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Tradizioni che nascono dall’integrazione. Sguardi sulla storia della migrazione delle carte da gioco

D’abitudine, i giochi a carte si apprendono un po’ per tradizione: ogni famiglia ha i propri giochi prediletti e i nonni spesso hanno l’onore di scegliere a quali vada la preferenza. Da nord a sud Italia i mazzi mutano il loro aspetto, le scimitarre diventano spade e i bastoni si trasformano in mazze.

Ma da dove arrivano queste piccole tessere rettangolari e le regole che ne disciplinano l’uso?

La storia delle carte da gioco si intreccia a quella delle migrazioni umane. Con la semplicità delle piccole cose, questi svaghi semplici e maneggevoli si sono spostati da un continente all’altro attraverso le mani di una miriade di popolazioni, ognuna delle quali le ha rese parte della propria cultura, imprimendo minuscole, infinitesimali modifiche.

La loro invenzione risale all’antichissima Cina, là dove la carta vide la propria nascita; incerto il loro uso: sicuramente ludico, forse anche come carta moneta. Non sappiamo con esattezza né come né quando siano state introdotte in Europa. Probabilmente, dall’estremo oriente sono passate per la Persia e da qui giunte nelle mani dei Mammelucchi, che avrebbero modificato gli originali tre semi cinesi (Jian o Quian, monete, Tiao, stringhe di monete, e Wan, diecimila) nei quattro che si ritrovano negli odierni mazzi tradizionali: Jawkān (bastoni da polo), Durāhim (denari), Suyūf (spade) e Tūmān (coppe). Ciascun seme delle carte mammelucche conteneva dieci carte numerate, cui si aggiungevano tre figure: Malik (re), Na’ib Malik (viceré) e Thānī nā’ib (secondo viceré).

In Europa, la tradizione araba di attribuire identità di ufficiali dell’esercito alle figure, che da precetto coranico non ritraevano persone ma riportavano i nomi della persona di riferimento, venne adattata per rappresentare le famiglie reali, prima nelle figure di “re”, “cavalieri” e “servi” e successivamente in quelle di “re”, “regina” e “fante”. Ciascuno stato elaborò la propria versione dei semi, per lo più discostandosi di poco dagli originali mammelucchi. Furono i francesi, negli ultimi decenni del XV secolo, a semplificare i semi in uso, probabilmente ispirandosi a quelli tedeschi, codificandoli in cuori, quadri, fiori e picche. Negli anni 50 del XIX secolo, poi, gli statunitensi aggiunsero al tradizionale mazzo francese i quattro jolly, andando così a dare forma definitiva al mazzo più diffuso al mondo.

Semi delle carte tradizionali delle regioni italiane e di Spagna, Marocco, Germania e Svizzera

Se tanto mistero resta attorno alle origini e alle migrazioni delle carte, ancora più complesso è ricostruire gli spostamenti e le modifiche dei giochi che con queste si possono fare. Tra i più diffusi al mondo è il Poker; oggi giocato soprattutto on line e nei casinò, conta un infinito numero di specialità e varianti, che vanno dalla presenza o meno di calate, al numero di carte in banco e/o in mano. L’uso forse più singolare è quello adottato durante l’invasione dell’Iraq nel 2003, quando alle truppe americane venne distribuito il mazzo Most-wanted Iraqi, in cui ad ogni carte corrispondeva il nome, una foto e la carica di un membro ricercato del governo di Saddam Hussein. Le origini del Poker  sono d’abitudine associate alla New Orleans di inizio Ottocento o alla poco distante Robtown, in Texas, dove nacque una tra le più diffuse varianti del gioco, appunto Texas hold ‘em; allo stesso modo, è possibile risalire dal nome di altre varianti al luogo in cui nacquero: un esempio tra tutti, il Caribbean Stud Poker, che nel secolo scorso si giocava sulle navi da crociera dirette ai Caraibi. Tuttavia, l’etimologia suggerisce che il Poker sia stato importato negli Statu Uniti dai francesi, che già nel XVIII secolo giocavano a Poque (dal francese pocher, ingannare), forse a sua volta ereditato dal Poken (inganno) tedesco, risalente al XVII secolo. Meno probabile, ma non smentita con certezza, l’idea che le regole potrebbero rifarsi all’italiano Zarro, antesignano della moderna Telesina, che come il Poque si giocava con un mazzo di 20 carte.

Assi del mazzo Most-wonted Iraqi,

Se da un lato i francesi sembrano i più attestati inventori del gioco del Poker, dall’altro negli ultimi anni hanno perso la paternità del gioco in cui si attestano come i maggiori promotori nel mondo: il Belote. Gioco a coppie simile alla Briscola, è stato esportato in quasi tutte le ex colonie francesi, ma la sua influenza si è fatta sentire anche a est: lo troviamo infatti in Bulgaria, in Ungheria, in Grecia e in Croazia. Il maggiore successo lo ha raggiunto in Arabia Saudita e Armenia, dove i giochi più popolari risultano essere, pur con considerevoli varianti rispetto al riferimento francese, rispettivamente il Baloot e il Belot. Nonostante l’etimologia, un gioco molto simile ma soprattutto molto più antico si trova nelle Province Unite Nederlandesi del XVII secolo, il Klaverjassen. In Italia questo gioco, la Briscola appunto, sembra essere arrivato direttamente dai Paesi Bassi, e di qui trasformato nello Schembil, diffusissimo in Libia e in diversi Paesi del Nord Africa. Le esportazioni italiane di giochi di carte sono, del resto, numerose; in primo piano è la Scopa, giocata anche in Spagna con il nome di Escoba, che in Tunisia prende il nome di Chkobba e in Marocco, con qualche modifica, di Ronda.

Numerosissime sono le importazioni in Europa di giochi originari di Paesi lontani: dall’isola di Macao, ad esempio, arriva Baccarà, uno dei giochi d’azzardo tra i più diffusi nei casinò; originari dell’Uruguay sono, invece, Canasta e Burraco; al cinese Khanhoo o al messicano Conquian potrebbero risalire le diverse variazioni del Ramino, incluso il Chinchòn, che si gioca in Spagna, Uruguay, Argentina e Capo Verde. Altrettanto frequenti sono gli scambi all’interno del continente: popolarissimo tra i Paesi dell’ex URSS è, ad esempio, Verju ne Verju, che differisce dal Dubito italiano solo per il numero di carte usate (40 anziché 52); allo stesso modo, l’inglese Beggar-MyNeighbor, si è modificato nel rumeno Razboi e nell’italiano Guerra; discussa è l’origine del gioco italiano del Cucù, identico al Gambio svedese.

Le rotte percorse dai giochi di carte sono complesse e intricate, difficili da ricostruire quasi quanto lo sarebbe una mappatura della genealogia della specie umana. Nelle loro migrazioni, i giochi non conoscono confini e realizzano una vera integrazione: non solo culture che s’incontrano, ma qualcosa di nuovo che ogni giorno, in ogni luogo s’inventa.

Welcoming spring in Eastern Europe

Last month I visited Sofia, Bulgaria’s capital. It was the end of February and the weather was still cold but sunny, and it was lovely to spend time walking the streets of the city. At every corner I could find stalls selling nothing but red and white wrist bands, sometimes adorned with two small dolls made of combined red and white yarn. Not the typical postcards, magnets, been-there-done-that t-shirts that can be found in any touristic place, just red and white woven threads, sold in buy-ten-pay-one deal packages. You could see people of all kinds stopping at the stands; business men, school boys, young girls and grandmothers, all purchasing the tiny bracelets.

Even though I didn’t buy my own bracelet, I found out what they were and why everybody was buying one. They are called Martenitsi and are the symbol of Baba Marta Day, a Bulgarian holiday celebrated on the first of March to welcome spring. On that day people give each other these wrist bands, which are to be worn until a blossoming tree is seen. Only then people can take off their Martenitsa and hang it on a tree. That’s why throughout March in Bulgaria you can see a lot of trees festooned in red and white threads, symbolising rebirth or a new beginning.

Photo by Nicubunu / License GFDL or CC BY-SA 4.0-3.0-2.5-2.0-1.0 / via Wikimedia Commons

 

A tree with Martenitsi in Bulgaria / photo by the author / all rights reserved

On the same day of Baba Marta, not far from Bulgaria, Romanians and Moldovans celebrate Mărțișor (Little March), the beginning of spring, with red and white strings given to each other to bring strength and health to the person wearing them. Both women and men keep the string pinned to their clothes until the end of March, when they tie it to a fruit tree. In some regions, instead of the string people wear red and white necklaces with a hanging coin as a charm. After some time, they use the coin to buy red wine and sweet cheese which are intended to keep them healthy and joyful. Even if today the string is no longer considered a powerful talisman like in the past, people maintain the tradition, which is seen as a way to show friendship, love, respect and appreciation to others.

