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Lonely Planet: dalla prima guida underground al successo in tutto il mondo

Chi non ha mai programmato un viaggio con una guida Lonely Planet, o l’ha mai avuta tra le mani sognando posti lontani e sconosciuti? Sicuramente poca gente, visto il numero di lettori nel mondo. E pensare che la Lonely Planet è nata davvero “underground, in sordina…

Pequod ha chiesto a Tiziana Mascarello della Edt, casa editrice italiana di Lonely Planet, di raccontarci tutta la storia, dalla prima guida al successo mondiale.

«Come è nata la Lonely Planet e perché?»

«Lonely Planet nasce negli anni ’70, e la sua storia inizia quando i futuri fondatori, Tony e Maureen Wheeler, partono per un viaggio che da Londra li porta fino a Melbourne, percorrendo tutta l’Asia. In quegli anni si viaggiava ancora poco e in modo abbastanza indipendente: il viaggio era del tipo “fai da te”. Tony e Maureen scrivono la guida dopo aver terminato tutto il viaggio, proprio per incoraggiare le persone che volevano compiere quel tipo di percorso. La loro opinione era “chi fa il viaggio in aereo non sa cosa si perde”, perché avrebbe tralasciato tutta la parte riguardante la conoscenza e il contatto con altre culture. Inoltre, grazie ai loro consigli si sarebbe potuto viaggiare per più mesi con la stessa spesa del viaggio in aereo.

«Tony e Maureen scrivono quindi un libriccino sulla loro esperienza durata un anno, viaggiando con ogni tipo di mezzo: auto acquistate e poi rivendute, traghetti sul Bosforo, autostop. Proprio per fornire dei rudimenti di viaggio e mostrare come ce la si può cavare, rispondendo alle richieste di tante persone che chiedono informazioni, pubblicano Across Asia On The Cheap. Il libro diventa un riferimento e il percorso, in quegli anni dell’epoca hippie, era molto popolare: il Nepal, ad esempio, era la via della droga e della perdizione. Nel libro però passa anche il messaggio che viaggiare “con i piedi per terra” è molto importante per vedere molte cose e fare determinate esperienze. Tony e Maureen capiscono che c’è molta curiosità e bisogno di informazioni pratiche riguardo i viaggi fai da te, e la soddisfano con la loro voglia di viaggiare e trasmettere esperienze.

«È così che la coppia inizia a fare viaggi più approfonditi e dettagliati, soprattutto nel sud-est asiatico, scrivendo ogni volta una guida. Tony e Maureen restano a vivere a Melbourne, dove nasce la casa editrice ora conosciuta in tutto il mondo. Il modo di viaggiare dei fondatori resta sempre lo stesso: è importante informarsi prima, in modo che la scoperta diventi ancora più interessante, ed è fondamentale entrare in contatto con le persone, essere curiosi riguardo alla cultura e alle abitudini locali. Lo stile di viaggio è sempre quello “fai da te” di viaggiatori indipendenti, che in quel periodo utilizzavano qualsiasi mezzo».

Tony e Maureen Wheeler con il loro Across ASIAon the cheap

«Com’è cambiato il pubblico di Lonely Planet dalle prime guide a oggi?»

«Il pubblico si è allargato tantissimo sia perché le persone che viaggiano sono aumentate, sia perché in generale si viaggia di più. Molti di coloro che utilizzano una guida Lonely Planet riconoscono che il viaggio è terapeutico ma anche la guida stessa lo è. Averla infatti costituisce di per sé un’idea di viaggio, e dà conforto perché è una sorta di evasione dal quotidiano, oltre a dare la possibilità di iniziare a conoscere i luoghi che si andranno poi a visitare. È insomma il simbolo del viaggio che ognuno poi si costruisce.

«Oggi l’offerta è molto differenziata: oltre alla guida classica che ha tutte le informazioni necessarie, ci sono guide più specifiche, destinate ai viaggi più brevi, come le guide pocket. Non solo i viaggiatori “fai da te”, ma anche chi si sposta per studio o chi fa viaggi organizzati usa la guida. Le pubblicazioni hanno sempre seguito l’esigenza del viaggiatore che cambia, ma lo spirito rimane principalmente quello del viaggiatore consapevole e informato, che dedica molta attenzione ai posti che visita. Lonely Planet si rende conto di avere delle responsabilità nei confronti della salvaguardia del pianeta, e cerca di indirizzare i suoi lettori verso un turismo consapevole».

