra di giocatori chiusi nella stanza, un tempo limitato per uscirne e vincere il gioco. Escape Room è la nuova frontiera dei giochi di squadra e arriva direttamente dagli Stati Uniti. Un nuovo tipo di divertimento per cui ciò che prima veniva pensato per un videogames, ora è realtà.

Una modalità simile era già presente nel mondo dei videogiochi online: il giocatore ha una visuale in prima persona e si trova rinchiuso in una stanza che di solito rimanda ad un’atmosfera inquietante, come la cella di un carcere, l’interno di una vecchia casa, un ospedale abbandonato, ecc… L’obbiettivo è, appunto, quello di riuscire a scappare dalla stanza (in questo caso puntando il click del mouse su specifici oggetti nascosti, indispensabili per proseguire nella fuga e trovare la chiave). Uno dei primi videogiochi di questo genere venne creato nel 2001: MOTAS (Mystery Of Time And Space).

Nella realtà non virtuale, quella delle Escape Room,  a un gruppo di persone (di solito vanno da un minimo di due a un massimo di dieci) viene esposto il punto di partenza, una trama iniziale, per poi essere rinchiuso all’interno della stanza. Da qui i giocatori hanno 60 minuti per trovare la chiave seguendo e cercando gli indizi nascosti per poi finalmente liberarsi.

Per capirne di più, ho chiesto all’amica Roberta Dondoni di parlarmi della sua “fuga”. «Sono andata in una delle tante Escape Room di Milano, la Get Me Out. Lo scopo è uguale a tutte le altre attrazioni: cercare di uscire tutti quanti in meno di 60 minuti». Continua Roberta «la stanza in cui mi trovavo io si chiamava ‘’la stanza misteriosa’’  ed era allestita come un hotel in stile anni ’80. Una volta entrati parte il timer ed inizia la caccia agli indizi per cercare di uscire». Il gioco in sé è molto originale perché premia l’intelligenza e le capacità intuitive individuali.

A Get Me Out, tutte le stanze sono dotate di microfoni e telecamere per consentire al moderatore di inviare suggerimenti ed indizi garantendo così una migliore esperienza di gioco. «Alcuni piccoli enigmi che bisogna risolvere sono abbastanza semplici, altri invece sono veramente ingegnosi: alla versione a cui ho partecipato una delle tante sfide, ad esempio, consisteva nel cercare il titolo di una canzone in un libro e poi selezionarla su un jukebox solo dopo aver trovato l’apposita monetina per farlo funzionare» mi spiega Roberta.

Sicuramente un modo alternativo per giocare in compagnia: «l’esperienza è stata molto bella perché ci si immerge completamente nel gioco e soprattutto si è costretti a collaborare con i propri amici per trovare una via d’uscita. È un modo per passare una serata diversa e divertente anche perché le risate sono garantite». Un’esperienza che Roberta consiglia vivamente di provare. Questa nuova frontiera del divertimento mette alla prova l’intraprendenza, l’ingegno e soprattutto il gioco di squadra. È questa la ricetta per sperare nella vittoria!

È facile capire come l’idea alla base del gioco sia creativa ed individuale. Abituati a giocare a videogames in cui, tramite precisi comandi, facciamo compiere determinate azioni ad un avatar su uno schermo, con l’invenzione delle Escape Room, tutto ciò a cui eravamo abituati si capovolge. Gli avatar siamo noi, l’avventura è creata per noi e siamo essenziali per determinare lo svolgersi del gioco. In tutto questo contemporaneo trambusto di realtà aumentata, Escape Room potrebbe esserne una piccola e pratica anticipazione.

 

Gni dem Magicland! Andiamo a Magicland!

Le mie mattine senegalesi hanno quasi tutte la colonna sonora di una sveglia polifonica: «Tata Sara! Tonton Pisquo!», dal cortiletto appena fuori la stanza da letto, il ritmo di tanti piedini scuri saltellanti sulle piastrelle richiama gli zii arrivati dall’Europa ad abbandonare l’abbraccio del sonno e accogliere l’arrivo del giorno.

Le membra si stirano, levandosi di dosso gli ultimi strascichi di sogni, e gli arti si allungano fino alla porta, giusto lo sforzo di sfiorare la chiave e imprimerle la forza d’un giro su se stessa. I primi raggi di sole si riversano nella stanza con la stessa curiosità della fiumana di ricci e perline colorate che si portano appresso, mentre manine golose si allungano in gesti di richiesta: «Mayma tangal, s’il vous plaît! Dacci le caramelle, per favore!».