The Balkans are not the only Eastern European area where spring is welcomed with particular symbolism. Some years ago I happened to be in Russia at the beginning of March and I wasn’t happy to discover that I had just missed Maslenitsa, the Russian carnival. The celebration anticipates Great Lent and coincides with the end of winter and the beginning of spring. Maslenitsa takes place over a whole week and each day of the celebration has its own rules. What doesn’t change is the food: the typical thin Russian pancakes called blinys are in fact the protagonists of the celebration. On Monday, the day called vstreča (meeting), people meet and start preparing food for the festivity. On Tuesday, single boys and girls get to know each other and eat blinys together, while on Wednesday mothers invite their daughters’ boyfriends over to have the homemade pancakes. On Thursday the most important thing is to have fun: clowns entertain children while adults sing and dance in the streets, having blinys to recover from vodka. On Friday men invite their mothers-in-law for the traditional treat and try to impress them with their culinary skills. On Saturday and Sunday people get closer to Great Lent and keep eating blinys. Apart from the fact that the pancakes are very tasty, their round shape reminds of that of the sun, which makes its come-back in spring after a long, cold winter. That’s why Maslenitsa is also the celebration of spring.

Russian Blinys prepared for Maslenitsa / photo via Pixabay / License CC0 Creative Commons

Protestare in Romania: una questione di principio

Da dieci giorni le notti rumene sono animate da migliaia di cittadini desiderosi di manifestare il loro dissenso nei confronti del governo neoeletto. Ogni sera, difatti, nelle principali città della Romania, i cittadini si sono riuniti per affermare ancora una volta quanto siano oramai nauseati dalla presenza dilagante della corruzione nel loro paese. La protesta è nata al tramonto di giovedì 31 gennaio, quando il governo approvò un decreto di emergenza volto a indebolire la legge anticorruzione, mettendo così a riparo l’esecutivo da inchieste giudiziarie, come l’abuso di ufficio, il conflitto di interesse e la negligenza sul luogo di lavoro. Ad esempio, il governo fissò a 200,000 RON (44,000 euro) il tetto massimo solo oltre al quale si poteva considerare il crimine un abuso d’ufficio, riducendo contemporaneamente la reclusione dai due ai dieci anni previsti per legge allo sconto di un massimo di sei mesi di detenzione, o in certi casi a una semplice multa. Non uno dei migliori decreti volti a continuare la battaglia della Romania contro la corruzione. Tuttavia, i cittadini rumeni non sono rimasti in silenzio e la stessa sera del 31 gennaio sono scesi spontaneamente per strada.

Anche la Commissione Europea ha espresso nei giorni scorsi la sua preoccupazione: «Stiamo seguendo gli ultimi sviluppi in Romania con grande apprensione», hanno dichiarato il presidente della Commissione Jean-Claude Junker e il vice-presidente Frans Timmermans. I due rappresentati dell’UE hanno sottolineare che la frattura di quest’ultimo decreto con gli ultimi passi della Romania nella lotta alla corruzione «potrebbe rappresentare un forte impatto a qualsiasi valutazione positiva e futura nei confronti del Paese da parte dell’Unione Europea».

Qui una particolare prospettiva sulla manifestazione del 5 febbraio a Bucarest, dove i rumeni hanno deciso di accendere le torce dei loro cellulari con il fine di far luce sul buio degli ultimi provvedimenti governativi.

Dopo una settimana di proteste, Andy, 27enne residente a Bucarest, descrive a Pequod cosa sta avvenendo nelle strade della capitale: «Stiamo protestando con il nuovo provvedimento governativo volto a decriminalizzare certe forme di corruzione. L’ordinanza 13/2017 è stata approvata nella serata di martedì, facendo nascere uno dei più popolari slogan urlati dai dimostranti Di notte, come i ladri!» Andy si sente estremamente orgoglioso e un poco sorpreso nel vedere quante persone (300,000 a Bucarest e 600,000 in tutto il paese nel picco della protesta) siano scese per strada a esprimere la propria rabbia e frustrazione su qualcosa che non si ripercuote nell’immediato sulle loro vite, ma è una mera questione di principio.

Negli ultimi giorni, Piaţa Victoriei (Piazza della Vittoria) continua a essere il punto prediletto nella capitale Bucarest per continuare le proteste, essendo la piazza esattamente di fronte alla sede centrale del governo rumeno. L’atmosfera è unica e straordinaria, impreziosita da numerosi striscioni, bandiere e slogan creativi. «Un detto rumeno – aggiunge Andy – dice che I rumeni sono nati poeti e credo sinceramente che le ultime proteste dimostrino e rafforzino tale peculiarità dell’animo rumeno. Manifestando in Piazza della Vittoria, puoi passare da momenti di rabbia a ridere fino alle lacrime a causa di una brillante poesia oppure un disegno stilizzato su qualche striscione».

Piazza della Vittoria, a Bucarest, domenica 8 febbraio 2017. Credits: Dan Mihai Balanescu.

Ma la protesta non si è fermata entro i confini rumeni. Al giorno d’oggi le manifestazioni possiedono uno straordinario respiro internazionale grazie alla presenza e al diffuso utilizzo della rete Internet. Oggigiorno le persone (almeno quelle appartenenti a una certa parte di mondo) sono costantemente connesse le une alle altre, condividendo la loro quotidianità e tutto ciò a cui si interessano. Non solo frivoli gossip, ma anche argomenti di un certo spessore, come i diritti umani. Esattamente quello che è successo alla Women’s march on Washington il 21 gennaio 2017, che ottenne una risonanza mondiale e divenne trand topic sui principali Social Network. Lo stesso sta accadendo per le manifestazioni rumene: i rumeni immigrati in diversi paesi del mondo si stanno unendo alle proteste scendendo nelle principali piazze delle città in cui risiedono, marciando, scattando fotografie e inviando tutti lo stesso messaggio: mai più corruzione.

Anda, una ragazza rumena di 20 anni trasferitasi a Manchester (UK) per motivi di studio prova a raccontarci la sua storia: «Sebbene io non sia in Romania, ogni sera continuo la protesta in Albert Square con un gruppo di connazionali poiché voglio supportare la mia famiglia e gli amici rimasti nel nostro paese. Stiamo manifestando perché vogliamo che la Romania diventi un posto in cui poter far ritorno». Anda e altri espatriati rumeni protestano portando in piazza numerosi slogan e scattando fotografie per i media rumeni: «Siamo riusciti a far pubblicare qualche articolo con le nostre immagini per inviare un ulteriore messaggio di sostegno». Con la speranza di poter fare la differenza, Anda confessa che nonostante sia la politica rumena a dover cambiare, è necessario che tale cambiamento abbia una forte spinta dal basso e arrivi in primis dai cittadini attraverso il voto: «Credo fortemente che i rumeni debbano votare con maggior consapevolezza!». Un pensiero che per forza di cose scaturisce dalle ultime elezioni politiche.

Parigi. Credits: Iuliana Francisco su Radio Guerrilla.
Golfo del Bengala, India. Credits: Marius Deacu su Radio Guerrilla.
Addis Abeba, Etiopia. Credits: Gabril Cotescu su Radio Guerrilla.
Tenerife. Credits: Elena Cobian su Radio Guerrilla.

Facciamo un poco di chiarezza sugli ultimi avvenimenti politici in Romania. Alla fine del 2015, dopo una serie di proteste scoppiate a seguito dell’incendio al nightclub Colectiv in Bucarest, dove persero la vita ben 64 persone, il governo guidato dal Partito Socialdemocratico dovette rassegnare le dimissioni in quanto indirettamente accusato della corruzione dilagante in città e in tutto il paese, una corruzione totalmente noncurante dei principali sistemi di sicurezza nei locali pubblici. Di conseguenza, le redini della Romania furono affidate a un governo tecnocratico che si guadagnò una certa reputazione nazionale e internazionale per i suoi sforzi contro ogni fenomeno di corruzione. Dopo le elezioni politiche di dicembre 2016, la guida del paese ritornò in mano al Partito Socialdemocratico con un 45% di consenso. Sfortunatamente, tali elezioni raggiunsero solamente il 39% di affluenza alle urne.

