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Il sistema dell’accoglienza in Italia spiegato da un’esperta

L’approvazione del Decreto Salvini su immigrazione e sicurezza avvenuta il 5 ottobre scorso ha riportato in auge il tema dell’accoglienza (mai scomparso del tutto) all’interno del dibattito politico italiano. La nuova legge ha confuso un po’ le cose, tanto che se si vuole affrontare come funziona il sistema dell’accoglienza in Italia, bisogna fare una distinzione tra un pre-Decreto ed un post-Decreto. Per fare un po’ di chiarezza ho intervistato Alessandra Governa, operatrice legale all’interno di un ente SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati).

«In questo momento lavoro in uno SPRAR come operatrice legale- spiega Alessandra – e sono specializzata in protezione internazionale». Essere un’operatrice legale all’interno di questi centri vuol dire principalmente orientare dal punto di vista legislativo e burocratico gli ospiti che ne abbiano la necessità. «Per diventare operatrice legale ho fatto un corso promosso dall’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) – mi dice Alessandra – che dal punto di vista della formazione è stato ottimo». Alessandra è stata anche a Ventimiglia come attivista del Progetto 20k, dove ha fornito assistenza legale alle persone che oltrepassavano la frontiera. Inoltre, ha lavorato per un certo periodo di tempo a Lampedusa: «Sull’isola ho fatto la volontaria per un’organizzazione umanitaria e devo dire che è stata un’esperienza che mi ha aiutato tantissimo a crescere nel campo dell’accoglienza ai migranti».

Ma cos’è, esattamente, uno SPRAR? A rispondere è sempre Alessandra: «Uno SPRAR è un centro di accoglienza in cui possono risiedere le persone che in genere hanno già ottenuto un certo tipo di protezione internazionale (anche se non è l’unico caso) per un periodo di sei mesi, fino a quando non viene ultimato il loro percorso di inclusione socio-lavorativa. La caratteristica principale degli SPRAR è quella di avere come primi attori i comuni, i quali danno in co-gestione alle organizzazioni umanitarie le abitazioni che accoglieranno i migranti». Parallelamente agli SPRAR, ci sono i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), i quali «non hanno i comuni come attori principali nella gestione, ma sono strutture private direttamente in contatto con la prefettura». CAS e SPRAR, però, sono le destinazioni finali di un percorso che inizia ben prima: «Le persone che arrivano in modo irregolare tramite la rotta balcanica o via mare, dopo aver richiesto asilo, vengono collocati in centri governativi, come gli hotspot dove avvengono i primi soccorsi medici e le prime identificazioni. Qui, i migranti possono formalizzare la domanda di protezione per poi essere trasferiti, a seconda delle necessità, nei centri di prima e seconda accoglienza, ovvero nei CAS o negli SPRAR».

Bisogna però specificare che attualmente, i CAS non offrono strutture adeguate per accogliere persone che provengono da un lungo viaggio come può essere quello dei migranti. I problemi igienico-sanitari ed il sovraffollamento sono più che comuni ed hanno già provocato numerose proteste, tuttavia, una vera soluzione non è ancora stata trovata.

Con il Decreto Salvini è stata inasprita principalmente la legislazione in materia di espulsione: nei CPR (Centri Per il Rimpatrio), infatti, rispetto a prima possono essere portate molte più persone che non necessariamente hanno ottenuto un decreto di espulsione. Inoltre, sempre per effetto del Decreto Salvini, è stato chiesto ai CAS di allontanare le persone con protezione umanitaria, in quanto sarebbero cessati i finanziamenti governativi atti ad aiutare questa categoria di migranti. Agli SPRAR invece: «Viene detto di ricevere solo le persone con protezione sussidiaria (protezione concessa a chi, pur non avendo una protezione internazionale e quindi lo status di rifugiato, fugge dal proprio Paese a causa di ogni tipo di persecuzione ndr) o i richiedenti asilo, ma non coloro in possesso di protezione umanitaria (concessa a chi non ha lo status di rifugiato, ma fugge per motivi umanitari come le guerre o i disastri naturali). Tuttavia, a questi centri di accoglienza viene data la possibilità di accogliere persone con altri tipi di permessi non attinenti alla protezione internazionale», mi spiega Alessandra che aggiunge: «Agli SPRAR è stato però concesso di continuare ad ospitare quelle persone che erano entrati con un permesso di protezione umanitaria prima del 5 ottobre, fino alla conclusione dei sei mesi». Ne consegue che gli SPRAR ed i CAS riceveranno molte meno persone e, in poco tempo, saranno portati a svuotarsi. Ciò va in una direzione completamente contraria rispetto all’idea di integrazione che c’è alla base dei CAS e degli SPRAR: la retorica salviniana, infatti, è incentrata sul potenziamento delle espulsioni e dei rimpatri, cosa che, per quanto la si possa sbandierare, è più facile a dirsi che a farsi.