Il rito si è stabilito in pochi giorni: le mie nipotine si raccolgono con le amiche del quartiere fuori la porta della stanza, in attesa di stiracchiare gli occhietti nella concentrazione di un’equa distribuzione dei dolci portati da oltremare, con lo zucchero dolce che però fa male ai denti. Poi via di corsa verso scuola, fino alle caramelle della merenda!

La domenica però anche in Senegal è riposo; non c’è lezione e i bambini si riversano più tardi fuori casa.

Il mio primo risveglio domenicale africano è un impatto con un silenzio inaspettato; per un istante mi chiedo se nel quartiere abbiano perso la golosità e mi sento tradita dai piccoli voraci che mi aspettavo avrebbero segnalato l’arrivo del giorno! Scopro presto che è già una manciata di minuti che dondolano le loro gambette sulla panca fuori dalla porta, troppo educati per disturbare gli adulti nel giorno di ristoro. Da inguaribile e incontrollabile ingorda quale sono, decido che ci vuole un premio per tanto autocontrollo!

Rifletto sulla semplicità dei loro giochi, fatti per lo più di fantasia e piccoli gadget venduti per strada, e stabilisco che l’unico vero modo per rendere la nostra presenza un ricordo indelebile è regalare momenti speciali, così propongo una gita: «Fan ngeen bëgga dem? Dove vorreste andare?».

Un coro di bambini risponde: «Magicland!».

La più felice di partire sono forse io, non appena mi spiegano che si tratta della versione senegalese di Disneyland: la mia immaginazione si nutre dei ricordi dei parchi giochi della mia infanzia e disegna nella mente un turbinio di gioiose voci urlanti, un saltellare di vestitini in vox dai mille colori, un tintinnare di perle e conchiglie intrecciate a ricci d’ebano. Chiamiamo un taxi e infiliamo quante più bimbe ci stiano dall’unica portiera sgangherata lasciata aperta dall’autista, onde evitare fughe di clienti che non vogliono pagare; qualcuna armeggia con le cinture di sicurezza, con cui è impossibile impacchettare il fermento e l’agitazione del numero troppo alto di piccoli passeggeri.

Lungo il tragitto ci avviciniamo alla costa e sorgono i primi dubbi: quanto saranno sicure le giostre in Senegal? Come gestiranno la manutenzione, nonostante la sabbia e la salsedine? Abituata al ferro smaltato e ai giochi di fontane nei giardini di Gardaland, all’animazione dei personaggi Disney, avvolti in imbottiture improponibili sotto il sole d’Africa… Avvicinandomi all’entrata, avvolta da una nube di commercianti che propongono palloncini e molle colorate, realizzo che le mie attese saranno inevitabilmente tradite.

L’ingresso costa davvero poco: con meno di 5 euro si hanno accesso al parco e 10 ticket per le attrazioni, che vanno pagate singolarmente; mentre l’accoglienza è degna della fama del popolo senegalese, che non risparmia sorrisi smaglianti, chiacchiere e convenevoli. In coda aspettando d’esser timbrate, le bambine non riescono a trattenere l’emozione ed esplodono in gridolini di gioia non appena varcano l’arco di soglia del parco. Io chiudo le fila e la mia aspettativa è in continuo crescendo; entro, mi guardo attorno e chiedo: «Ma è aperto? Dove sono i bambini?».

Dapprima penso di esser stata imbrogliata, di aver pagato per un parco divertimenti ed esser stata portata in una città fantasma: tutto è immobile, nessuna giostra gira e nessuna luce si accende; nell’aria non risuonano musiche dalla melodia sciocca né risate di bambini; le attrazioni da lunapark sono ricoperte da una sottile patina opaca. Ci viene incontro un ragazzo dal viso gentile e, dopo interminabili saluti, chiede alle bambine da cosa vogliono iniziare: non essendoci al parco tanta affluenza come in quelli europei, ci spiega che l’elettricità (che a Dakar non è sempre garantita e in alcuni quartieri può talvolta venir sospesa per ore se non giorni) viene risparmiata attivando le giostre solo quando qualcuno ci sale; conviene molto più dare a lui uno stipendio per interrompere l’innaffiatura delle piante e dedicarsi ai clienti. Uno dopo l’altro, il ragazzo avvia i giochi che le dita delle mie nipoti indicano: dal trenino alle tazze, dalla ruota panoramica al bruco… Finché i loro occhi si posano sulle montagne russe, che a loro sono vietate per limite d’età.

