Tag: Non una di meno

L’orgoglio delle differenze

Avete mai partecipato a un Pride?

Ricordo il mio primo Pride, ero a Genova ed era il 2009. Ricordo che, raggiunto il concentramento, mi trovai circondata da migliaia di volti e di corpi. Vidi Don Andrea Gallo a bordo del carro della sua comunità di San Benedetto al Porto, attorniato da tutte le sue magnifiche trans salvate dalla strada. Ricordo l’abbondanza e i colori di alcune di loro, la trattenuta semplicità ed eleganza di altre. Per la prima volta realizzai di trovarmi in mezzo alla differenza, alle differenze.

Solo camminando fianco a fianco di queste persone ho capito negli anni quanto un Pride possa effettivamente educare alle differenze, insegnandoti ad apprezzarle e a farle diventare parte di te. Condividere i propri passi con emeriti/e sconosciuti/e che camminano al tuo fianco per i tuoi stessi motivi è qualcosa di altamente formativo, che non impari sui libri di scuola. Il Pride è la celebrazione stessa delle differenze, una manifestazione che accoglie ogni identità e sospende il giudizio, perché è casa di tutti/e.

Lo striscione “Educare alle differenze” durante il corteo di RompiamoIlSilenzio Bergamo (foto di RompiamoIlSilenzio, Tutti i Diritti Riservati).

Ho sempre ritenuto che i miei genitori fossero delle persone progressiste e sufficientemente flessibili. Eppure quando si parlava di Pride non perdevano mai l’occasione di definirlo una buffonata, un carnevale osceno che danneggiava soltanto l’immagine delle persone LGBTQI. Per anni ho provato a convincerli del contrario, cercando di mostrargli un’altra realtà, non certo quella trasmessa dalla televisione. Eppure il loro pensiero è cambiato soltanto l’anno scorso in occasione del primo Bergamo Pride. Condividendo con loro le gioie e le frustrazioni dell’organizzazione della manifestazione, hanno iniziato a rendersi conto che il Pride era qualcosa di più. Finché, con mia grande commozione e sorpresa, non sono scesi in piazza lo scorso 19 maggio, altrettanto commossi. Era il loro primo Pride ed erano orgogliosi di me, di quello che avevo contribuito a realizzare. E così molti altri genitori, fratelli e sorelle, amici e parenti, colleghi/e e compagni/e di scuola dei miei amici e delle mie amiche attivisti/e. Ricordo che l’intera famiglia di Stefano, amico attivista, camminò al nostro fianco, accompagnandolo con emozione.

Sono convinta che i miei genitori, come la famiglia di Stefano e molte altre persone, siano tornati a casa con qualcosa in più, una ricchezza mai sperimentata prima. Qualcosa che va oltre ai pregiudizi e si trasforma in esperienza diretta del mondo LGBTQI.

Manifestanti con il volto coperto per protesta durante il corteo di RompiamoIlSilenzio Bergamo (foto di RompiamoIlSilenzio, Tutti i Diritti Riservati).

Ma l’educazione alle differenze ha assunto anche un ruolo più istituzionale nell’ambito di Bergamo Pride 2018, quando abbiamo organizzato un convegno proprio su questo tema. Abbiamo coinvolto il forum nazionale di Educare alle differenze, l’associazione culturale Immaginare Orlando e altre realtà territoriali che si occupano di educazione alle differenze per condividere buone prassi e esperienze. Da questo incontro è emersa la necessità, da parte di formatori/trici, studenti e docenti, di trattare l’inclusione e la prevenzione del bullismo attraverso l’intervento nelle scuole, reso però sempre più difficoltoso dai sostenitori dello spauracchio “gender”.

Educare al rispetto delle persone, al superamento dei pregiudizi di genere, alla inclusività, all’anti-razzismo e alla non-discriminazione viene infatti strumentalmente letto da qualcuno come “un incentivo al transessualismo” – come se la transessualità si potesse insegnare o trasmettere! -, come ci ricorda il recente attacco mediatico da parte di due parlamentari leghisti al progetto di educazione alle differenze portato avanti da Immaginare Orlando e dalla Cooperativa Impresa Sociale HG80 in collaborazione con il Comune di Bergamo.