È difficile immaginare, ora, come si evolveranno le cose, perché il decreto Salvini ha apportato dei cambiamenti significativi, ma, come conclude Alessandra: «sicuramente ci sarà un periodo di transizione per adattare ogni specificità alla normativa vigente. Alla fine, però, l’unica certezza è che le cose cambieranno: non è detto che ciò che c’era prima del 5 ottobre venga stravolto del tutto, ma non è neanche detto che rimanga invariato».

Propagazione di bellezza per sconfiggere logori sistemi

Propagazione nasce nell’ottobre 2017 e rientra nel progetto del Bandito dei Banditi, una sorta di bando che va a supportare nuovi progetti condivisi e nuove idee da realizzare, all’interno del centro sociale autogestito Pacì Paciana. Ho parlato con Francesco, una delle menti di Propagazione, in procinto di laurearsi in media design e arte multimediale in: «un collettivo, una sorta di laboratorio di comunicazione che comprende la grafica, la serigrafia e sperimentazioni di vario genere: l’idea è proprio quella di conoscere i vecchi modi di comunicare per costruirne di nuovi. Non necessariamente i progetti che realizziamo rimangono ancorati alle attività del centro sociale e non solo legate a tutta la sfera politica. Comprendono, per esempio, aziende o piccole attività no profit, associazioni, ecc.. Comunicazione etica è quello che vogliamo fare, mantenendo di base messaggi di antifascismo, quindi antirazzismo, antisessismo e anticapitalismo». Uno dei motivi più forti che lo spinsero a creare questo laboratorio di comunicazione è il fatto che, essendo parte di un movimento schierato politicamente, Francesco si rese conto della necessità di rinnovare i linguaggi comunicativi, su tutti i punti di vista.

«La grande ispirazione che ho avuto è stata data da Ferro Piludu, graphic designer anarchico: colui che progettò la “A” di Anarchia tipografica e mise insieme, nel periodo degli anni di piombo, un gruppo di creativi che si occupavano specificatamente di progettare una grafica e una comunicazione che fosse densa di contenuti e iper-leggibile. Prima di lui, la scuola del Bauhaus costruita su basi socialiste della cultura, della conoscenza delle arti in generale, ma anche molto della grafica che hanno costruito le basi di quella che è la comunicazione oggi e di tutte le tecniche di comunicazione di cui adesso siamo circondati e abituati a vedere».

Il lavoro del “comunicatore” è molto pensante e richiede molte ore, sia di progettazione sia di elaborazione del prodotto. Spesso e volentieri capita che si debba chiedere un compenso, che sicuramente non è paragonabile a quelli del mercato di una grande azienda né tanto meno al favore chiesto da un amico. Un servizio popolare che tenta di essere professionale è quello che spera di essere Propagazione.

Continua Francesco: «Il gruppo al momento è composto da un numero variabile di partecipanti: dalle cinque alle dieci persone, questo in base alle attività che svolgiamo, ognuno ci mette il tempo che vuole. Per la maggior parte sono studenti con competenze di vario genere. Dal punto di vista tecnico il gruppo non è ancora in grado di elaborare progetti che abbiano un impegno superiore al corto/medio termine; c’è bisogno di tanto tempo, non ci sono ancora abbastanza energie per poterlo fare». Non ci sono professionisti né persone politicamente formate. Partecipanti totalmente estranei a questo tipo di ambiente, con Propagazione, trovano il luogo dove migliorare i propri linguaggi, apprendere qualità nuove dando una grossa spinta alle potenzialità di ognuno.