«Qual è stata la svolta per il successo di Lonely Planet

«La crescita di Lonely Planet è stata costante i primi anni, per poi diventare esponenziale negli anni ‘90. Nata nel 1973, si è fatta conoscere inizialmente con il passaparola, senza grandi investimenti pubblicitari. Si può dire che le persone che utilizzavano una guida erano soddisfatte e la consigliavano ai propri amici. Le strategie di marketing sono arrivate dopo, quando la casa editrice ha iniziato ad aumentare le proprie sedi e ora la diffusione è molto più facile grazie ai canali social. Si può dire però che il successo è stato determinato dalla necessità di un prodotto che dava informazioni molto pratiche su dove dirigersi, a chi rivolgersi per avere informazioni, dove reperire il mezzo adeguato, e altre piccole certezze che davano sicurezza a chi organizzava viaggi da solo in quel periodo».

«Quante persone leggono le guide di Lonely Planet

«Anche Lonely Planet viaggia, non solo i suoi lettori! I numeri parlano chiaro: la quota di mercato in Italia è del 50%, e ciò significa che una persona su due la utilizza.

«Le destinazioni pubblicate invece cambiano a seconda dei periodi storici, dei cambiamenti socioeconomici, dei pericoli: i flussi di viaggio cambiano, i lettori restano. In realtà resta anche una guida evergreen, quella di New York. In questo periodo anche il Giappone attrae molto!».

 «Qual è la chiave di Lonely Planet per continuare ad avere successo?»

«Non perdere il contatto con i viaggiatori, che è costante. Prima avveniva con lettere, appunti che i viaggiatori scrivevano per migliorare lo strumento di viaggio, approfondire o proporre alternative. Ora tutto ciò avviene tramite i social network, ma il contatto permane continuo e costante, ed è fondamentale per rispondere alle esigenze del pubblico.

«Possiamo dire che negli anni in cui iniziano a nascere le agenzie di viaggio e i viaggi organizzati, la Lonely Planet era un’alternativa. Adesso le offerte sono molto differenziate e personalizzate, offrono un ventaglio molto più ampio di scelta. La nostra proposta resta però sempre la stessa: fornire una guida da cui il viaggiatore può estrapolare il proprio itinerario».

«C’è ancora qualcosa di underground nella Lonely Planet di oggi rispetto ad altre guide?»

«Lo spirito che sopravvive è quello di dare indicazioni molto puntuali oltre alla continua ricerca di curiosità, di luoghi autentici spesso meno conosciuti perché fuori dai percorsi più battuti. Vengono segnalati ovviamente anche i luoghi assolutamente da non perdere e i punti di riferimento essenziali, ma anche tantissimi altri che danno un’idea più precisa del Paese o della città, ricercandone le parti meno turistiche e più “quotidiane”».

Anno nuovo, mete nuove!

L’anno nuovo porta con sé sempre quella voglia di migliorarsi e di realizzare i propri sogni, e un viaggio cos’è se non un sogno che si realizza?

Ci sono però un sacco di posti meravigliosi da visitare, e decidere dove andare è una scelta difficile. Perciò, dove andiamo nel 2018? L’abbiamo chiesto a Tiziana Mascarello, editor dei titoli fotografici di Lonely Planet.

Ci racconta qualcosa sul suo lavoro?

Lavoro in Edt nell’area Lonely Planet e, oltre che dell’area marketing, mi occupo di selezionare i titoli fotografici che pubblichiamo durante tutto l’anno. Questi libri in genere sono tematici e contengono informazioni e foto di suggestione, che sviluppano da punti di vista diversi per aiutare il lettore a decidere quale meta scegliere. Meta che poi si potrà scoprire durante il viaggio che ne seguirà, sebbene queste pubblicazioni permettano di viaggiare anche rimanendo comodamente seduti in poltrona con il libro in mano.

Lisbona, Portogallo

Qual è stata la meta di maggiore tendenza del 2017 e perché?

Ogni anno a ottobre pubblichiamo Best in Travel, che contiene informazioni riguardanti le mete che Lonely Planet consiglia perché in quel determinato anno accade qualcosa in particolare. Al suo interno vi sono classifiche di destinazioni come i top 10 Paesi, città e regioni, le tendenze di viaggio per il relativo anno e le destinazioni più convenienti.

Nel 2017 le tra le destinazioni top c’era il Canada, perché festeggiava il centocinquantesimo anniversario della nascita del Paese, sancita dal Constitution Act che ne determinò l’autonomia. La meta è piaciuta molto ai nostri viaggiatori, come gli Stati Uniti, consigliati per il centenario dei parchi nazionali: c’erano infatti tariffe particolari, e sono state aperte zone in genere non accessibili al pubblico.

Tra le mete più gettonate negli ultimi anni c’è anche il Portogallo, con un occhio di riguardo per Lisbona che è la destinazione favorita dai viaggiatori all’interno del Paese. Inoltre, tra il 2016 e il 2017 hanno suscitato grande interesse Cuba e l’Islanda, per il fatto di essere entrambe isole molto particolari che incuriosiscono i viaggiatori.