Pregiudizi come questi, che diventano sempre più istituzionalizzati, non fanno altro che ostacolare il raggiungimento della piena consapevolezza e del rispetto di sé e dell’altro/a. Così facendo, proprio le famiglie che si vorrebbero “proteggere” vengono lasciate sempre più sole ad affrontare i bisogni dei loro figli e delle loro figlie, lasciati/e in balia della convinzione che se sei femmina certe cose non le puoi fare perché sono ad appannaggio esclusivamente maschile e viceversa, o che sia giusto nascondere e negare la tua omosessualità o il tuo transgenderismo  perché è qualcosa di cui ti devi vergognare. O, ancora, che sia giusto molestare o stuprare una donna perché indossa una minigonna. O picchiarla fino a farla abortire perché sono un compagno o un marito geloso

Lo striscione di Non Una Di Meno durante la manifestazione di Bergamo Pride 2018 (foto di Bergamo Pride, Tutti i Diritti Riservati).

Bergamo Pride 2019 – Orgoglio oltre le mura continuerà il percorso di educazione alle differenze avviato l’anno scorso, proponendosi come punto di riferimento per la libera espressione di identità e diversità. Il corteo finale del 18 maggio si costituirà infatti come spazio sicuro entro il quale poter manifestare liberamente chi siamo ed entrare in contatto con la cittadinanza.

A questo proposito, organizzeremo in collaborazione con il Cinema Capitol la proiezione di Boy Erased, prevista per il 14 marzo, film basato sulla storia vera di Garrard Conley, diciannovenne costretto dai genitori a seguire una terapia di conversione dall’omosessualità dopo aver fatto coming-out.

Il comitato aderirà e parteciperà inoltre alla manifestazione contro la violenza di genere indetta da Non una di meno che si terrà a Bergamo l’8 marzo e proseguirà il proprio lavoro di ricerca nell’ambito della due giorni letteraria in programma per aprile, occasione in cui ci confronteremo con autori, autrici, attori, attrici e attiviste sul tema delle differenze.

Sono donna perché…

Come dicevamo, “Non una di meno” è un movimento femminista inclusivo, aperto a qualsiasi tipologia di genere e orientamento sessuale al fine di poter accogliere e dar risonanza a tutte le minoranze. “Non una di meno” ama definirsi un insieme variegato di forme e di vita, una globalità entro la quale potersi raccontare e porsi domande in merito alle diversità che caratterizzano le società di oggi.

In tanta varietà, anche le antiche definizioni di genere, principalmente basate sui binari del femmina/maschio e dell’eterosessualità, si trovano di fronte alla necessità di interrogarsi e, nella migliore delle ipotesi, di mettersi in gioco. Lo scorso 8 marzo, data per eccellenza dedicata alla donna, tra le strade di tutto il mondo hanno manifestato non solo donne cisgender (come il mondo LGBTQI definisce tutti coloro che si riconoscono nel proprio genere e orientamento sessuale), ma anche lesbiche, bisessuali, transgender, queer e intersessuali. Sembra dunque che il genere femminile e il concetto stesso di femminilità sentano il bisogno di uscire dai vecchi sistemi per potersi esprimere liberamente, straripare dagli argini senza timore di critica. Nulla più di una donna che attende e si aspetta di poter migliorare solo grazie a una relazione può farmi arrabbiare, come allo stesso tempo mi fa uscire dai gangheri un uomo che debba per forza mostrare la propria virilità con la forza e prepotenza.

Con questo fotoreportage mi sono dunque chiesta, e sono andata in giro chiedendo, cosa significhi essere donna oggigiorno, cercando le innumerevoli sfumature femminili che circondano la nostra quotidianità e che dovremmo imparare ad osservare. Con il fine di saperci accettare: «When you accept us, you accept yourself» ha dichiarato la grintosa Leyna Bloom, modella transessuale americana.

Sono donna perché… posso dar vita al futuro:

 

Sono donna perché… so prendermi cura di una casa e delle persone che la abitano:

Sono donna perché… piango:

 

Sono donna perché… sono accoglienza e passione:

 

Sono donna perché… ho un soffitto di vetro sopra la testa e non sono ancora riuscita ad abbatterlo:

 

Pur non avendo una vagina, non per questo sono meno donna.