«Ma per chi le fanno?» chiedo un po’ sorpresa. È vero che il prezzo è basso per un europeo, ma è tutt’altra questione in moneta locale! E le giostre per adulti sono davvero due di numero! La risposta arriva presto dalle rotaie che ci siamo appena lasciati alle spalle: quattro surfisti inglesi, evidentemente alterati dall’alcool, hanno fatto ingresso nel parco, riempiendolo di risate chiassose.

Noi ci consoliamo con una merenda dolce: ci sediamo ai tavolini del bar e ordiniamo Vimto e popcorn. Il primo è la bibita senegalese per eccellenza: spacciata per la coca-cola africana, è una bevanda dalla dolcezza tanto intensa e innaturale da portare alla mente l’idea di una caramella gommosa sciolta al sole e poi gassata. «Ottima abbinata ai popcorn salati» penseranno i più golosi tra voi. Siate ancora più ingordi!

A Dakar infatti i popcorn sono serviti cosparsi di dolcissimo zucchero a velo, che s’infila tra i denti e impiastriccia le dita. Di quello zucchero a velo è il sapore delle mie merende senegalesi: condite di un eccesso di saccarosio e di innocenti sorrisi sporchi di polvere dolciastra.

L’intrattenimento oltre l’intrattenimento: parchi cinematografici e nuovi esperimenti di realtà virtuale

Nell’epoca segnata dalla corsa all’entertainment, i parchi di divertimento sembrano fare continuamente a gara tra loro, rincorrendo nuove attrazioni e tecnologie innovative con cui stupire il pubblico, giorno dopo giorno.

Spesso figli delle major, i parchi a tema cinematografico dominano ormai una grande fetta dell’industria del divertimento. Oltre alle centinaia di attrazioni presenti in occidente, la stessa Asia dimostra ormai da anni una voglia di imporsi sul campo. La Universal, ad esempio, ha in programma di inaugurare un nuovo parco in Corea del Sud nel 2020, mentre quello già attivo di Osaka si aprirà a breve all’universo del gaming con un’intera area dedicata alle produzioni Ninendo.

Il cinema, soprattutto quello prodotto e promosso dalle grandi casi di distribuzione hollywoodiane, funziona spesso come un giro sulle montagne russe, diventato negli anni sempre più breve. Molti sono i film che, considerati unicamente nel loro essere prodotti commerciali, vengono velocemente metabolizzati per scomparire dal circuito delle grandi sale a pochi mesi dal successo planetario.

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La stessa sorte è spesso toccata alle stesse attrazioni monotematiche ospitate nei parchi di divertimento sparsi per il mondo: una volta terminato il ciclo biologico del successo di un’opera, la giostra stessa viene prontamente sostituita in quella che sembra essere una bulimica corsa al rinnovo, spesso più di facciata che tecnologico.
Questo è il caso di The Gremlins Invasion, ospitato nei Warner Brothers Movie Worlds in Australia e in Germania fino agli anni 2000: dalla proiezione al caos, con i gremlins che correvano tra gli spettatori per spingerli ad una rocambolesca fuga dall’impeto distruttivo dei piccoli mostri a cui non bisognerebbe dare da mangiare dopo la mezzanotte.

Un esempio di parco di divertimento cinematografico che si distanza invece dai modelli canonici, adrenalinici ma sin troppo ridonanti, è quello di Futuroscope, aperto in Francia nel 1987 ed interamente dedicato all’incontro con le nuove tecnologie e all’interazione tra il visitatore e i nuovi media. Nessuna giostra tradizionale nella sua concretezza, ma cinema che propongono proiezioni in 3D ed esperienze in 4D, danze con i robot e avventure a 360 gradi realmente avveniristiche.