L’Avana, Cuba

Quali saranno le mete da non perdere nel 2018?

Nel Best in Travel 2018 troviamo, per quanto riguarda l’Italia, Matera. La città diventerà Capitale della cultura nel 2019, ma è già pronta a ospitare i visitatori, poiché ha intensificato le attività culturali e, non essendo ancora troppo turistica, è meglio visitabile. Inoltre, a fine dicembre è uscita la prima guida delle Dolomiti, meravigliosa destinazione Patrimonio dell’Unesco, e tra pochi giorni verrà pubblicata la prima guida Piemonte, regione che sebbene poco conosciuta offre un connubio perfetto tra storia, arte e natura tutto da scoprire.

Il viaggiatore Lonely Planet è molto curioso e vuole visitare anche luoghi meno consueti: nel 2018 il Best in Travel consiglia la Georgia, che un secolo fa aveva avuto un breve periodo di indipendenza e festeggia quest’anniversario. Il Paese è ubicato in una regione che ha mantenuto uno spirito tradizionale molto forte, quindi c’è molto da scoprire all’interno di essa.

Per quanto riguarda l’Europa, l’Andalusia è una di quelle regioni che hanno una combinazione vincente tra clima meraviglioso, gente meravigliosa, arte e cultura. Siviglia si sta trasformando in una città sempre più vivibile ed ecologica, e dato che nel 2018 cade l’anniversario della nascita del pittore Murillo, ci saranno diverse mostre dedicate a lui stesso e all’arte barocca.

Un’altra città europea da visitare nel 2018 è Anversa, che quest’anno offre un mix di arte barocca, ospitando un’importante rassegna di pittura a cui prenderanno parte anche artisti fiamminghi. Inoltre, si stanno riqualificando gli spazi più periferici con opere d’arte e architetture particolari e interessanti: la città vuole allargarsi tramite iniziative culturali anche al di fuori del tracciato turistico classico relativo al centro storico.

Anversa, Belgio

Fuori dal continente europeo, la destinazione top del 2018 è il Cile, che festeggia l’importante anniversario dei 200 anni di indipendenza: per l’occasione, è aumentata la quantità di voli che raggiungono il Paese. Il luogo che il viaggiatore indipendente e avventuroso preferisce all’interno del territorio cileno è Valparaiso, città d’arte costiera, dove si respira un’atmosfera suggestiva tra il romantico e il bohémien.

I flussi turistici negli ultimi anni hanno subito anche il fascino del Giappone. Lonely Planet consiglia di visitarne i luoghi meno noti, specialmente la Penisola di Kii che ora è più accessibile e ancora poco turistica.

Ci sono mete che non passano mai di moda?

Una delle destinazioni top di sempre tra le città continua ad essere New York, la cui guida è in cima alle classifiche di vendita da moltissimi anni. In Italia invece è indiscutibilmente la Sicilia, che piace sempre ai viaggiatori.

New York, USA

Ci sono invece destinazioni che hanno riscosso interesse per tempi molto brevi?

La città di Stoccolma ha meno successo rispetto agli anni scorsi per l’emergere di altre destinazioni, e la stessa cosa succede in America latina per la Bolivia, ora meno visitata perché offuscata dal successo turistico di Cile ed Argentina.

Una delle guide meno vendute negli anni è stata quella di Seoul, ma era stata pubblicata anni fa, quando i tempi non erano ancora maturi. Anche la Tunisia era una destinazione molto amata dai visitatori, e oggi Lonely Planet non ha guide su di essa in catalogo.

Viaggi e sicurezza: c’è davvero paura?

La sicurezza inevitabilmente influisce sui flussi turistici, ma alcune destinazioni, come ad esempio Parigi e Barcellona, subiscono un contraccolpo nell’immediato e in seguito si riassestano. Da quello che vediamo e che i nostri viaggiatori ci comunicano attraverso i social e le mail, percepiamo che si continua a viaggiare, per fortuna. Il viaggio è sempre un elemento forte, va oltre alla paura.

Siviglia, Andalusia, Spagna

Cosa cerca oggi il turista?

I viaggiatori di Lonely Planet cercano luoghi particolari e viaggi in cui fare cose, vivere esperienze. È per questo che pubblichiamo anche libri tematici che danno indicazioni su come viaggiare alla scoperta di nuovi luoghi on the road, a piedi o in bicicletta. Si cercano viaggi d’esperienza, che permettano di conoscere un luogo non solo attraverso una visita di passaggio, ma anche tramite attività, per vedere tutto più da vicino. Il viaggiatore è consapevole, si informa e conosce i posti, li vive in modo più approfondito anche attraverso il contatto con i locali e la loro cucina.

Lei dove andrà nel 2018?