In questi giorni, invece, i rumeni chiedono a gran voce le dimissioni del nuovo governo eletto. Liana, una giovane donna che vive a Bucarest, ci spiega le sue ambizioni: «Il Partito Socialdemocratico ha vinto le scorse elezioni ed è giusto che continui con la sua agenda politica, ma ciò che chiedo è che lo faccia con persone diverse, responsabili e preparate. Dovrebbero dunque costituire un nuovo governo, visto che quello attuale ha ampiamente dimostrato in poco tempo di non essere in grado di guidare il paese». Liana, che alle scorse elezioni si era diretta alle urne, spera che la situazione attuale faccia riflettere chi decise di non votare. Anche Andy non riesce a capacitarsi di quanti milioni di giovani non abbiano votato: «Non riesco a capire come questo sia stato possibile a poco più di un anno dalla tragedia del Colectiv. Chi ha votato, invece, fa parte della vecchia generazione e delle aree rurali, dove sono state portate promesse o borse piene di farina, olio e uova. Sì, letteralmente».

Foto di copertina: Piazza della Vittoria a Bucarest. Credits: Andy.

Per leggere l’articolo in inglese: clicca qui.

Protesting in Romania: a matter of principle

Romanians have been demonstrating for more than a week in the main cities of the country and the world in order to send a strong message to their government: Romanians are extremely sick of corruption. The protest started on on the evening of Thursday 31st of January, after the Government unexpectedly adopted an emergency ordinance, which would partly decriminalize a number of corruption offences such as abuse of office, conflict of interest and negligence at work. An example of such measures is the one that would set at 200,000 Romanian Lei (around 44,000 Euros) the limit under which abuse of office is not considered a crime, reducing the punishment for this offence from 2 to 10 years to 6 months of detention, or, in some cases, to the mere payment of a fine. This is definitely not the best decision to continue Romania’s fight against corruption, and it explains why thousands of Romanian citizens rallied in Bucharest and other big cities for spontaneous protests against the government decision.

The events have been observed closely by the European Commission: “We are following the latest developments in Romania with great concern”, commented the EC President Jean-Claude Junker and First Vice- President Frans Timmermans. The two officers have also highlighted that every step that may undermine the ultimate progress of Romania’s fight against corruption “would have an impact on any future assessment” of the country’s status in the European Union.

A particular viewpoint on the manifestation on February 5th, where Romanians symbolically switched on millions of flashlights on their mobile phones, as to light what the government is doing in the dark. The Guardian called it “the sea of light.”

But what is actually happening in the streets of the country? Andy, a 27-year-old man from Bucharest, describes to Pequod the situation in the capital: “We are protesting against the new government’s plan to decriminalize certain forms of corruption. Ordinance 13/2017 was passed late on Tuesday night, giving birth to one of the most popular slogans shouted by the protesters ‘At night, like thieves!’” Andy is extremely proud and somewhat surprised to see how many people (300,000 participants only in Bucharest, and 600,000 across the country on the busiest day of the protest) have gathered to express anger over something that doesn’t impact their lives directly, but is rather a matter of principle.

The main protest in Bucharest has been taking place in the middle of Piaţa Victoriei (Victory Square), just in front of the headquarters of Romanian government. The atmosphere is unique and what makes it even more special are banners, flags and creative slogans. “We have a saying – Andy tells – “that goes: ‘The Romanians were born poets and I think that the recent protests are a demonstration of our people’s soul. On Victory Square, you would alternate between anger and laughter until you become breathless seeing a brilliant poem or drawing somewhere around you”.

Credits: Andy

Simultaneously, the protests have been going beyond the Romanian borders. Nowadays manifestations have a very wide appeal and a more international breath which are definitely due to the Internet, which helped overcome the reticence of many to participate to this sort of event, removing stigma and allowing more people to perceive protests in a more positive way. Thanks to the new technologies, people are constantly connected to each other and share their everyday life and what they care about: not only gossip then, but also serious issues, like the defence of human rights. This is what happened at the Women March on Washington on January 21st, which saw an unprecedented resonance all over the planet being a trend topic in all social network. The same happened in Romania’s case: Romanian migrants from any corner of the globe have been joining demonstrations and gathering in the main squares of the cities where they now live, marching and taking photographs, all sending the same message: no more corruption.

Anda, a 20-year-old woman, is protesting in Manchester (UK) because “even though I am not back at home, by protesting here I can support my family and friends. We are protesting as we want Romania to be a place to go back to.” Anda and other Romanian expats living in the Mancunian city are gathering in Albert Square, shouting various slogans and taking photographs to be sent to Romania’s media: “We got some articles published to tell people in our country that we care and we fully support them.” Anda truly believes that the most important change needs to come from normal people, regular citizens who vote: “I also think that people find it necessary to be better informed when they vote.”

Paris. Credits: Iuliana Francisco on Radio Guerrilla.
Bay of Bengal, India. Credits: Marius Deacu on Radio Guerrilla.
Addis Abeba, Ethiopia. Credits: Gabriel Costescu on Radio Guerrilla.
Tenerife. Credits: Elena Cobian on Radio Guerrilla.

 

At the end of 2015, after the protests sparked by the Colectiv nightclub fire in Bucharest, which which resulted in the death of 64 people, the former government, led by the Social Democratic Party, was indirectly blamed on corruption and eventually brought down. As a consequence the country was led for for a short period of time by a technocratic cabinet that enhanced the country reputation. Thanks to this technocracy Romania began to earn a name of itself as a beacon of the fight against corruption, with concrete results. Despite this, Romania’s current government is once again led by the Social Democratic Party, which secured victory in the December 2016 legislative elections earning 45% of votes. The overall turnout was only 39%.

Romanian protestors are currently asking the government to resign. Liana, a young lady living in Bucharest, has been participating to the demonstration in Victory Square, explains her ambition: “The party who won the elections should elect a new government to continue with their plan, to appoint responsible and decent people. A different government should be done, as this one managed to show in such a short time that it is not ready to rule.” Liana voted at the last elections and hopes that the current events will constitute an important lesson for all those who didn’t. Andy too is disconcerted that millions of young people didn’t vote: “I cannot possibly understand how this happened, especially since it happened little over a year after Colectiv fire. Who did vote, however, was the older generation and people in rural areas who were bought with promises or bags of basic household necessities like flour, oil, eggs. Yes, literally.”

Cover Image: Bucuresti Piata Victoriei, February 8, 2017. Credits: Dan Mihai Balanescu.

To read this article in Italian: here the link.

5 Random Christmas dishes and drinks: enjoy your meal!

One of the most important religious events in the world, Christmas is celebrated in several countries and cultures with rituals featuring lights, presents and acts of kindness. For many of us the happiness brought by Christmas is linked to food and drinks, elements that vary significantly in different places. With a list spanning the five continents, Pequod suggests a number of dishes that you can serve and enjoy for an international dinner that honours traditions and impresses grandmothers. We present you with the most delicious Christmas recipes to be found around the world, starting with my favourite country, whose wonderful tastes can’t possibly leave you unsatisfied.

1. Romania and “the slaughter of the pig”

Romanian Christmas traditions vary from region to region, but one is celebrated in the whole country: today (20 December) is St. Ignatius, when the Romanians sacrifice the animals whose meat will be the ingredient of one of the main dishes eaten during the 12-day holiday. According to traditional belief, the pig-slaughtering tradition that characterises the day of St. Ignatius, popularly named Ignat, symbolises the sacrifice of the deity who dies and is resurrected. The European Union decided to allow Romania to slaughter the animals using a knife rather than the standard pain-free procedures required by EU regulations.

After the preparations of pork sausage, tobā or samale, Romanians have Cozonac as dessert, a sort of Romanian equivalent of Panettone.

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2. India: Allahabadi cake for Christmas!

As most of you probably know, Christmas is not a major religious celebration in India but rather a small and quiet recurrence celebrated by the Christian community of the country (about 2,3% of the total population) originally from India’s smallest state, Goa. Here, the traditional Christmas tree has also been adapted to the place: a banana or mango tree is used to decorate homes!

The Indian Christmas menu includes several sweets and a wide range of fruits, such as dodol: a toffee based sweet with coconut and cashew. Cakes are very popular, in particular Allahabadi cake, a traditional rum fruitcake that takes its name from the city of Allahabadi, and which is stuffed with jam, nuts and the fabulous ginger… a sort of Asian variant of the British Christmas cake.

3. Merry Christmas in Hong Kong

Difficult to believe, but Hong Kong has one of the most lively Christmas celebrations in the world, featuring a two-day public holiday, spectacles by the Hong Kong Ballet and a WinterFest, which includes a variety of special events, promotions and light and laser shows. Hong Kong has around 63 Michelin-starred restaurants that offer special Christmas dinners from 22nd December until Christmas day. The main recipes are roasted turkey and chicken, whereas the dessert is usually gingerbread.