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Non priva di echi polemici, la vicenda stessa di Cinecittà è sintomatica di questa trasformazione con la sua nascita – nel luglio del 2014 – di Cinecittà World, meta turistica capace di catturare un pubblico non più unicamente cinefilo. Girando tra vie e piazze intitolate ai grandi nomi che hanno contribuito a tracciare la storia del cinema italiano, il pubblico può così visitare i set che hanno ospitato opere celebri o, più semplicemente, optare per le aree di divertimento del parco cinematografico vero e proprio, con attrazioni spesso ispirate al mondo della settima arte. Un esperimento che coniuga l’abilità di giocare con gusti e bisogni più popolari e l’utilizzo della maestria di artisti di rilievo, come simboleggiano le scenografie ideale e disegnate da Dante Ferretti.

Il cinema come esperienza da vivere nel buio della sala sembra sempre più destinato a rimanere un’abitudine riservata ad un pugno di cinefili.
Oltre alla pura visione, quello che si chiede è un’esperienza multisensoriale, sia che si tratti di puro entertainment per famiglie, sia di esperimenti interattivi legati all’audiovisivo e alle nuove tecnologie.

Il VR cinema di Amsterdam, primo cinema al mondo di realtà virtuale, ha origine esattamente in quest’ottica. Nessuna visione collettiva, nessun maxischermo: un’esperienza da vivere in solitaria all’interno del proprio caschetto e delle proprie cuffie, dove una metaforica cecità nei confronti di un’opera ancora splorare – le proiezioni, che durano 35 minuti, sono infatti sconosciute agli spettatori prima della visione – prende il posto del buio della sala tradizionale.

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Efteling: more than your usual fantasy-themed park

Gardaland in Italy, Disneyland in France, Tivoli Gardens in Denmark, Europa-Park in Germany, PortAventura World in Spain. What about the Netherlands? Well, of course the answer is Efteling, a great fantasy and fairytale-themed park that offers a different experience from any other European amusement park.

When it comes to amusement parks around Europe, one of the most unique fantasy-themed park to spring to mind is Efteling, an entertainment venue located in Kaatsheuvel, a Dutch village in the province of North Brabant. The facilities of the park cover approximately 275 hectares of a beautiful green area, and are integrated with the typically stunning Dutch nature. Historically speaking, this park was first developed to be used as sports grounds. Subsequently, in 1950, the mayor of Loon op Zand, Reiner van der Heijden, founded Efteling Nature Park Foundation with Peter Reijnders and Anton Peck. From that moment, Efteling never stopped evolving, always bringing innovative, entertaining, and appealing attractions to its visitors. Year by year new attractions were added, making the park more interesting and outlining the leitmotiv of fairytales and fantasy. It is important to note that the Fairytale Forest is the core of Efteling, and several depictions of fairy tale figures have been added since its opening in 1952.

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The Fairytale Tree

The exponential growth of Efteling started in the same year, and was always carried out with profound respect towards the surrounding nature. The enlargement of Efteling proceeded in 1992 with the opening of the four-star Efteling Hotel, and was followed by the addition of an eighteen-hole golf course in 1995, the inauguration of Efteling theatre in 2002 and the most recent opening of the Holiday village Bosrijk in 2009, subsequently enlarged in 2015. As previously mentioned, the building planning of Efteling has always taken into account the importance of nature and environment. As a matter of fact, only a small part of the green areas comprised by Efteling have been built upon, and a number of environmental foundations were consulted before building the golf park and the Holiday village. In terms of attractions, the list has been getting longer and longer since the opening in 1952, when the main attraction of the park was the Fairytale Forest. Today more than thirty different attractions make this fantasy-themed park a great place to visit to experience some serious fun. The most famous ones include Python, a fantastic double-loop roller coaster, Piraña, a stunning river rafting ride, the Steam Carousel, the Flying Dutchman and many more. The latest attractions to be incorporated were Baron 1898 in 2015 and Pinocchio, which opened this year. The former is an amazing dive coaster which reaches a speed of 90 km/h descending from the highest peak of 37.5 meters, highly advisable for adrenaline lovers, while the latter represents a great chance to discover in details the fairy tale of “Pinocchio” through three different sections composed of interactive elements.

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The roller coaster Baron 1898

On top of the different attractions offered, Efteling also organises other entertaining events to amaze its visitors. For example, from September 2016 the fairytale musical “Puss in Boots” will be available, in Dutch language only, to all the visitors during weekends and national holidays. Of course the secret of a fantasy-themed park that has more than 4 million visitors each year is to be always competitive and future-oriented to attract even more visitors. Moreover, the secret of its success is represented by the Fairytale Forest, emblem of the park, but also by the peculiar way to model and create big rides using fairytales and legends as source of inspiration.

