Espressione tipica di qualche anno fa nel Nord d’Italia, oggi si presenta spogliata dall’ipocrisia e nella sua variante aggiornata: «La mafia opera solo in Borsa e nella Finanza», espressione che dunque descrive una criminalità organizzata privilegiante attività di riciclaggio e che relega al passato minacce e violenze fisiche. Tale prospettiva delinea un modus operandi contraddistinto dall’invisibilità e dalla pacatezza, del tutto in linea con l’analisi di Falcone: «Prima arrivano i loro soldi, poi i loro uomini e i loro metodi».
E difatti, i loro uomini, sono già da tempo arrivati a Milano! l’inconsapevolezza sopra rappresentata -quantomeno a livello di una parte di cittadinanza- è un grave errore confutato dalla pratica: l’uso di violenza intimidatrice è altamente presente su territorio milanese; basta uno sguardo alla cartina sottostante per rendersene conto.
Gli episodi di violenza segnalati sulla mappa sono relativi a incendi dolosi (simbolo fiamma; 39 casi), atti intimidatori effettuati tramite bombe, colpi d’arma da fuoco e danneggiamenti vari (simbolo freccia e stella verde; 18 casi) e omicidi (simbolo omino arancione; 4 casi) avvenuti negli anni 2011, 2012 e 2013.
Proprio perché gli incedi stanno diventando nella realtà cittadina una spia significativa della vivacità delle attività mafiose estese al di là degli ambienti finanziari, è necessario tracciare un percorso, negli anni, tra le zone e le vie di Milano incendiate dai clan.
Ma la difficoltà nasce nel censirli. La Prima Relazione Semestrale del Comitato Antimafia di Milano denuncia la negazione da parte delle vittime di qualsiasi intimidazione precedente all’incendio e conclude affermando che
«E’ evidente su base logica che tali dichiarazioni sono invariabilmente false e reticenti, frutto della paura se non in alcuni casi di omertà. Non è infatti verosimile l’immotivato compimento di reati anche gravi di danno, compiuti con le modalità tipiche del racket delle estorsioni e del controllo mafioso del territorio, senza motivo e senza connessa richiesta di denaro o utilità» (Sito di Libera – sezione Lombardia)
Secondo la suddetta Relazione, il 2011 è stato caratterizzato da un elevato numero di incendi dolosi a danno dilocali notturni, come il “Fox River” di via Winckelmann in zona 6, “Cappados” di viale Monza in zona 2 e il “Sugar Lounge” in zona 9 del Quartiere Isola, locale appartenente alla famiglia ‘ndranghetisca dei Falchi (inchiesta “Redux-Caposaldo”, marzo 2011).
Altro episodio significativo fu l’incendio al centro sportivo “Affori” di Ripamonti, in via Iseo, in concessione dal Comune alla società “Milano sportiva”. A seguito dell’indagine “Redux-Caposaldo” si scoprirono legami tra l’ente sportivo e la famiglia ‘ndranghetista Falchi, con conseguente revoca della concessione da parte del Comune. Il 9 ottobre 2011 ignoti diedero fuoco al centro e, nonostante il corteo spontaneo di circa mille persone avvenuto dei giorni successivi, le intimidazioni continuarono, presentandosi a novembre come depredazione di 5000 litri di gasolio e a dicembre come danneggiamento di lavandini, tubature e docce.
Nel 2012 vengono incendiati il locale notturno “Lilì la tigresse” in zona 3, dieci automobili in via Graf 12 della zona 8 e si registarono quattro incendi a danno di commercianti, tra cui il più eclatante nella notte fra 17 e 18 luglio ai danni del paninaro Loreno Tetti (via Celoria, Città Studi), testimone di giustizia nel processo “Redux-Caposaldo” contro il clan Falchi per le loro attività estorsive nei conftonti di venditori di bibite e panini. In zona Barona, invece, una bomba carta ha danneggiato il “Comitato di quartiere per le case popolari” e un proiettile è stato trovato fuori dalla sede come ulteriore minaccia.
Nel medesimo anno avviene l’omicidio di Giuseppe Nista, 44 anni, fratello di Domenico Nista collaboratore di giustizia contro il clan Paparo di Cologno Monzese. Giuseppe venne ucciso il 10 maggio a Vimodrone, in via dei Mille, da due killer che spararono da una moto in corsa.
Altro omicidio avverà invece in centro a Milano: in via Muratori, proprio dietro Porta Romana, Massimiliano Spelta, 43 anni, e sua moglie Carolina Sulejni, 22 anni, saranno freddati da due killer calabresi legati alla ‘ndrangheta. Il movente è una partita di coca non pagata, non da parte di Spelta, che era incaricato di importarla da Santo Domingo, ma da parte di uno dei due ‘ndranghetisti complice di Spelta.
Nel gennaio 2013 è la volta dell’Oasi Wwf di Vanzago: «Sospettiamo che dietro questo grave episodio ci siano mire speculative sulla zona, e un chiaro avvertimento di sapore mafioso» dichiara Paola Brambilla, presidente del Wwf Lombardia.
A febbraio, invece, una ditta famigliare e il suo magazzino vengono dati alle fiamme in via Menotti e via Masoto di zona 4; mentre medesima fine fanno due furgoni di una ditta che lavora all’Ortomercato in via cesare Lambroso.
Questi numerosi attentati dimostrano la strategia dei clan calabresi: garantirsi l’impunità giuridica attraverso la violenza e l’intimidazione nei confronti di quei soggetti non sottomessi alla regola dell’omertà, secondo una linea di pensiero che travalica l’isolato e apparentemente a sè stante mondo della finanza.
Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.