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4. Mexico, between tamales and pozole

The preparation of tamales is a proper ritual that keeps Mexican women busy for a whole day: tamales are stuffed rolls of corn flour covered by a leaf of corn. Usually meat, cheese or beans with the traditional spicy sauce and guacamole stuff them. Mexicans also take a lot of time to prepare pozole, the Christmas soup that possess all the traditional ingredients of Mexican cousin: corn, tomato jitomate – or chilli peppers, onions and, of course, meat. When you finish cooking the soup, you should serve the dish with lettuce and fresh onion.

As for traditional drinks, what cold be better than a little shot of tequila? For those who are not keen on alcohol – or would like a break from it – the Champurrado, a sort of Mexican hot chocolate, offers a good alternative: it is usually drunk while eating the tamales!

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5. Crazy about Christmas: welcome in the UK!

Britons possess a particular and deep fondness for Christmas! Already in the middle of October, the largest cities of the country start to beautify their buildings and squares with Christmas trees, lights and music, while the restaurants ask their customers to book Christmas dinner well in advance.

In the UK families celebrate the event together, opening presents and enjoying the traditional meal, usually eaten at lunchtime or in the early afternoon on Christmas Day. It normally consists of roast turkey and vegetables with ‘all the trimmings’ which means vegetables like carrots and peas, various stuffing and sometimes bacon and sausages, often served with cranberry sauce and bread sauce. As for dessert, Christmas cake is the most popular, but Christmas Pudding is also very appreciated!

Cieli chiari nelle notti d’Europa

Negli ultimi anni la questione dell’inquinamento luminoso nelle aree metropolitane d’Europa è diventata oggetto di interesse e preoccupazione crescenti. Salvo rarissime eccezioni, nella maggior parte delle grandi città del vecchio continente è ormai impossibile osservare una notte autentica, in cui il buio la faccia da padrone e le stelle possano risplendere nelle tenebre. Lo scenario che più verosimilmente ci offre la notte nelle metropoli è quello di una notte ovattata, di un’oscurità smorzata dai milioni di luci che la dipingono, donando al cielo sfumature chiare, giallastre, quasi tendenti al rosa, e in generale un clima surreale.

Ma anche il paesaggio notturno più inquinato dalle luci sa essere suggestivo. Nell’Europa dell’est, dove la vastità degli spazi e la minore densità abitativa rendono le aree extra urbane ancora immuni all’inquinamento luminoso rispetto ad altre parti d’Europa, le grandi città con le loro luci spiccano ancor di più e il cielo chiaro che le sovrasta di notte sembra essere più stupefacente che altrove.

Il nostro viaggio fra le capitali europee orientali comincia a Varsavia. La crescita esponenziale che ha investito la città negli ultimi decenni l’ha trasformata in un cantiere di grattacieli che si sviluppano attorno alla stazione centrale, a ridosso del centro storico ricostruito nel dopoguerra. Nei mesi autunnali e invernali la notte si staglia con prepotenza nel cielo fin dalle quattro del pomeriggio. È proprio in quel momento che si accendono i palazzi, rendendoci ancor più consapevoli della trasformazione della città in una vera e propria metropoli. I grattacieli ultra moderni si colorano a seconda delle giornate e degli eventi, contribuendo a uno spettacolo in cui il maestro d’orchestra rimane tuttavia il più vecchio fra i giganti di Varsavia, il Palazzo della Cultura e della Scienza, costruito nel 1955 in epoca sovietica, che con i suoi 237 metri rimane l’edificio più alto della Polonia.

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Palazzo della Cultura e della Scienza, Varsavia
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Nuovi grattacieli nella zona della stazione centrale, Varsavia

Spostandosi a sud-est ci troviamo nella notte di Bucarest, città che sembra non dormire mai. Le vie del centro pullulano di vetrine e locali, di insegne luminose che travolgono gli avventori, i quali nonostante il freddo pungente dell’inverno e il caldo torrido dell’estate sono inevitabilmente attratti dal cuore pulsante della capitale rumena. Camminando da un bar all’altro, da una discoteca a un fast food aperto 24/7, capita di alzare gli occhi verso il cielo e di scoprirlo magicamente tinto di un rosa surreale e incantevole, quasi a voler compensare l’assenza di stelle. E perdendosi fra le strade del centro, dove la modernità dei negozi e dell’intrattenimento si incastra in modo affascinante negli eleganti palazzi decadenti, capita di imbattersi in angoli del passato della città sorprendentemente conservati e, va da sé, perfettamente illuminati.

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Chiesa di Stavropoleos, Bucarest

Più a est, entriamo a Kiev, che con quasi tre milioni di abitanti è la città più grande e popolosa dell’Europa orientale, escludendo le metropoli della vicina Russia. La capitale ucraina è grande, la vastità delle sue piazze e dei suoi viali non lasciano dubbi sul fatto che la Mitteleuropa con le sue città dai vicoli poetici che si arrampicano verso castelli fiabeschi sia ormai lontana. Qui si respira tutta un’altra aria, quella della grandiosità a tutti costi di epoca sovietica, unita all’eleganza e alla maestosità di quello che per secoli è stato il cuore culturale, politico ed economico di una parte d’Europa. E “maestoso” è il primo aggettivo che viene in mente mentre si cammina per le otto corsie del Chreščatyk, il viale principale della città, dove luci gialle e blu brillano orgogliose e tristi, a ricordare la lotta mai finita della nazione ucraina, culminando nella ben nota Majdan Nezaležnosti, o semplicemente Majdan, dove la scritta “Ucraina” illuminata di blu ha visto trascorrere in quella piazza notti di protesta, di guerra e di speranza. Ancora, in fondo al viale, affacciato sul Dnipro, un arcobaleno luminoso sorride beffardo alla notte di una città che non si spegne mai, nonostante tutto.

 

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Hotel Ucraina, Majdan Nezaležnosti, Kiev

 

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Monumento dell’Amicizia fra i Popoli, Kiev

In copertina: Palazzo della Giustizia di Bucarest, Romania [ph. Britchi Mirela CCA-SA 4.0 by Wikimedia Commons]

Stavropoleos, una chiesa nella vita notturna di Bucarest

Nell’anniversario dell’attentato al Museo del Bardo, Pequod vuole farsi promotore di tutte quelle realtà culturali che per un motivo o per l’altro diventano bersaglio di un pensiero a loro avverso.  Personalmente, la prima volta che incontrai una realtà appartenente a questa tipologia, o la prima volta in cui concretizzai tale consapevolezza, fu durante la mia prima passeggiata nel centro storico di Bucarest. Appena arrivata, mi diressi verso il luogo che ho sempre pensato essere cuore vivo e pulsante della cultura cittadina: questa volta però ad attendermi al varco del centro storico non vi erano cattedrali, musei o gallerie d’arte… solo pub, discoteche e kebab, affiancati talvolta da negozi di souvenir.

Tra un morso a un panino e un sorso di birra (poiché bisogna pur sempre restare ottimisti), cominciai a vagare tra le vie che vantano la vita notturna più sfrenata del Paese, sino a quando per pura coincidenza mi ritrovai di fronte al cancellino della minuziosa e incantevole Chiesa di Stavropoleos. Risalente al 1721, la chiesa vi conquisterà per l’accoglienza; una volta nel cortile, i rumori cittadini sembrano sparire per lasciare spazio alla quiete e alla curiosità, alimentata dalle numerosi lapidi e ricche decorazioni di legno. Seppure l’interno della chiesa meriti una visita, chi scrive suggerisce altamente di godervi il cortile, progettato dall’architetto rumeno Ion Mincu. Non esiste difatti un solo parco della capitale capace di tener testa alla pacatezza della Biserica Stavropoleos, che cerca imperterrita di resistere all’avanzare del consumismo in un angolino dimenticato del centro storico (in via Stavropoleos, per l’appunto).

Noaptea Caselor #2 – La ricchezza domestico-culturale di Bucarest

E’ difficile spiegarvi quanto bellezza intrinseca ci sia in Romania e nelle vie di Bucarest. Ciò che sappiamo noi italiani di queste due realtà si avvicina al nulla. D’altronde, si sa che nella vita di ognuno ci sia bisogno di certezze, e quanto i pregiudizi siano un comodo appiglio.