Ho chiesto a Francesco di spiegarmi come si può fare politica con le immagini: «La vera risposta a questa domanda è “Come si fa a non farlo?!” Purtroppo, siamo arrivati a un periodo in cui la comunicazione visiva e verbale è talmente invasiva che riuscire a far passare messaggi complicati, come quelli politici, ti mette di fronte a delle difficoltà non indifferenti. Esse hanno a che fare molto con la creatività, la capacità di sintesi e la costruzione del messaggio. Per esempio, una campagna politica è composta da varie fasi, ciò significa che si ha a che fare con una storia da raccontare che al suo interno ha dei contenuti. Per narrarli, ogni singolo passaggio deve essere costruito per fare in modo che passi esattamente uno specifico messaggio. Penso che Propagazione sia politica anche quando organizziamo corsi gratuiti di grafica o quando produciamo poster per mobilitazioni. È un gruppo aperto a tutti coloro che abbiano voglia di fare in questo senso, a prescindere dal colore, dalle preferenze sessuali e dal loro grado di professionalità. Per quanto mi riguarda potrebbe venirci anche un bambino e anche il suo contributo sarebbe prezioso. Portare questo tipo di dinamiche all’interno della società fa in modo che si crei un’alternativa virtuosa che secondo me è l’unico modo sensato per fare politica oggi».

L’opposto di Propagazione? È lo standard. Parliamo di CasaPound: «È un’organizzazione che a livello grafico ha delle locandine, loghi ,immagini coordinate di alta qualità. Questo perché alle spalle hanno un’agenzia, pagata fior di soldi, che si occupa della comunicazione del partito». Continua Francesco: «uno dei grandi motivi per cui la Lega di Salvini ha vinto, è proprio perché hanno puntato tutto su un discorso di costruzione comunicativa di un certo tipo. Non è grafica ma è progettazione di comunicazione, di social network, di costruzione del consenso e di propaganda. Salvini non ha mai iniziato a fare politica, ha puntato tutto sulla propaganda populista.

Combattere questi meccanismi è difficile ma penso che l’unico modo per poterli sconfiggere è con la bellezza, che non è semplicemente l’oggetto d’arte ma lo stesso oggetto d’arte costruito su un contenuto specifico, un messaggio che sia esattamente all’opposto.

Propagazione vuole costruire con la creatività un messaggio che combatte un messaggio di standardizzazione, omologazione e convincimento delle masse. A me non interessa convincere le masse: a me interessa mostrare alla società, alle persone che ho attorno che con la creatività, con il mettersi in gioco è possibile costruire una società migliore.

Dare l’opportunità alle persone di avere a che fare con creatività, conoscenza e coscienza politica, secondo me è il grimaldello per poter scoperchiare questa macchina di propaganda».

Immigrazione: la sfida politica del nuovo millennio

La grande agitazione sulle politiche di immigrazione vissuta in Italia negli ultimi anni e gli accesi scontri fra le varie parti politiche rivelano le difficoltà di una Nazione nel gestire uno degli effetti più dirompenti della fenomeno globalizzazione. L’Italia si è trovata a gestire il passaggio da Paese di emigrati a Paese di immigrazione in pochi decenni, fino a giungere ad essere uno degli Stati maggiormente interessati dai flussi migratori con un numero di immigrati, contando i soli soggetti regolari, che oggi supera i 5 milioni di individui. Il rischio di una transizione così veloce ma mal gestita porta ad una chiusura del Paese verso questo fenomeno e, di conseguenza, ad una drastica restrizione dei diritti dei migranti, e le leggi prodotte negli ultimi 20 anni ne sono la prova.

La legge n. 40/1998, la cosiddetta legge Turco-Napolitano, fu la prima legge sull’immigrazione italiana di carattere generale non approvata in circostanze emergenziali. La connotazione principale fu la definizione della programmazione dei flussi migratori integrata alla politica estera nazionale tramite un sistema di quote privilegiate a favore dei Paesi che collaboravano al rimpatrio di immigrati espulsi dall’Italia. Un suo grandissimo merito fu certamente l’introduzione nel sistema normativo italiano del Testo Unico sull’immigrazione, più volte modificato, il quale concentrava al suo interno tutte le norme nazionali riguardanti questo settore, contribuendo a semplificare e rendere più snella ed ordinata la normativa italiana in materia. La legge Turco-Napolitano operò sia in ottica di un’integrazione degli immigrati (tramite la previsione dell’ingresso per ricerca di lavoro, la carta di soggiorno per stabilizzare i residenti di lungo periodo e l’estensione delle cure sanitarie di base anche agli immigrati clandestini), sia potenziando le politiche di controllo ed espulsione, necessarie per i bisogni nazionali. Vennero così aumentati i casi nei quali l’irregolare espulso poteva essere passibile di accompagnamento alla frontiera e vennero previsti i Centri di Permanenza Temporanea ed assistenza (CPT) per trattenere ed identificare gli immigrati ed eventualmente espellerli.