Affermazione di Antonia Monopoli, attivista e Responsabile dello Sportello Trans presso l’associazione ALA Milano Onlus:

Scioperare a Bergamo. Storia de #LottoMarzo e #nonunadimeno

Quest’anno una marea nera e fucsia si è riversata nelle strade di tutta Italia durante la giornata dedicata alla Donna. L’8 marzo, una festa solitamente caratterizzata dalle gialle mimose, diventa nel 2017 lo Sciopero generale delle Donne al grido di “Non una di meno”, neonato movimento femminista che si prefigge la denuncia della violenza di genere in tutte le sue forme. In Italia troppo spesso la violenza sulle donne viene considerata un’emergenza, mentre in verità è una problematica di tutti i giorni. Lavorando a un piano femminista contro tali violenze, il movimento rimarca il rifiuto dell’oppressione, dello sfruttamento, del sessismo, del razzismo, e della omo e transfobia attraverso uno sciopero di 24 ore al quale hanno aderito i sindacati minori. Online esiste inoltre un manifesto chiaro e conciso in 8 punti sul perché dello sciopero.

 

 

Numerose iniziative si sono svolte in tutta la penisola. Tantissime persone (non solo donne!) hanno manifestato nelle principali città italiane con cortei, assemblee nelle piazze, nelle scuole, nelle università, negli ospedali per dimostrare come la violenza machista contro le donne sia una questione sociale e culturale, radicata nella nostra quotidianità.

«Il maschio violento non è malato,

è figlio sano del patriarcato».

Attenzione però, l’aggettivo “machista” non è una scelta casuale: con machista si vuole indicare tutte quelle azioni perpetrate sia da uomini che da donne nei confronti di un’altra persona. Non è nuova la presenza del machismo proprio all’interno dei movimenti femministi, donne che puntano il dito verso altre ad esempio per una gonna troppo corta o un seno troppo in vista. L’accusa del sessismo all’interno dei movimenti è invece uno degli 8 essenziali punti di “Non Una di Meno”:

«Gli episodi di violenza e sessismo dentro ai movimenti, agli spazi autogestiti e occupati non sono un’eccezione ma la conseguenza di quotidiane asimmetrie e gerarchie di potere e di divisione binaria dei ruoli all’interno degli spazi sociali».

Il respiro internazionale è un altro punto di forza di questa manifestazione: 48 paesi hanno difatti aderito allo Sciopero di ieri, tutti e quarantotto denunciando violenze e soprusi di genere. “Non una di meno” non è solo una Rete che riunisce collettivi e associazioni in tutta Italia, ma altresì un movimento nato in Argentina nel 2015 e rafforzatosi a novembre 2016 a seguito della morte della sedicenne Lucia Perez, seviziata, stuprata, uccisa e impalata da un gruppo di uomini. Dall’America Latina, il movimento ha attraversato l’oceano per giungere in Europa. “Non una di meno” si è formata a Roma grazie alla rete Io decido, l’associazione Dire (Donne in Rete contro la violenza) e UDI (Unione Donne in Italia). Da pochi mesi, il movimento è arrivato sino nella mia città natale, Bergamo, dove proprio ieri sera si è svolta la camminata notturna per le vie del centro cittadino, con l’obiettivo di riprendersi la libertà di vivere le strade la sera, senza molestie né paura. Ho dunque partecipato alla manifestazione per testimoniare questo nuovo sussulto femminista e documentarlo in foto, sperando di trasmettere nelle immagini il vento di affermazione di una città, e un’Italia, che vuole far ritornare l’8 marzo una giornata di valore politico e sociale. Ieri a Bergamo eravamo quasi 4 mila.

 

Tuttavia “Non una di meno” non si fermerà l’8 marzo. Le problematiche di genere denunciate ieri sono tutte raccolte nel Piano antiviolenza, che mette in atto non solo soluzioni, ma anche e soprattutto prevenzioni di questa veemenza strutturata nella nostra cultura e società.

 

Reg. Tribunale di Bergamo n. 2 del 8-03-2016
©2014 Pequod - Admin - by Progetti Astratti