Al di là dei preconcetti, Noaptea Caselor. Si è difatti da poco conclusa la seconda edizione de “La Notte delle Case”, l’evento culturale più interessante della capitale rumena a settembre. Per le vie del centro e attorno ad esso le case e gli appartamenti degli intellettuali si aprono al grande pubblico, proponendo mostre fotografiche, serigrafie, performance multimediali, spettacoli teatrali, poesie e concerti. Come l’anno scorso, anche quest’anno ci siamo avventurati tra gli appartamenti più suggestivi per mostrarvi la ricchezza di queste piccole comunità che unendosi propongono alla società rumena punti d’incontro, dialogo e condivisione, in un momento in cui le istituzioni si presentano ancora, a 25 anni dalla caduta del comunismo, apatiche e censuratrici.

Noaptea Caselor vuole essere il punto di incontro tra questi appartamenti. Per questa edizione le case fotografate sono Grădina Sticlalilor, nata nel 2008 come laboratorio artigianale, oggi specializzata nel vetro soffiato; Carol 53 tra architettura, arti decorative e serigrafie, capace di offrire al suo pubblico cortometraggi giapponesi nel suo cortile e concerti di musica elettronica nel suo interrato; l’appartamento occupato Elisabeta, ufficio diurno di designer e illustratori. Ma anche le proiezioni cinematografiche di Plantelor e le mostre fotografiche di Incubator 107.

 

Noaptea Caselor: la cultura apre le porte a Bucarest

Ancora Romania. Ancora Bucarest. Di nuovo nell’Europa orientale per fare emergere il sostrato culturale che non si è abituati a cercare nella capitale rumena. Eppure, ecco “La notte delle Case”.

Il 27 settembre 2014 la città ha aperto ai suoi visitatori e cittadini le villette e gli appartamenti più creativi, dalle 18 alle 7 del giorno seguente. Dal centro alle zone periferiche, la mappa cittadina si è costella di punti di ritrovo inusuali e in contrasto rispetto ai grigi bloc comunisti: di fronte a file e file di condomini uguali, la vivacità culturale della città è presente in questi appartamenti, mini centri sociali ai nostri occhi occidentali che propongono jazz, mostre fotografiche, graffiti, proiezioni di filmati psichedelici, poesie e arte contemporanea… ma soprattutto, numerosissimi spazi in cui l’opinione pubblica rumena può finalmente sfogarsi.

A 25 anni dalla caduta del comunismo, da Casa Elisabeta, Casa Carol 53, Casa Lupu passando anche per Casa Jurnalistului, le nuove generazioni si riuniscono per formare una nuova comunità.

Se in passato le iniziative socio-culturali si ritiravano in uno spazio personale e di condivisione tra una cerchia ristretta di amici, dopo essersi duramente scontrate con autorità ostili e ambienti sociali apatici, oggi queste case si apprestano a diventare una rete culturale decentrata, in risposta al vuoto lasciato dalle istituzioni.

Una rete composta da cittadini attivi e giovani, che dà voce alla necessità di una libertà d’espressione più audace, personale e il più lontano possibile dalla corruzione morale e culturale del Paese.

Il faraonico Parlamento della Romania: viaggio nell’utopia socialista di Ceauşescu

Per la puntata di questo mese della mia rubrica sulla Romania voglio portarvi tra le mura dell’ex sede del Partito comunista rumeno (Pcr), nonché attuale e mastodontico Parlamento. Perché andare a visitarlo? Perché Bucarest è la città che ancora oggi porta silenziosa e meste i segni dell’utopia socialista del dittatore Nicolae Ceauşescu.

Come vi dicevo, la capitale rumena veniva chiamata la “Parigi dell’Est” per i suoi bellissimi quartieri votati allo stile Liberty e i suoi numerosi caffè, che tra gli anni ’70 e ’80 vengono bellamente rasi al suolo per la costruzione dei famigerati bloc comunisti. Al posto del centrale quartiere borghese si pensa bene di posizionare il secondo edificio al mondo per dimensioni: il Palazzo del Popolo (Casa Popolurui), oggi faraonico Parlamento.

Numerosi i record della sua spropositata grandezza: con i suoi 12 piani e le sue 3100 stanze, il palazzo ricopre una superficie di 330.000 mq in un progetto valutato 3,3 miliardi di euro. Tappeti lunghi 200 metri, tende da 150 kg, corridoi interminabili e stanze progettate apposta per amplificare al massimo l’eco degli applausi. Non nascondo inoltre che serve una sostanziale colazione per affrontare gli innumerevoli scalini! Ma procediamo con ordine e partiamo dalle sue fondamenta.

Le bandiere Romania comunista. A destra la bandiera del Pcr e a sinistra il simbolo della nazione, solitamente posizionato nel centro della bandiera… non a caso oggi si possono osservare tra le vie della città bandiere con significativi buchi centrali.
Le bandiere Romania comunista. A destra la bandiera del Pcr e a sinistra il simbolo della nazione, solitamente posizionato nel centro della bandiera… non a caso oggi si possono osservare tra le vie della città bandiere con significativi buchi centrali.

A quasi 100 metri dalla superficie sono ancora nascosti i simboli del comunismo, graffitati sui muri o rappresentati in vecchie bandiere. Qui la guida comincia a raccontarci la storia: un bel giorno del 1984 Ceauşescu, fregandosene della realtà e nondimeno della logica, ordina che l’edificio sia categoricamente pronto in un anno. I lavori procedono dunque velocissimi, con l’aiuto di 700 architetti e più di 20.000 operai, coordinati dalla progettista Anca Petrescu. Ma poi la realtà comincia pian piano a insinuarsi nell’utopia e il Palazzo viene ultimato solo nel 1994, sopravvivendo così al suo dittatore.

La costruzione dell’edificio: dal 1984 al 1985.
La costruzione dell’edificio: dal 1984 al 1985.
Nonostante sembri una semplice decorazione del pavimento, in realtà si tratta della pianta dell’edificio.
Nonostante sembri una semplice decorazione del pavimento, in realtà si tratta della pianta dell’edificio.

La frettolosità con cui si idealizza il simbolo per eccellenza del comunismo rumeno causa la distruzione coatta non solo di case e negozi, ma anche di chiese di ingente valore storico e artistico. Per salvare la chiesa ortodossa Mihai Vodă, l’architetto Eugeniu Iordăchescu crea un ingegnoso sistema per trasferire (letteralmente!) la costruzione di un centinaio di metri più in là: posizionando la chiesa su rotaie dei treni, l’edificio si muove tramite l’aiuto di carrelli elettrici!

Questa foto è offerta da TripAdvisor.
Questa foto è offerta da TripAdvisor.

Il palazzo è costruito rigorosamente con materiali di origine rumena. Primo fra tutti il solenne marmo bianco, proveniente da Ruşchiţa in Transilvania, e se durante la visita proverete la sensazione di essere nel Duomo di Milano non dovrete assolutamente sentirvi fuori luogo poiché il marmo che sostiene la Madonnina è proprio originario della Romania ed è della stessa tipologia di quello del Parlamento! Non è vero, ma la nostra guida ne sembra persuasa.

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Il tour finisce con la terrazza, nonché penultimo piano della Casa del Popolo. Ciò che impressiona, oltre la vista della “Via della Vittoria del socialismo”, è il colore di Bucarest, dei suoi edifici e monumenti: secondo Francisc, la nostra guida, si tratta della tonalità “grigio comunismo”.

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A Turkish in Romania

Name and Surname: Reha YILMAZLAR

Age: 24

Country: Turkey

Nationality: Turkish

City: Ankara (The capital)

 

SOMETHING ABOUT YOUR COUNTRY

  1. Which is the form of government ruling in your country?

The government of Turkey takes place in the framework of a secular parliamentary representative democratic republic, whereby the Prime Minister of Turkey is the head of government, and of a multi-party system. The President of Turkey is the head of state who holds a largely ceremonial role but with substantial reserve power.

Turkey’s political system is based on the separation of powers. Executive power is exercised by the Council of Ministers. Legislative power is vested in the Grand National Assembly of Turkey. The judiciary is independent. Changes to the Constitution are not expected.

parcoSeğmenler Parkı is a good choice for me. We usually take our guitars and beers, go there and play, get drunk and chill.

  1. Do you believe corruption exists in your country? How much do you think it influences political life and your private life?

Yes, several months ago it was all on news. There were voice records all over the internet where the prime minister and his son were talking on the phone about a huge amount of money that has been stolen. It is claimed that they were keeping the money in shoeboxes and everyone was making fun of it… It remained on the agenda for quite a while.

Also, last year we had a local election. But during the voting session in some regions electricity was cut off. Most of the people think that it happened because they wanted to rig the election results. However, the funny thing was that our minister of energy showed up on television and said there were some cats near the power centers and they caused all that trouble. We made fun of it on social media for days.

barThis is one of my favourite places to get a drink, or two, or five in my case! The pub is called “Roxanne Pub” as the song from the band “The Police”.