A Berlino, che non ho mai visto in estate, e in Asia Centrale, probabilmente nelle zone dell’Iran, ma il viaggio è ancora tutto da costruire.

Ulisse Fest: Viaggio negli USA più remoti

Un incontro davvero particolare si è svolto Sabato 1 Luglio in Piazza Vecchia a Bergamo, dal titolo Viaggio negli Usa più remoti. Davanti al pubblico molto interessato di Ulisse Fest, gli ospiti, tutti grandi viaggiatori ed esperti di storia degli Stati Uniti, hanno raccontato i loro viaggi più recenti e alcuni aneddoti.

Giorgio Vasta, quest’anno candidato al Premio Strega, si trovava in America proprio in concomitanza alle elezioni del novembre scorso. Insieme a Ramak Fazel, un fotografo di origine iraniana naturalizzato americano, ha scritto qualche anno fa un libro intitolato Absolutely Nothing. Storie e sparizioni nei deserti americani, dopo un viaggio dei due amici in jeep, che parla dei deserti di California, New Mexico, Arizona, Nevada e Lousiana e dei non – luoghi dello spazio americano.

Ciò che interessa ai due autori è soprattutto vedere e toccare con mano quell’America della quale raramente si parla, quella delle cittadine di poche centinaia di abitanti che si sentono dimenticati dallo Stato. Quell’America che ha votato in maggioranza per Trump nelle elezioni, e della quale tutti i giornalisti e gli analisti si sono dimenticati in quel giorno di novembre in cui nessuno ha capito cosa fosse successo. Giorgio Vasta ci racconta che il posto che l’ha più colpito dei suoi viaggi negli USA è Glendora, una piccola cittadina nel Mississipi, con 200 abitanti, di cui nessuno si era iscritto alle liste elettorali per votare, perché profondamente disillusi, e che viveva nella più assoluta povertà. Questa è la vera America, ci dice.

Insieme ai due amici viaggiatori, anche Mauro Buffa parla della sua esperienza americana al pubblico. Nel 2015 ha infatti scritto il libro Usa Coast to Coast, nel quale racconta la sua esperienza di girovagare per gli USA usando i leggendari greyhound bus. Da ovest a est, da New York a San Francisco, Mauro incontrerà la più varia umanità e si ritroverà a passare ore con la parte più vera dell’America: i veterani che tornano dal fronte, le madri adolescenti che non possono permettersi una macchina, i viaggiatori curiosi che vogliono sperimentare un modo diverso di viaggiare.

Tutti gli autori hanno invitato il pubblico ad uscire dalle classiche destinazioni e le grandi città, per inoltrarsi in posti meno battuti che sanno raccontare storie che non ci si aspetterebbe, dall’America. E voi, cosa aspettate a partire?

Ulisse Fest Bergamo 2017: Lonely Planet atterra a Bergamo

Una suggestiva terrazza sul mondo: ecco cosa diventerà Città Alta, centro storico di Bergamo, dal 30 giugno al 2 luglio 2017. Questo perché EDT, casa editrice che dal 1992 pubblica le iconiche guide di viaggio Lonely Planet, insieme al laboratorio di comunicazione Idee al Lavoro e al Comune di Bergamo, ha scelto la città lombarda per la prima edizione di Ulisse Fest. Viaggi, Incontri e Altri Mondi.

Cosa sarà Ulisse Fest? Come ha raccontato questa mattina alla conferenza stampa a Bergamo Angelo Pittro, direttore marketing e commerciale di Lonely Planet, Ulisse Fest sarà un festival senza confini, costruito secondo le caratteristiche dei lettori delle celebri guide di viaggio, che proprio quest’anno compiono 25 anni. Da Bergamo alla Puglia, dall’Italia alla Slovenia fino al Giappone e altre mete: questo l’itinerario dei tre giorni bergamaschi dedicati al viaggio. E il tema della manifestazione, “Portami Via”, non poteva essere più eloquente: tutti noi infatti sentiamo l’esigenza di scappare dalla routine, zaino in spalla e Lonely Planet alla mano. Voglia di viaggiare e di esplorare, ma con un occhio attento anche a questioni meno leggere e più delicate, in primis il dramma dei migranti, spesso provenienti da quei luoghi che da viaggiatori abbiamo imparato ad amare.

Nel corso del festival si alterneranno reading, laboratori ed incontri con autori, giornalisti e personaggi dello spettacolo, come La Pina e il fascinoso Chef Rubio. Non mancheranno neanche le attività di intrattenimento, dall’aperitivo ai dj set, rigorosamente made in Slovenia, fino alla Lonely Planet Celebration Night di sabato 1 luglio che culminerà nell’esibizione dell’Orchestra Popolare “La Notte della Taranta”. Fra gli appuntamenti fissi della tre giorni bergamasca segnaliamo Citylights, una serie di incontri dedicati a varie città del mondo, e Tatami Time, un allenamento di yoga per principianti e appassionati nella suggestiva cornice del Chiostro di San Francesco.

