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Lisa Corti, i colori che uniscono Africa, India ed Europa

mercato Asmara
Mercato di Asmara

La moda è da sempre un linguaggio di comunicazione, una traccia di passaggio, uno strumento d’influenza interculturale. La commistione di tendenze nella storia è stata tanta che è complicato stabilire l’origine di un determinato stile e ancor di più valutare se sia stata maggiore l’influenza del “costume occidentale” su quello orientale o viceversa. Ecco perché oggi parleremo di chi ha saputo cucire l’Occidente e l’Oriente, miscelandone i colori; parleremo di chi dall’Est ha ricevuto molto e ha saputo ripagarlo adeguatamente. Questa è la storia della stilista Lisa Corti.
La sua vicenda comincia ad Asmara, dove Lisa vive fino all’età di 19 anni immersa tra i colori degli agrumeti, del mercato di Keren e delle variopinte decorazioni delle donne africane. Un tripudio di pigmenti che la ragazza bianca saprà rubare e ritrovare molti anni più tardi in un altro continente.

È il 1976 e la stilista, ormai madre, dopo diverse esperienze lavorative nel campo della moda compiute in Italia, fa il suo primo viaggio in India. Spostandosi a est del mondo, Lisa ritrova una realtà diversa e affine a quella africana fatta di ornamenti, di luci e colori.

È solo il primo dei tanti pellegrinaggi compiuti dalla stilista milanese nel territorio indiano. Ne seguiranno altri, una serie di cuciture che fissano il legame misterioso tra continenti lontani, la saturazione di un’antica ferita aperta, quasi la ricerca di un unicum stilistico, il filo di Arianna capace di collegare territori ed etnie un tempo unite e oggi così  lontane. La ricerca di Lisa Corti si trasforma nello studio approfondito della cultura locale: dall’analisi di tessuti come mussola, malmal, lana, seta, stoffa zari, bandhani, khadi, chintz, calicò, alla riscoperta di tecniche produttive che la stilista applica immutate nei secoli, come la stampa dei tessuti a blocchi scolpiti, la tessitura con telai tradizionali o le arcaiche tecniche di colorazione e finitura.

Da questo simposio nascono prodotti che vanno dai mandala, tappeti di preghiera e riposo, ai divani, dagli arazzi variopinti ai cuscini Maharaja, dai letti a baldacchino all’abbigliamento. Una gamma di creazioni capace di tradursi in un’estasi continua di colori e bellezza che pervade ogni aspetto del quotidiano, nel tentativo di riprodurre nel concreto habitat occidentale la bellezza luminosa dello scenario indiano.
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Lisa Corti riesce così a creare un rapporto di reciprocità col continente indiano: qui i suoi prodotti vengono realizzati da artigiani che seguono i progetti e disegni realizzati precedentemente in Italia. Nel 2005 inizia il progetto dell’Home Textile Emporium: un ex convento del XVII secolo oggi è sia negozio che factory creativa, luogo suggestivo dove nascono e si realizzano le nuove collezioni; l’architettura stessa, con i suoi imponenti muri, gli archi a tutto sesto e i capitelli corinzi nel contempo fa da culla e contrasta con le soffici stoffe e gli arredi di stampo orientale e coloniale. Un mix perfetto tra Occidente e influenze indiane e africane.

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Ancora una volta, il mistero si rinnova e va oltre la semplice contaminazione e unisce elementi talmente diversi da sembrare perfettamente assimilabili. Con le sue creazioni, Lisa Corti ci parla non tanto di influenze di una cultura sull’altra, ma della dilatazione della cultura per trovare degli embrioni figli di un’altra terra. Lisa ci ha insegnato che un colore può incontrarne un altro e amalgamarsi senza sovrastarlo; ci ha insegnato che nella moda non si può parlare di “dominio” ma di “condivisione”.

La ragazza indossava Dior

Quella del fumetto è un’arte versatile e variegata come la fantasia e la creatività da cui scaturisce e questo gli ha permesso di raggiungere ogni tipo di pubblico e incontrare i gusti e gli interessi più svariati.  In questa rubrica, proverò a dare spazio a vari tipi di graphic novel, dalle più moderne ai “classiconi”, dalle storie indipendenti alle saghe intramontabili. Ho deciso di inaugurare questa rubrica con una graphic novel di quelle un po’ insolite, che in un’ipotetica suddivisione in gruppi starebbe in quello dei “particolari”, sia per stile che per tema.

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In La ragazza indossava Dior Anne Goetzinger, famosa disegnatrice francese con una prolifica bibliografia per lo più incentrata su temi storici, racconta la storia, in parte romanzata, degli anni cruciali della vita dello stilista Christian Dior, dall’apertura della Maison al numero 30 di Avenue Montaigne  alla consacrazione all’Olimpo degli stilisti.  Veniamo quindi a sapere che la carriera di uno dei più grandi stilisti di sempre è durata in tutto dieci anni, dal 1947 al 1957, anno della sua dipartita. Con un tratto delicato ed elegante e raffinati colori pastello, la Goetzinger porta il lettore all’interno della Maison, presentando tutte le collaboratrici e il Principale, il signor Dior, attraverso gli occhi della protagonista, la giovane Clara Nohant, che per una serie di (s)fortunati eventi, si ritrova a fare l’indossatrice per la casa di moda e in breve tempo diventa la beniamina dello stilista.

La storia è breve, leggera, lineare e a parere di chi scrive, forse poco incisiva. Quello che affascina di questo fumetto è il tratto meravigliosamente fine e la sensazione che regala al lettore: quella di essere lo spettatore privilegiato dell’esclusivo spettacolo della Maison, ora davanti alle quinte seduti accanto a dive come Marlene Dietrich e Rita Hayworth che assistono alla prima sfilata, ora dietro le quinte con la gentile Clara. Realtà storica e fantasia si intrecciano in questa graphic novel, in cui ogni nuova tavola passa e scivola via con la leggerezza di un velo di seta e che si legge in fretta ma con piacere, in tuffo veloce nella pura eleganza del New Look del grande stilista.

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Per chi

Per tutti gli appassionati di moda ma anche per chi ama la Storia e i racconti verosimili

 

La chicca

Le appendici in coda al volume: una cronologia della vita di Christian Dior, il nome delle collezioni dei primi dieci anni, le biografie dell’entourage di Dior, i principali mestieri nel campo della moda, i nomi dei tessuti più importanti e le loro caratteristiche, gli accessori e un’interessante bibliografia su Dior.

Il cartonato della copertina e la carta sono un piacere per il tatto e la vista e si intonano all’eleganza generale del fumetto.

 

La falange oplitica del selfie – il fascino conformista del plastico arnese

La falange oplitica del selfie …e se il braccio-selfie incarnasse tante caratteristiche di questo nostro tempo?

La brama d’apparire unita a quella di condividere, in primis: una situazione non val la pena d’essere vissuta se non può essere mostrata.

Ci mette lo zampino anche l’individualismo di chi s’attrezza per far tutto da solo. Un malsano impeto consumista, poi, alimenta il fuoco della novità: la mania travolge non a caso le arene – loro malgrado – del consumo, come la Venezia pasquale oggetto della gallery.

Giovani e anziani, singoli gruppi e famiglie, italiani e non, uomini e donne: nessuna categoria pare rimanere indenne dal fascino conformista del plastico arnese del momento. Una sorta di falange oplitica di nuovo millennio, con i bracci-selfie (selfie-stick) a sostituire le sarisse.

Dimmi come (ti) fotografi e ti dirò di che epoca sei.

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