  1. Which is your national language? Do dialects exist in your country? If they do, are they used/known by young people?

Yep. There are certain dialects in some parts of Turkey. So you can identify when someone talks if they are from the Eastern, the Western or the Southern part of Turkey and sometimes you can even guess which city they are from.

  1. Who do you believe to be the cultural icon of your country?

Mustafa Kemal ATATÜRK. He is the founder of Turkey. We owe him so much that every Turkish citizen is raised by his heroic stories, quotes and principles. You can see his statues everywhere in Turkey.

ATATURKMustafa Kemal ATATÜRK.

WHAT ABOUT EUROPE?

  1. Do you consider yourself European?

Hmm that’s a tricky question. You know Istanbul is a bridge between Asia and Europe. So a little part of Turkey is actually in Europe. That’s why we are both European and Asian at the same time.

ponte

  1. Are you able to name a person that you consider symbolic for European culture?
    As a European I can’t name a person but when I think of Europe I somehow think of Art. And as a non-European person of course I do perceive its existence.

I monasteri affrescati della Bucovina, viaggio nel nord-est della Romania

C’era una volta Ştefan cel mare, Stefano il Grande, cugino del temuto Vlad Ţepes l’Impalatore (Dracula), dai lunghi e ondulati capelli biondi, il più grande principe della Moldavia (regno 1457- 1504) famosissimo in tutta la Romania per le sue innumerevoli vittorie contro gli eserciti polacchi, ungheresi e ottomani. Per la sua resistenza e vittoria contro i turchi a Ştefan non bastarono di certo qualche dozzina di pacche sulla spalla: per aver salvato la cultura e le tradizioni rumene il principe decise di erigere quaranta monasteri e chiese, alcuni dei quali considerati oggi patrimonio dell’umanità. Per questo a metà dicembre sono andata a curiosare nella Bucovina meridionale, regione che si estende all’estremo nord della Romania, a confine con l’Ucraina, una delle zone più povere del paese, dove si gira e lavora ancora con carretti trainati da maestosi cavalli.

Monastero di Humor
Monastero di Humor

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I bellissimi monasteri di Ştefan si distinguono per i loro straordinari affreschi e i quattro principali possiedono un colore prevalente capace di distinguerli gli uni dagli altri. Il Monastero di Humor è difatti caratterizzato dalle tonalità del rosso e marrone. Circondato da bastioni, al suo interno si erge una torre che a detta delle guide bisogna scalare per poter ammirare il paesaggio circostante: probabilmente hanno ragione, ma noi non ci siamo riusciti in quanto le suore avevano appena passato la cera.

Monastero di Vononeţ
Monastero di Vononeţ
Giudizio Universale
Giudizio Universale

Costruito in soli tre mesi a seguito di un’importante vittoria, il Monastero di Voroneţ è l’unico a essere associato in tutto il mondo a un peculiare colore, il cosiddetto “blu di Voroneţ”, creato coi lapislazzuli! Rispetto a quello di Humor, si nota la manata di restauro passata nel 2011 e grazie alla quale si può apprezzare il Giudizio Universale sull’intera parete esterna occidentale.

Monastero di Moldoviţei
Monastero di Moldoviţei

Il Monastero di Moldoviţei, tra torri cancelli e prati ben curati, vanta invece la tinta del giallo e il mantenutissimo Assedio di Costantinopoli del 626 d.C. che raffigura un esercito di persiani e avari vestiti peraltro in abiti turchi, forse per ricordare ai fedeli il nemico attuale. Ma la sua vera bellezza risiede nella quiete monastica del convento che lo circonda: per poter apprezzare anche questo aspetto, consiglio difatti di visitare la Bucovina nei mesi di bassa stagione, lontani dalle code, gli scatti e i rumorosi gruppi di turisti organizzati.

Monastero di Suceviţa
Monastero di Suceviţa

Dopo una tortuosa strada di montagna, si raggiungono i 1100 m di quota e il Monastero di Suceviţa, caratterizzato da un bianco muro occidentale: leggenda vuole che l’artista cadde dall’impalcatura nel dipingerlo e che gli altri pittori si rifiutarono di prendere il suo posto, pensando bene che il ferro e le corna non sarebbero stati sufficienti. Iella a parte, le sfumature verde e oro dei suoi affreschi si guadagnano il primo posto nella classifica dei monasteri più suggestivi della regione.

Prima di tornare a Bucarest, perché non fare una piccola deviazione di circa 200 km verso Iaşi? Le due ore passate di sfuggita nella “città dalle cento chiese” ci permettono di visitare solo l’orologio del vecchio Palazzo di Giustizia; chiuso in realtà al pubblico, ma accessibile con un sorriso a 20 LEI. Se sarete abili a conquistare la simpatia del guardiano, potrete ammirare gli ingranaggi dell’orologio all’opera, che incastrandosi gli uni tra gli altri, inseguiti dai rintocchi, vi trasmetteranno la sensazione di stare di fronte a uno dei marchingegni più antichi del mondo.

Ingranaggi dell’orologio del 1906.
Ingranaggi dell’orologio del 1906.

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In copertin: Monastero Voronet [ph. Rolly 00 CC BY-SA 4.0/Wikimedia Commons]

A German in Romania

Name and Surname: Jenny Berger

Age: 22

Country: Germany

Nationality: German

City: Berlin

 

SOMETHING ABOUT YOUR COUNTRY

 

  1. Which is the form of government ruling in your country?

In the Federal Republic of Germany we have a parliamentarian democracy. That means that the most important political decisions are made by a parliament, which is voted by people. Then this parliament votes for the government.  The German government, also called “the Cabinet of Germany”, consists of the chancellor (currently Angela Merkel of the CDU, a really conservative party) and the cabinet ministers.


Fernsehturm
«This is the “Fernsehturm” – I don’t like it that much, but it’s one of the greatest symbols of Berlin»

  1. Do you believe corruption exists in your country? How much do you think it influences political life and your private life?

I am sure that corruption exists in every country, some people are just easily suborned. Mostly corruption is very well hidden and kept as a secret. There are some articles I read a few years ago about corruption in the early 2000s in Germany and about the people who made it public. They say corruption is definitely increasing and campaigns that work against it are fewer and fewer. A current article I found states that still more and more cases are getting exposed. Those affairs have a huge potential to influence the political life and for sure my private life as well, though this happens indirectly.

  1. Which is your national language? Do dialects exist in your country? If they do, are they used/known by young people?

The national language is German, but there are dialects in every region. I am not sure how many young people are using them, but it might be a lot. Though people who speak in a dialect are sometimes considered less educated and that is why most people, especially those who work in public positions, try to speak in a standard German. Which is kind of sad for me, because dialects are really interesting and make people unique in some points.

  1. Who do you believe to be the cultural icon of your country?

A cultural icon, or probably the most known German band in the world, is Rammstein. But of course Germany has and had a LOT of important writers, thinkers, philosophers and musicians.

summer in Berlin«aaaaaaaaaaand I think this one is really typical for summer in Berlin: everyone is sitting on the street, drinking coffee, watch perople passing by»

WHAT ABOUT EUROPE?

  1. Do you consider yourself European?

Europe, or the European Union, is fiction to me. Fictive borders, fictive nations. But still, yes, I consider myself a European citizen.

  1. Are you able to name a person that you consider symbolic for European culture?

I can’t name a person, but I think most of the European ideas, ideologies and trends are delivered through pop culture. So it is the mainstream that defines (for non-Europeans) who and what we are, or at least what is perceived by the general public.

Klunkerkranich 1«This is one of my favorite places in Berlin, called “Klunkerkranich”. It is a garden/bar/cultural center on the roof of a parking house»

Tra le vie di Bucarest, i bambini di strada e la Fondazione Parada

Quando arrivi per la prima volta in una città, i passi ti conducono spontaneamente verso il centro, la parte migliore, biglietto da visita e facciata turistica. A Bucarest, invece, il centro storico ti racconta storie differenti.

Durante i miei primi mesi nella capitale (con molta probabilità a causa delle imminenti e oramai concluse elezioni presidenziali) la città è stata soggetta a continuo ammodernamento, tra strade, marciapiedi e nuove tinteggiature. Quando però si attraversa il giardino di Piaţa Unirii, a un solo chilometro dal Palazzo del Parlamento, nel cuore della città socialista che Ceauşescu cercò di costruire negli anni ‘80, non è possibile distogliere lo sguardo da coloro che dormono sulle panchine o bevono sull’erba. Sono le persone che vivono per strada, non più solo bambini ma anche adulti. Ai primi ho cercato di approcciarmi con sorrisi, saluti e sguardi buffi, sedendomi nelle vicinanze, ma nulla è servito a superare il loro sguardo di diffidenza nei miei confronti. Ho deciso allora di avvicinarmi a chi, con loro, lavora da anni: Associazione Parada Romania.