La manifestazione contro i CPT e la legge Bossi-Fini in occasione dello sciopero dei migranti a Bologna nel 2010 (© Gabriele Pasceri / CC BY-NC-SA 2.0).

Negli anni successivi l’immigrazione crebbe ulteriormente anche per effetto dell’ingresso di nuovi Stati nell’Unione Europea e di conseguenza aumentò anche il numero degli aventi diritto al transito ed al soggiorno in Italia, che resero ancora più infuocato il dibattito politico su queste tematiche. Questa stagione venne inaugurata dalla legge n. 189/2002, la cosiddetta legge Bossi-Fini, la quale modificava in modo rilevante la Turco – Napolitano in senso restrittivo per i cittadini extracomunitari interessati ad immigrare in Italia. La nuova legge da un lato inasprì i controlli su chi già risiedeva in Italia, accorciando da 3 a 2 anni la durata dei permessi di soggiorno, introducendo la rilevazione delle impronte per tutti gli stranieri ed il reato di permanenza clandestina; dall’altro intervenne anche sulle nuove entrate, creando una procedura unica, basata sul contratto di soggiorno, la quale rendeva molto più difficile per il cittadino extracomunitario venire a lavorare legalmente in Italia. Questa legge fu però accompagnata da una gigantesca sanatoria, la più massiccia della storia europea, che coinvolse oltre 650.000 individui.

L’avvento di un nuovo governo di centrodestra, nel 2008, portò a un ulteriore irrigidimento della normativa tramite il cosiddetto “pacchetto sicurezza”, varato dall’allora ministro Maroni, il quale introduceva nuove fattispecie di reato per gli immigrati e l’espulsione per cittadini UE o extracomunitari condannati alla reclusione superiore ai 2 anni. La legge poi prevedeva per la prima volta il reato di ingresso e soggiorno illegale, nonché un ulteriore allungamento dei tempi massimi di trattenimento (fino a 6 mesi) nei CPT, ora ribattezzati CIE, Centri di identificazione ed espulsione.
Tale impostazione, la più restrittiva mai vista in Italia, venne parzialmente mitigata dalla successiva attuazione delle direttive europee, tra tutte, la cosiddetta “
direttiva rimpatri” del 2008, che disciplinava le norme e le procedure di rimpatrio di cittadini irregolari di Paesi terzi col fine di creare una politica di rimpatrio comune degli Stati membri, umana e rispettosa dei diritti fondamentali, coordinando le legislazioni dei vari Paesi UE.
In seguito, la legge n. 46/2017 , accelerò i procedimenti in materia di protezione internazionale, istituendo 26 Corti specializzate in materia di immigrazione e prevedendo procedure più snelle per il riconoscimento della protezione internazionale e dell’espulsione degli irregolari, basate sui colloqui con le Commissioni Territoriali.

Rifugiati siriani e iracheni provenienti dalla Turchia vengono aiutati a sbarcare sull’isola greca di Lesbo dai membri della ONG spagnola “Proactiva Open Arms” nell’ottobre 2015 (© Ggia / Wikipedia / CC BY-SA 4.0).

Da ultimo, l’avvio del nuovo Governo Conte si è caratterizzato, nelle prime settimane, da azioni energiche ad opera del neo ministro degli Interni Salvini, come quella di chiudere i porti alle navi delle O.N.G. che svolgevano attività di soccorso in mare dei migranti naufraghi. Le dichiarazioni che hanno accompagnato tali provvedimenti hanno poi incentivato notevolmente il sentimento di xenofobia e odio etnico già percepibile nel paese. Andando oltre queste azioni eclatanti da campagna elettorale, è il caso di soffermarsi piuttosto sui dieci punti portati dal premier al vertice di Bruxelles lo scorso 24 giugno:

  1. Intensificare accordi e rapporti tra Unione europea e Paesi terzi da cui partono o transitano i migranti.
  2. Istituire Centri di protezione internazionale nei Paesi di transito per valutare richieste di asilo e offrire assistenza giuridica ai migranti, anche al fine di rimpatri volontari.
  3. Rafforzare le frontiere esterne.
  4. Superare il Regolamento di Dublino, secondo cui una domanda di asilo dovrebbe essere lavorata da un solo Stato membro
  5. Superare il criterio del Paese di primo arrivo: chi sbarca in Italia, sbarca in Europa.
  6. Affermare la responsabilità comune tra gli Stati membri dei naufraghi in mare.
  7. Contrastare a livello europeo la “tratta di esseri umani” e combattere le organizzazioni criminali che alimentano i traffici e le false illusioni dei migranti.
  8. Istituire Centri di accoglienza in più Paesi europei per salvaguardare i diritti di chi arriva ed evitare problemi di ordine pubblico e sovraffollamento.
  9. Contrastare i “movimenti secondari”, ossia gli spostamenti dei richiedenti asilo tra i vari Stati dell’UE, attuando i punti precedenti (soprattutto la riforma degli accordi di Dublino), rendendo così di fatto gli spostamenti intra-europei di rifugiati meramente marginali.