Viaggi, food, letteratura e innovazione del turismo: queste le tematiche in cui potranno immergersi gli avventori di Ulisse Fest partecipando agli eventi assolutamente gratuiti del festival. E per chi non si accontentasse del già fittissimo programma, Ulisse Fest ha pensato a un’esperienza ancora più coinvolgente proponendo I Cantieri, tre workshop dedicati alla fotografia, alla scrittura e all’arte dei carnet di viaggio.

Non resta che aspettare il 30 giugno per tuffarsi in questo incredibile viaggio all’insegna dei viaggi!

Auguri Lonely Planet! 25 anni da guida turistica

Con il caldo afoso degli ultimi giorni è stato difficile frenare la mente dal perpetuo desiderio di viaggi lontani e mete sconosciute. L’estate sembra oramai essere esplosa nel cielo e una delle guide più famose al mondo non si lascerà cogliere impreparata neppure quest’anno. Soprattutto quest’anno! 25 anni fa la casa editrice torinese EDT pubblicava in Italia le sue prime due guide Lonely Planet! Alla vigilia di questo anniversario, Lonely Planet Italia festeggerà il suo primo quarto di secolo a Bergamo con il Festival “UlisseFest viaggi incontri e altri mondi”, un evento per eccellenza dedicato agli amanti del viaggio e dell’incontro con le altrui culture. Per l’occasione, gli instancabili narratori della Lonely saranno affiancati dalle vivaci realtà rappresentate dal laboratorio di comunicazione polivalente “Idee al lavoro” e il laboratorio della curiosità per bimbi “Xké?”.

“Explore every day”, il video appositamente creato da Lonely Planet Italia per i suoi 25 anni di attività. / Tutti i diritti sono riservati.

Da grande navigatore quale è, Pequod non poteva farsi sfuggire questo importante compleanno e, prima di salpare verso l’imperdibile Festival di Bergamo, è andato a scambiare qualche parola con il direttore marketing di Lonely Planet Italia, Angelo Pittro.

 

Partiamo dall’UlisseFest: come si svolgerà il festival? E in quali luoghi della città di Bergamo?

Dal 30 giugno al 2 luglio, UlisseFest invaderà Città Alta, da Piazza Vecchia fino a Piazza Mascheroni, proponendo eventi altresì all’interno di alcuni chiostri della cittadella. L’appuntamento sarà un’occasione per buttare un occhio al di là dei propri confini e proprio per questo abbiamo scelto Bergamo: Città Alta rappresenta per noi una terrazza sul mondo, una finestra sull’oltre. Autori di Lonely Planet e giornalisti, viaggiatori, fotografi ed esperti saranno gli ospiti di questa edizione, tutti accomunati dall’aver fatto del viaggio una componente fondamentale della propria vita.

 

Qual è il tema principale del Festival?

Il filo conduttore di tutti gli eventi si intitola “Portami via”. Una tematizzazione per noi molto importante poiché portatrice di un duplice significato: per un verso, questo tema rappresenta la voglia di evasione che tutti noi sperimentiamo prima del viaggio e, allo stesso tempo, tale tematica raffigura la necessità di partire di tutti coloro che vivono in una situazione di difficoltà, come può essere la miseria o una guerra. Se superare il confine significa solamente andare in vacanza, allora l’idea stessa di viaggio viene meno.

A latere, tre workshop per mostrare al pubblico come si racconta un viaggio non solo agli altri, altresì a se stessi. Un modo non solo per raccontare, quindi, ma anche per fissare su carta i propri ricordi. Benché il Festival si presenterà gratuitamente a chi vorrà partecipare, per i workshop richiederemo un piccolo contributo, previa iscrizione.

Credits: Kavram, Patagonia, southern Argentina. The famous Route 40 paved road parallel to the Andes.


In questi 25 anni di carriera, quali sono stati i cambiamenti più significativi di Lonely Planet Italia?

Per un verso è cambiato tutto e per l’altro non è cambiato nulla! Il modo in cui si viaggia è cambiato notevolmente: ad esempio, quando si raccolgono notizie su un viaggio o una meta oggigiorno c’è un eccesso di informazioni che 25 anni fa era impensabile ottenere. Nel medesimo istante, però, tutto è rimasto come allora: poche sono le fonti veramente autorevoli e aggiornate e proprio in questo contesto si inserisce una buona guida.