In Strada Bucur 23, Settore 4, a una decina di minuti da Piaţa Unirii, si trova il centro della Fondazione Parada, associazione che dal 2006 si propone anche su territorio italiano per la promozione e difesa dei bambini di strada. Utilizzando un approccio di tipo partecipativo, l’associazione punta alla reintegrazione sociale della gioventù di strada grazie al centro diurno, concepito come alternativa al vagabondaggio, nel quale si portano avanti attività ludiche e supporto psicologico, e grazie all’unità mobile Caravana, un servizio di assistenza stradale che si pone come intermediario tra la strada e i servizi offerti da Parada. L’unità mobile è attiva tre giorni alla settimana, incontrando diversi gruppi che abitano i canali, portando cibo, coperte e vestiti e parlando dei servizi che l’associazione può offrire, quali doccia, lavatrici e aiuto per la compilazione dei documenti necessari per lavoro e assistenza sanitaria; tutti servizi che Parada, nei due giorni della settimana in cui Caravana non esce dal centro, mette a disposizione dei suoi beneficiari.

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Ma chi sono i suoi beneficiari? Cosa si intende con “per strada”?

Una fascia di popolazione fissa, 1200-1500 persone di tutte le età, vivono senza dimora: d’estate nei parchi e lungo le vie, d’inverno nei canali sotterranei. I canali non sono le fogne. Tra la superficie e le fogne vere e proprie, nei canali scorrono i tubi del riscaldamento centralizzato, fondamentali per coloro che vogliono sopravvivere a un inverno capace di toccare i meno 20°. La strada rappresenta per questi senzatetto la libertà: negli orfanotrofi o nelle residenze messe a disposizione dal governo, la violenza è all’ordine del giorno.

Per le stesse motivazioni è nato il fenomeno dei bambini di strada dopo il Natale del 1989, giorno della caduta del regime comunista di Ceauşeascu. Dopo aver lanciato nel 1966 una campagna contro l’aborto e i metodi contraccettivi seguendo il binomio più rumeni = più potere, il dittatore tagliò le agevolazioni statali per le famiglie numerose, causando l’aumento vertiginoso della mortalità infantile, dell’abbandono di minori e del numero di bambini negli orfanotrofi. Da qui, i ragazzi non potevano scappare. Sino alla caduta del regime. Colpa dunque di Nicolae? Iuliana mi fa saggiamente notare come il numero dei bambini di strada, dal 1989 a oggi, sia costante. «Il problema è che dopo la Rivoluzione nulla è veramente cambiato. E’ subentrato il capitalismo, a gamba tesa, creando squilibri mostruosi accanto a moltissimi benefici, ma il passaggio è stato troppo repentino», proferisce Sergio.

Le strade di Bucarest non sono abitate solamente dai senzatetto. Le occupazioni, soprattutto nel centro storico della città, sono tantissime in quanto dopo l’89 numerose case sono rimaste sfitte e chi non ha una casa occupa, sperando che il proprietario non ritorni. Non è gente che vive nei canali, ma un giorno ci ritornerà: difficile dunque riuscire a fare una stima definitiva di coloro che vivono per strada poiché la strada ha regole tutte sue ed è caratterizzata da una flessibilità con la quale Parada deve fare i conti.

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«Una volta si faceva tantissima animazione lungo le vie della città, il circo, ma oggi non abbiamo la struttura per gestire tutti i bambini che l’attività potrebbe attirare. Senza contare che il personale della fondazione è dimezzato», continua Sergio. L’attività circense è stata cuore e fondamento dell’associazione, nata nel 1996 grazie a Miluod Oukili, giovane clown franco-algerino, che nel 1992 arrivò a Bucarest per fare l’artista di strada. Finì per conoscere i «boschetari» della stazione Gară de Nord e per scommettere che li avrebbe tirati fuori dai canali. Ce la fece con la maggior parte, tanto che uno di loro, allora bambino e oggi trentenne, lavora a Parada.

Per conoscere meglio la sua storia, vi rimando al film Pa-ra-da di Marco Pontecorvo realizzato nel 2008, augurandovi buona visione!

Elena from Moldova

Name and Surname:  Elena Talpa

Age: 24

Country: Moldova (living in Italy since 2003)

Nationality: Moldavian

City: Chisinau

CURRENT EVENTS:

 

  1. Which is the form of government ruling in your country?

Parliamentary Republic.

 

  1. Do you believe corruption exists in your country? How much do you think it influences political life and your private life?

Yes, corruption is still pretty widespread. Almost everything is based on favoritism and bribe. It is changing but too slowly.

It pervades all the working environments, having a negative influence even on one’s personal and social life. If you distrust institutions (economic, political, academic…) you keep building your life through “relationships” and money  and not through real studying and working hard, lowering overall society’s well being .

 

  1. Do you consider yourself European? [For non-European people: could you explain why you chose Europe?]

Yes, I do. Moldova is not part of European Union (yet ;)) but it is still part of Europe as a continent.

 

 CULTURE:

 

  1. Which is your national language? Do dialects exist in your country? If they do, are they used/known by young people?

Romanian. Moldavian can be considered as a dialect, as it is a mix of Romanian and Russian. Someone considers it as an independent language but fortunately the official language is still considered Romanian, at least in the Declaration of Independence. Young people tend to speak “Moldavian” or Russian.

 

  1. Who do you consider to be the cultural icon of your country? (io la metterei un po così: Who do you considered to be the cultural icon of your country)

Mihai  Eminescu, writer and poet, that lived in the XIX century. He is considered to be the “father of the Romanian literature”.

 

  1. Are you able to name a person that you consider symbolic for European culture? [For non-European people: do you perceive the existence of a European culture?]

 I would say Jean Monnet, even if he was a politician and not a cultural  personality. I see him as one of the main protagonists that has had a big impact on the European belonging development and the consequent cultural development. I’m not sure whether we’ve already had real European cultural icons; national icons still have a strong presence, but I think that it is also too soon to say that. EU still needs time and only history will tell us.

Romania

Name and Surname: Andrei Loghin

Age: 25

Country: Hungary

Nationality: Romanian

City: Budapest

CURRENT EVENTS:

  1. Which is the form of government ruling in your country?

First of all, I would like to mention that I think of Romania as my country, although I am living in Hungary at the moment. The form of government is semi-presidential republic.

 

  1. Do you belive corruption exist in your country? How much do you think it influences political life and your private life?

It exists, as it does in all countries to different extents. I wouldn’t say corruption is rampant – maybe not to the level that it is in African countries let’s say, but Romania is not known as a corruption-free country. I can imagine political life is greatly affected by corruption. As for my private life, I think the effect is minimal, or unknown by the public in general at least.

 

  1. Do you considere yourself European? [For non-European people: could you explain why you chose Europe?]

I do. I share the mindset of most Europeans, I believe. We love our diversity and sense of belonging, while holding on to our own uniqueness, that of each separate nation. We love Europe as a whole, although we sometimes hate on each other as different peoples. Nevertheless, it’s togetherness and diversity that keep us going as Europeans.

 

CULTURE:

  1. Which is your national language? Do dialects exist in your country? If they do, are they used/known by young people?

Romanian. There are very few regional dialects, born out of geographical separation and mixture with other cultures. Young people speak in dialects too, just like most people who love in those regions.

 

  1. Who do you consider to be the cultural icon of your country?

This is a tough one. I think, for better or for worse, that we can be proud to call Dracula our own. The real historical figure, Vlad Tepes, I think was even more interesting than the fictional character based on him.

 

  1. Are you able to name a person that you consider symbolic for European culture? [For non-Europena people: do you perceive the existence of a “European culture”?]

Oh, wow. This is an even tougher question. I don’t generally think of ONE single European culture, as a whole, but I guess the first people that pop into my mind are da Vinci, Beethoven, and the like. Although I think most outsiders would think of Angela Merkel or Conchita Wurst nowadays first.

 

Romania

Name and Surname: Alexandra Iancu

Age: 22

Country: Romania

Nationality: Romanian

City: Bucharest

 

 

CURRENT EVENTS:

  1. Which is the form of government ruling in your country?  

Semi-presidential republic.

  1. Do you believe corruption exists in your country? How much do you think it influences political life and your private life?