     

  10. Stabilire delle quote di ingresso dei migranti economici in ogni Stato.

Tuttavia, solo una governance che non sia impostata sulla responsabilità della singola Nazione ma sia condivisa a livello europeo può gestire queste responsabilità ed un problema che oggi può sembrare affare di pochi Paesi di confine, un domani potrebbe essere avvertito come proprio dell’intero continente. Meglio allora sarebbe incominciare a lavorare tutti per una vera Unione solidale tra Stati.

In copertina: dei migranti siriani provenienti dalla Turchia vengono tratti in salvo sull’isola greca di Lesbo nell’ottobre 2015 (© Ggia / Wikipedia / CC BY-SA 4.0).

Destra, Sinistra e terzo incomodo

Il 4 marzo si avvicina e gli schieramenti affilano i coltelli per questa tornata elettorale: mai come ora il risultato si profila incerto e passibile di ribaltoni dell’ultimo minuto. Emerge un chiaro assetto tripolare con centro sinistra e centro destra insidiati dal Movimento Cinque Stelle, ormai forza pienamente affermata a cinque anni dalla prima comparsa sulla scena politica nazionale.

Offriamo ora una panoramica del ventaglio dei partiti che si presenteranno alle urne questa domenica.

La compagine di centrodestra appare composta da tre partiti che si contendono, con più o meno probabilità di riuscita, la leadership. L’ala destra dello schieramento è occupata da Giorgia Meloni con i suoi patriottici Fratelli d’Italia, nostalgici fin dal simbolo del vecchio MSI, che fanno del motto “prima l’Italia e gli italiani” il punto focale del programma: propugnano la salvaguardia del made in Italy, della famiglia tradizionale, delle radici nazionali contro l’islamizzazione messa in atto dagli immigrati. Le loro parole d’ordine sono “sicurezza”, “legalità” e “identità”.

Il simbolo della Lega presentato in occasione delle Politiche 2018 (© leganord.org / Matteo Salvini / CC BY-SA 4.0).

Sempre a destra, ma un po’ più a settentrione, nonostante il grande successo riscosso perfino in terra calabrese, si colloca la Lega del rampante e colorito segretario Matteo Salvini. Anche per i padani al primo posto sta la lotta all’immigrazione clandestina, all’islamizzazione, allo Ius Soli, considerato come un regalo spesso immeritato. L’ “invasione” sembra essere la preoccupazione di Matteo Salvini e dei suoi, che si ergono come baluardo dell’identità italiana e cristiana, giurando addirittura sul Vangelo come i presidenti americani fanno sulla Bibbia. Ma non sono soltanto gli immigrati a minacciare la sovranità italiana: un’altra grave minaccia è costituita dall’“Europa delle banche” che ci vuole “schiavi” e a cui la Lega risponde “No, grazie!”. Sul fronte della politica interna, cavallo di battaglia è la lotta alla legge Fornero, sgradita a molti, alla quale si oppone il diritto alla pensione dopo 41 anni di servizio; la “pace fiscale”, infine, prevede una tassa fissa per tutti (famiglie e imprese) al 15%.

Il fulcro dell’asse di centrodestra è occupato da Forza Italia e dal suo intramontabile leader Silvio Berlusconi, che, per evidenti impedimenti giuridici, si defila e propone come premier in pectore Antonio Tajani. Tra gli azzurri l’imperativo vigente è quello della riduzione delle tasse da compensare con un netto taglio alla spesa statale: la cosiddetta flat tax al (probabile) 23% consentirà di ridurre le sacche di elusione ed evasione. Altre proposte sono la cancellazione del bollo e delle imposte sulla prima casa, sulle donazioni e sulle successioni. Per la lotta alla povertà è previsto un aumento delle pensioni minime a 1000 euro per tredici mensilità.