La sfida di Internet non ci ha colto impreparati. Lonely Planet Italia ha sempre cercato di cogliere le esigenze dei propri viaggiatori: online si possono trovare le nostre guide e i nostri cataloghi, sia in formato pdf che per supporti iPad. Si possono inoltre acquistare singoli capitoli! Ad esempio, se si desidera organizzare un viaggio che da Bergamo porti a Lisbona, adesso si possono scaricare solo i paragrafi che ci interessano… tutto ciò permette una formidabile personalizzazione della propria guida. Infine, anche i tempi di produzione di una guida sono notevolmente accorciati. Prima bisognava attendere il rientro dell’autore, mentre oggi il giornalista può semplicemente caricare le nuove informazioni raccolte su un server, le quali possono essere stampate o caricate online in tempi celeri.

 

Cosa significa viaggiare con una guida Lonely Planet nello zaino nel 2017? Le esigenze dei lettori sono cambiate?

Lo zoccolo duro dei nostri lettori cerca sempre di fare esperienza e non solo osservazione passiva di una destinazione. Sin dagli albori, i lettori ci han sempre scritto per aggiornare i dati delle nostre guide. Queste sono le principali costanti del modo di viaggiare di chi ci legge. Se dobbiamo trovare delle differenze, di certo sono cambiate le destinazioni. Ricordo i primi anni in cui andava per la maggiore il Messico e il Sud America, per poi lasciar spazio al Medio Oriente. I fatti di oggi, ahimè, hanno inevitabilmente cambiato l’asse delle mete preferite. Un tempo Egitto e Turchia erano due Paesi visitati moltissimo, mentre adesso è difficile anche solo ricevere informazioni aggiornate. In questo periodo i viaggiatori si dirigono sempre più a Est: il Giappone non viene più considerato una meta irraggiungibile e proibitiva.

Credits: Sean Pavone, Fujiyoshida, Japan at Chureito Pagoda and Mt. Fuji in the spring with cherry blossoms.


Sentendo tutte queste destinazioni esotiche e immaginando di visitarle, mi sorge una domanda spontanea: viaggiatore e turista rappresentano due modalità di viaggio completamente differenti?

Creare dei confini concettuali è quanto di più sbagliato si possa fare. Questa distinzione è stata spesso usata negli anni per dividere soggetti di classe A e di classe B; un modo di fare completamente opposto alla nostra etica. Alcune volte è piacevole vivere la nostra esperienza di viaggiatore in spiaggia, prendendo il sole e sorseggiando un cocktail. Altre volte, nella medesima vacanza, potremmo sentire il bisogno di avvicinarci ai locali e quindi visitare un mercatino di spezie venendo a contatto con una realtà differente alla nostra quotidianità. La distinzione sta tuttavia nell’essere più o meno informato su una meta, possedere o meno consapevolezza del contesto circostante. Un contesto che può cambiare anche solo fra Bergamo e Torino.

Credits: Peter Zelei Images, Lavender fields, Plateau de Valensole.


Avendo un target di lettori assai variegato, come fa Lonely Panet Italia a far coesistere nello stesso prodotto editoriale le richieste di un pubblico giovanile e quelle di uno più maturo?

Una delle ragioni del successo di Lonely Planet riguarda proprio il linguaggio. Nelle nostre guide si possono sì trovare informazioni pratiche per un viaggio in autonomia, ma allo stesso tempo i consigli di viaggio sono raccontati con un linguaggio amichevole, un compagno di viaggio cartaceo che si esprime con parole informali. Questo accadeva diversi lustri fa e tutt’oggi è così rimasto.

 

E come fate ad interagire con un pubblico di giovanissimi?

Purtroppo mi duole ricordare che l’Italia è uno dei Paesi europei in cui si legge di meno, soprattutto nella fascia dai 13 ai 17 anni. La nostra ambizione è proprio quella di raccontarci e avvicinarci a questi lettori: Lonely Planet Itali – Kids è un progetto nato per i bambini dai sei anni in su per trasmettere la curiosità verso il viaggio, poiché siamo ben consapevoli che la voglia di esplorare deve essere appresa a quell’età. Per i nostri piccoli esploratori proponiamo libri sulla città e sull’ambiente, come avventurarsi nelle profondità di un oceano o fare surf sulle dune dei deserti. La curiosità va coltivata e non bisogna di certo dirigersi dall’altra parte del mondo: si può stare anche a casa propria, l’importante è osservarne i dettagli!

Credits: Justin Foulkes, Avenue of the Baobabs, Morondava, Madagascar.


Spaziamo oltre i confini temporali: come si presenterà Lonely Planet Italia fra 25 anni?