Corruption exists in all the areas of Romania. It starts from the most important authority governing this country and it gets everywhere. Almost everything is based on corruption here. As a matter of fact, last week, Mr. Victor Ponta, a young(!) candidate running for the presidential elections (of this year) paid thousands of people to come to Bucharest from all over the country, they filled a stadium and were asked to give him a round of applause. Of course, this big sham was recorded by the media, in order to create the impression that a lot of Romanians would go for him and elect him as a future president. I was told by my parents that this used to happen during the Ceausescu regime, the communism. Obviously, corruption has a tremendous power upon our lives. No matter how fair we try to be, we always get stuck somewhere because of all the others who made an ideology out of BRIBE… Or just because we cannot live differently. I used to judge people around me before living abroad. I thought we were the only ones living like this. But I realized Romania is not the most corrupted country in the world. People get to be corrupted because we, as a nation, are poor. We need money in order to survive these huge costs, doctors cannot afford NOT receiving little “gifts” from their patients. How could a person receiving 200 euros par month (minimum salary) live decently when a kilo of lemons is 17 RON (4 euros)? The salaries of a resident start from 200 euros!

  1. Do you consider yourself European? [For non-European people: could you explain why you chose Europe?]

I definitely consider myself European even if I have the feeling that I’m not living in an European country.

 

CULTURE:

  1. Which is your national language? Do dialects exist in your country? If they do, are they used/known by young people?

My language is Romanian. There are variations of language here, in Moldova, in Transilvania, in the west. Young people know about them but they don’t really use them unless they live in those specific areas.

  1. Who do you consider to be the cultural icon of your country?

Unfortunately, all the role models promoted here now are not so “cultural”. Romania is “feeding” its public with the Barbie dolls who can easily get famous by marrying rich guys. In my opinion, the most representative cultural icon for us is Nadia Comaneci, one of the most famous gymnasts in the world. And Simona Halep at the moment, a young tennis player who has just been ranked the 3rd in the WTA ranking, after winning a lot of games in the last months.

  1. Are you able to name a person that you consider symbolic for European culture? [For non- European people: do you perceive the existence of a “European culture”?]

Chopin. It’s quite strange that not even one actual name comes to mind…

Il Delta del Danubio e la sua Sulina, piccolo porto peschereccio

Sei seduto in una barca di legno, su un’asse ricoperta da un panno, e ai lati si adagia una distesa di acqua speculare al cielo. Sei praticamente circondato dalle nuvole, riflesse ed effettive, gli unici tratti che interrompono l’illusione sono gli arbusti e il volo di una moltitudine di uccelli neri sull’orizzonte. Il silenzio è totale, poiché il motore della barca è spento, fino a che non senti quattro, cinque colpi doppi sulla superficie dell’acqua. Sono i pellicani che si alzano in volo, sbattendo le ali e saltando con le loro zampe palmate, e questa non è una seduta psicanalitica ma l’esagerato Delta del Danubio.

Dopo aver girovagato per metà Europa, toccando dieci Paesi, il Danubio, secondo fiume più esteso del nostro continente, si getta finalmente nel Mar Nero, nel nord-est della Romania e al confine con l’Ucraina. Dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, il Danubio si divide nella città di Tulcea in tre bracci, Chilia, Sulina e Sfântu Gheorghe, creando un territorio in costante trasformazione di 4187 kmq caratterizzato da paludi, sabbia, isolotti galleggianti e canneti, che occupano ben 1563 kmq di tale superficie. Il Parco Nazionale del Danubio è oltremodo arricchito dalla variegata popolazione di uccelli, più di 300 specie, e dalle oltre 160 specie di pesci.

Sulina, piccolo villaggio di pescatori sul Mar Nero, è stata la nostra meta e punto di partenza per esplorare il delta. Per arrivarci bisogna prendere un traghetto da Tulcea e godersi le sponde del fiume per 5 ore. La cosa migliore da fare è arrivare al porto senza aver prenotato una pensione: saranno le famiglie del posto a chiedere di potervi ospitare poiché il turismo è la principale risorsa economica della zona e la gente del luogo deve prepararsi al nebbioso e inattivo inverno. Questo fotoreportage è dunque dedicato a questo piccolo villaggio e al ritmo della vita danubiana.

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Bun venit la Bucuresti: l’arrivo in città

Volo di sola andata per Bucarest. Cappuccio della felpa prontamente tirato fin sopra gli occhi, braccia conserte e gambe allungate; sono quasi giunta alla soglia dell’inconscio quando sento il familiare rumore della lattina di birra aperta: sono i miei vicini rumeni, che tra una chiacchiera e l’altra, fanno colazione… ho già detto che l’orario di partenza era previsto per le 8.30?

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Questa rubrica nasce dalla volontà di scoprire un Paese che da sempre viene identificato tramite pregiudizi talmente risaputi che non mi do la pena di trascrivere. Purtroppo, essendo anch’io figlia di questo tempo, non posso fare a meno di prescindere da essi ma posso tuttavia decidere di riconoscerli, aggirarli o scavalcarli a piè pari. Iniziamo dunque a curiosare tra le strade di Bucarest con occhi che da principio non possono che essere inevitabilmente turistici, per poi ambientarci e conoscere i veri rumeni, la vera Bucarest e la vera Romania. 

Divenuta capitale nel 1862 grazie alla strategica posizione tra occidente e oriente, nel XX secolo Bucarest si aggiudica il titolo di “Parigi dell’Est” o “piccola Parigi”, grazie alla costruzione di edifici neoclassici e alla realizzazione di eleganti giardini su modello parigino a fine degli anni ’30. Al giorno d’oggi, però, di tale splendore rimane gran poco: i bombardamenti degli alleati durante la seconda guerra mondiale, il terremoto del 1940, il secondo terremoto nel 1977 che causò 1391 vittime e il massiccio programma di risanamento realizzato negli anni ’80 dal dittatore Nicolae Ceauşescu cancellano definitivamente l’elegante passato di Bucarest. Un esempio è il Palazzo del Parlamento, la famigerata opera di Ceauşescu. Secondo edificio al mondo per dimensioni dopo il Pentagono, è costituito da 12 piani e da 3100 stanze ed è l’attuale sede della camera dei Deputati, di quella del Senato e dal 2004 dell’ecletticoMuseo di ArteContemporanea. Il 20 settembre 2014 la città ha spento la sua 555esima candelina e per l’occasione sono stati proiettati sulla facciata del Parlamento ben cinque performance multimediali raffiguranti la storia e lo spirito di Bucarest.

A voi le cinque performance. Al minuto 25.50 la mia preferita, direttamente dalla Polonia.

Il palazzo del Parlamento.
Il palazzo del Parlamento.

Procedendo verso Nord si giunge a Lipscani, centro storico della città, che prende nome dalla sua via principale. Tra i vicoli stretti, caratterizzati per lo più da edifici degli anni Ottanta non del tutto ristrutturati, si trova l’Antica Corte Principesca di Vlad Ţepeş, meglio noto come Dracula, risalente al XV secolo e in seguito lasciata in stato di abbandono, ma oggi visitabile e in futuro soggetta a lavori di restauro.

Vlad Ţepeş, l’Impalatore.
Vlad Ţepeş, l’Impalatore.

A scrivere il vero, il centro storico è famoso per la sua vita notturna costituita da kebab aperti ventiquattro ore su ventiquattro, da un numero ignoto di club e discoteche ad entrata libera e da spogliarelliste in vetrina che si divertono senza ritegno a prendere in giro gli sguardi accattivanti dei clienti. La maggior parte degli edifici proietta per la strada e per tutta la notte, alba inclusa, le loro luci e musiche composte prevalentemente da un misto di rock, pop e commerciale.

Consumando un po’ di suola e continuando a risalire Calea Victoriei si giunge a Piaţa Revoluţiei, una zona della città segnata dalla caduta del regime comunista. E’ qui, difatti, che Ceauşescu pronunciò l’ultimo discorso dal balcone dell’ex Comitato Centrale del Partito Comunista il 21 dicembre 1989, per poi scappare in elicottero tra le grida di «Abbasso Ceauşescu!», mentre i suoi uomini sparavano sulla folla. Adesso l’edificio è sede del Ministero dell’Interno e di fronte al palazzo si erge il Monumento alla Rinascita: un obelisco bianco circondato da una corona simile a un cesto di dubbia bellezza estetica.

Ex Comitato Centrale del Partito Comunista.
Ex Comitato Centrale del Partito Comunista.
Piaţa Rivoluţiei.
Piaţa Rivoluţiei.

Ma non c’è solo il cemento! Bucarest permette ai suoi abitanti e ai suoi visitatori di riposare membra e occhi nei suoi molteplici parchi, come il più antico parco pubblico della città: il Giardino Cişmigiu, datato 1847.

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Giardino Cişmigiu

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