Passando all’altra metà dell’arco costituzionale, il centro sinistra appare frantumato in almeno tre tronconi: il PD a guida renziana, Liberi e Uguali di Pietro Grasso e Potere al Popolo, che riunisce la galassia della sinistra d’ispirazione comunista. A differenza dello schieramento di centro destra che appare, nonostante le divergenze, solido, il centro sinistra è travagliato da un’annosa lotta interna.

L’attuale Segretario del PD Matteo Renzi durante una seduta del Parlamento Europeo nel 2015 (© European Union 2015 – European Parliament / CC BY-NC-ND 2.0)

All’interno del Partito Democratico, Renzi ribadisce i successi di questi cinque anni e rilancia per la nuova legislatura misure atte a sostenere il ceto medio, tra cui la riconferma degli 80 euro netti in busta paga, l’assegno mensile per le famiglie con figli a carico, la riduzione delle aliquote Ires e Iri sul reddito delle piccole e medie imprese. Altro punto di forza del programma è la creazione di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato, con un occhio di riguardo all’occupazione giovanile e nel Mezzogiorno. Si ribadisce la piena adesione agli ideali europeisti, la difesa dell’ambiente, la valorizzazione del patrimonio culturale italiano. A braccetto con il PD si presenta +Europa di Emma Bonino che porta alto il vessillo dell’europeismo e dei diritti civili: dalla riforma del diritto di famiglia in favore dei matrimoni omosessuali e delle adozioni da parte di genitori gay, ai temi dell’eutanasia, della legalizzazione delle droghe leggere, della riforma carceraria.

Anche Liberi e Uguali – partito guidato da Grasso che riunisce fuoriusciti del PD (su tutti il trio Bersani, D’Alema e Speranza) ed ex-vendoliani, tra cui spicca la presidente della Camera, Laura Boldrini – mette al centro del programma il tema del lavoro, ma prende le distanze dal PD, puntando al superamento del Jobs Act e al ripristino del art. 18, nell’ottica della lotta al precariato e di una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori. Sul piano fiscale si respinge ogni idea di imposta piatta e si prediligono invece imposte più progressive e più eque. All’alleggerimento dell’imposta Irpef che grava soprattutto su redditi e pensioni fa da contraltare l’introduzione a livello europeo della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie e la tassazione dei profitti delle grandi multinazionali.

Infine, nella galassia della sinistra, troviamo lo schieramento di Potere al Popolo. Come dice il nome stesso è il popolo ad essere al centro del programma elettorale, popolo inteso come comunità accogliente e solidale. La giustizia sociale, la lotta alle ineguaglianze e allo sfruttamento dei lavoratori sono i temi centrali, a cui si affiancano l’accoglienza dei migranti, la salvaguardia ambientale, la lotta allo sperpero del denaro pubblico e alla corruzione.

Il candidato del M5S Luigi Di Maio al Wired Next Festival 2017, Milano (© Mattia Luigi Nappi / Wikimedia Commons / CC BY-SA 4.0)

Da ultimo il Movimento Cinque Stelle, capitanato da Di Maio, che fa della sua estraneità alle logiche della “vecchia politica” un punto d’onore. La proposta mediaticamente più lampante è quella del reddito di cittadinanza, che secondo i pentastellati risolverebbe ogni problema, garantendo dignità a tutti gli italiani. Marchi di fabbrica del Movimento fin dalle origini, riproposti anche in questa tornata elettorale, sono la lotta contro la corruzione della politica e l’abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti. La permanenza dell’Italia nella zona Euro, da programma, dovrà essere sottoposta a un referendum popolare; come pure dal voto popolare dovrà dipendere l’elezione di presidenti di Camera e Senato. Lascia abbastanza perplessi la proposta di introdurre un’unica rete televisiva pubblica.

Questi, in sintesi gli schieramenti e i punti programmatici più rilevanti. Abbiamo omesso il sottobosco di partiti e movimenti di estrema destra, quali Casapound e Forza Nuova, che bussano alla porta del 3%.

Sembra profilarsi un governo di larghe intese e un ritorno alle urne in autunno con una nuova legge elettorale che preveda un premio di maggioranza tale da consentire la governabilità del Paese. Ma la campagna, intanto, continua a imperversare, i conti si faranno solo a partire da domenica sera.

 

In copertina: il palazzo di Montecitorio a Roma, sede del Parlamento italiano (© LPLT / Wikimedia Commons / CC BY-SA 3.0).

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