Ah! Spero di esserci ancora… scherzi a parte, bisogna capire come aumenteranno sempre più i media con cui si diffonderà la cultura del viaggio. Ad esempio, un trend degli ultimi anni è l’utilizzo di filmati video. Di conseguenza, man mano che si evolvono gli strumenti di racconto, ci evolviamo anche noi. Tuttavia è soprattutto il viaggiatore che ti guida. Un bravo editore deve essere in grado di capirlo in fretta e mettersi a disposizione. La Lonely Planet è nata proprio per soddisfare un’idea democratica di viaggio: l’idea che viaggiare fosse alla portata di tutti ha permesso alla nostra guida di differenziarsi dagli editori ancora ancorati all’idea ottocentesca dei ricchi viaggiatori aristocratici.

 

E per finire… un consiglio per le vacanze estive 2017?

Ogni anno Lonely Planet Italia propone “Best in Travel”, la raccolta delle dieci città, dieci regioni e dieci Paesi che suggeriamo di  visitare prima del successivo capodanno. Come scoprirete durante “UlisseFest”, quest’anno le mete migliori da visitare sono Perù e Canada!

In Copertina: i fondatori e primi autori di Lonely Planet, Tony e Maureen Wheeler.

Le fotografie di questo articolo sono state gentilmente concesse da Lonely Planet Italia. Tutti i diritti sono riservati.

Il viaggio superato. Calabria e India in due fughe “all’altro millennio”

Il battesimo del volo lo presi ch’ero bimbo, a 5 anni, nell’Agosto del ’95.
Per quel che i miei ricordano dovette essere anche il primo reale viaggio dopo il mio “arrivo”.
Al tempo la trama era quella di un’Orio al Serio che timidamente si approcciava alla scena aeroportuale nostrana, di tratte aeree low cost comparse sporadicamente solo oltreoceano e in nord Europa e assolutamente nessun cenno di velivoli RyanAir sopra i cieli italiani.
Così, l’esordio di questa “gita” fu: Milano Linate- Lamezia Terme.
200.000 lire a capo per la traversata del paese. Erano bei soldi all’epoca!

Il primo computer, a casa, lo vidi non prima dei 12 anni; perciò, senza ausilio di scatole onniscienti (per altro la linea internet approdò in Italia soltanto nella seconda metà degli ’80 e ancora pochissimi erano i fruitori del world wide web), il babbo organizzò il soggiorno a Vibo Valentia con l’appoggio di quell’entità capace ch’era l’agenzia turistica.
Non si parlava pressoché mai di “Online”; di conseguenza l’agenzia di viaggi operava esclusivamente in un luogo fisico, uno spazio contenitore che tutto offriva in soluzione alla smania organizzativa di itinerari e permanenze, elargendo depliant e guide turistiche per ogni angolo del globo.

Certo, io ero solo un marmocchio prima del nuovo millennio e poco ricordo del nostro peregrinare estivo; tanto meno delle strategie organizzative che permettevano la buona riuscita del viaggio.
Inoltre, per i miei (da giovani) le spedizioni lontane erano assai sporadiche. All’epoca erano poche le famiglie che si permettevano viaggi extracontinentali, mentre i più preferivano le vicine coste del belpaese.

Volo Alitalia

Assai più esaustivo l’episodio indiano di Bobo, incallito (ex)amante dell’Asia meridionale incontrato sui colli della Maremma. Ragazzo, nell’81, parte per quello che si rivelerà essere il viaggio più duraturo nel suo bagaglio d’esperienze.
Ha indicativamente un concetto vasto di meta (India e dintorni, per l’appunto), un visto di 6 mesi, qualche bottiglia di whisky (poi capirete perché mai) e un biglietto sola andata per Nuova Delhi reperito tramite una delle suddette agenzie: viaggio e avventura risultavano spesso sinonimici.
Nel Nord del paese le giornate si spendono tra l’esplorazione, la ricerca di ospitalità o alloggio e gli spostamenti. Spostamenti tramite mezzi pubblici locali o -tadadadam- Autostop!

Obbligo di aprire una parentesi su questa pratica universalmente riconosciuta come hitchhiking (letteralmente: lunga escursione fatta a tratti).
In particolar modo negli anni 70, per ristrettezze economiche, ambientalismo (pare…) e ricerca d’avventura, la gioventù (e non solo) tendeva a optare per questo canale di trasporto facendo volentieri buon viso all’espansione notevole delle tempistiche di “crociera”.
Già dalla seconda metà degli ’80 però, con l’aumento del tenore di vita e la conseguente diffusione dell’automobile, il pollice alzato si ammoscia cadendo in uno stato di stasi.
All’avvento del nuovo millennio è addirittura una pratica osteggiata, diffondendosi i timori per i rischi legati allo salire su automobili sconosciute.
Solo oggi un parente stretto dell’autostop sembra tornare alla ribalta, proprio grazie allo sviluppo della rete di una realtà virtuale, che ne permette forma organizzata: BlaBlaCar e simili. Il “nipote” s’è fatto anche furbo e prevede solitamente un esiguo contributo economico da parte del passeggero. Ricomparsa di ristrettezze?