A passage of Pinocchio
A passage of Pinocchio

Future projects for summer 2017 include the opening of the new dark ride Symbolica: Palace of Fantasy, which consists in an adventurous ride through the Palace of Fantasy, offering three different routes through magical and hidden rooms. Another important opening, expected as of mid-2017, is the new overnight accommodation placed on the border of the Loonsche Land district, which will offer Efteling visitors more overnight facilities to enjoy their stay plunged in the green. The 31st of May 2017 will be a very important date for Efteling, which will celebrate the sixty-fifth anniversary of its opening. The park represents a solid and dynamic reality among the amusement parks of Europe. Made unique by its fairytale theme, its main goal is to become more international and above all to welcome 5 million visitors per year by 2020. Efteling certainly knows how to give its visitors a great experience in the world of fairytales and fantasy: all the ingredients to reach their goal are already there, the rest is only a matter of time.

 

Cover Photo by Stefan Scheer (CCA-SA 3.0 Commons Wikimedia)

Giostre e giostrai: quando il proprio lavoro diventa uno stile di vita

Andare alle giostre in paese è sempre un momento magico per tutti. Musica dance a tutto volume, bancarelle che vendono ogni tipo di dolciume e gli immancabili autoscontri (ma anche il ‘’brucomela’’, se preferite) sono gli ingredienti principali per una fiera che si rispetti. E a completare il tutto non possono mancare loro, quelli che comunemente chiamiamo giostrai. Ma chi sono queste figure a tratti enigmatiche e talvolta un po’ stravaganti?

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“Esercenti viaggianti dello spettacolo” – è questo il termine corretto con cui chiamare i giostrai. Professione che affonda le sue radici nel medioevo e tradizionalmente legata al luna park, entrare a far parte di questo mondo è più difficile di quel che sembra. Come minimo bisogna provenire da una famiglia che svolge questa professione da diverse generazioni ed è  inoltre indispensabile possedere delle giostre proprie con apposita licenza. Ciò non è tanto scontato se consideriamo che quelle che costano meno partono da un minimo di 50-60 mila euro, fino ad arrivare a 600-700 mila euro ed oltre quando si tratta di attrazioni per adulti. Infine, per essere perfettamente in regola è obbligatoria l’iscrizione alla Camera di commercio.

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Il giostraio, per sua natura, è un mestiere itinerante e ciò comporta non pochi ostacoli. Di media gli spostamenti variano dalle venti- trenta volte l’anno in base al ‘’giro’’ creato, il tutto regolarizzato da un calendario che indica gli spostamenti delle varie carovane nelle specifiche piazze. Il continuo spostamento comporta anche il fatto che i ragazzi più piccoli sono costretti a frequentare scuole diverse di volta in volta, non restando più di qualche mese nella stessa classe. Da questo punto di vista esiste, fortunatamente, una legge che obbliga le scuole ad accogliere i figli di giostrai anche per brevi periodi, evitando almeno qualche spinoso problema burocratico alle famiglie.

Alla luce di tutto ciò il guadagno non sempre è soddisfacente. Con l’arrivo dell’estate e con l’inizio delle sagre e delle feste di paese la possibilità di fare affari aumenta notevolmente, tanto che è possibile, in certi casi, supplire periodi in cui le entrate scarseggiano. Tuttavia, la crisi economica degli ultimi anni ha colpito anche questo settore: le famiglie non sono più tanto inclini a portare i figli alle giostre poiché considerata una spesa superflua. Ecco allora che anche gli esercenti viaggianti dello spettacolo devono affinare le loro tecniche di marketing per tornare più competitivi sul mercato, come una vera e propria impresa. Anche perché le spese ci sono e non sono poche. La sicurezza degli impianti, che in questo campo è fondamentale, e i costi per l’occupazione del suolo pubblico, sono le più importanti.

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È dura, veramente dura. Gli spostamenti, le burocrazie e talvolta anche qualche pregiudizio sono all’ordine del giorno. È un mondo a cui devi dare molto, ma che ti restituisce altrettanto: la felicità delle persone, infatti, è forse il guadagno più gradito per chi ha scelto di dedicare la propria vita a questa professione.

Reg. Tribunale di Bergamo n. 2 del 8-03-2016
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