Tornando all’India: dal Rajasthan alla città di Patna dove, mediante dritte giunte per passaparola, Bobo sa di poter racimolare la quota necessaria del biglietto aereo per Kathmandu (Nepal) rivendendo a ottimo prezzo il whisky portatosi dall’Italia. (Questa mi è particolarmente piaciuta).

A questo punto noi infileremmo un what’suppino o una chiamata alla famiglia lasciata dall’altra parte del mondo però… incredibile! Fino a 20 anni fa non solo Internet non era diffuso ma pure il telefono portatile era in una sacca amniotica!
Mantenere contatti con casa, in generale, era tanto raro quanto più s’era lontani; ecco che il ruolo della cartolina si rivelava essere molto più sensibile ed essenziale di quello attribuitole oggi.
All’alba del 2000 ancora il mondo non era attraversato da onde wi-fi che permettessero di acchiappare conversazioni nell’aere; per avvisare casa era ancora necessario collegarsi alla rete telefonica, che si affacciava ad alcuni angoli di strada nella forma di cabine pubbliche. Oggi queste hanno l’aura dell’archeologico residuo di un passato recente.

Rientrando dalla divagazione: giusto il tempo necessario a perlustrare il nuovo stato ospite e via per il trekking sull’Himalaya. Nessuna guida per Bobo, perlomeno in carne e ossa: solo un minuscolo Lonely Planet, testo sacro e perenne compagno del viaggiatore, unica fonte d’informazioni oltre il sopracitato passaparola.
Il salvifico dispensario accompagnava chiunque in ogni tipologia di viaggio: lo trovavi in mano alla madre milanese in visita con famiglia a Firenze come in saccoccia al fricchettone danese volutamente “perdutosi” in Guatemala.
E allora, spaziando, rivedo paragrafi nella memoria dove sul cruscotto della Opel Kadett attende, spiegazzata, la tanto fedele quanto criptica mappa stradale. Quel leggendario menomato tomtom cartaceo che, combinato alla segnaletica per la via, era la fonte primaria d’orientamento.
E mi fa sorridere pensare che meno di una ventina d’anni fa, spesso, si sbagliava ancora strada; ci si affidava alla capacità (e all’azzardo) di decifrare un disegno intricato di colori, parole e linee e si sbagliava strada.
Non è che fosse piacevole in sé: ci scappava anche qualche moccolo, ma ti lasciava quella sensazione di avere una compartecipazione col tempo, che il tuo andare era anche uno smarrirsi e ritrovare, rispecchiando la romantica insicurezza che ci muove.

Telefono Sirio – Gratuitamente distribuito dalla SIP nelle case degli italiani tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000

In una fuga come quella di Bobo certamente vi era una dose di “spartanità” in più rispetto a una vacanza canonica di allora ma c’è da considerare che milioni di giovani optavano per viaggi similari; ne concentravano le caratteristiche, esasperandole. Scandagliavano l’adattabilità coi pochi agi e mezzi disponibili. Pochissima stabilità, la costante dell’imprevedibile.

Per tornare a Vibo Valentia e a una manciata di estati successive la situazione fu molto meno audace; ma mappe stradali, cabine telefoniche e sorprese erano nella quotidianità dello spostarsi.

Rimugini una volta ancora su quanto cambi tutto nel tempo, in miriadi di ambiti delle nostre vite.
Viene naturale guardar su.
Stelle.
Altrove nel trascorso, in cammino, erano loro le guide.

Quella volta in cui sbagliammo la fermata del traghetto sul Volga

«Forse dovevamo scendere lì?» aveva farfugliato una delle mie compagne di viaggio mentre il traghetto si allontana dalla riva di Shiryaevo, villaggio sulle rive del Volga, in Russia. Ma facciamo un passo indietro e cominciamo dall’inizio di questo viaggio fatto di imprevisti, che ha visto come protagoniste me e due fedeli compagne. Fino ad allora la Russia per noi aveva significato soltanto Mosca, la capitale, la metropoli da 13 milioni di abitanti, coi suoi grattacieli, i suoi caotici tunnel sotterranei e gli imponenti palazzi sovietici che si estendono a perdita d’occhio. Per quell’anno avevamo deciso di cambiare, abbandonare la ben nota città del Cremlino e della Piazza Rossa e partire verso una Russia a noi sconosciuta, quella del Volga e delle sue città, dei porti, delle isole sul fiume e dei villaggi di pescatori.

Zaino in spalla e Lonely Planet alla mano eravamo arrivate a Kazan, perla del Volga e capitale del Tatarstan, magnifica città che avevamo salutato con nostalgia dai finestrini opachi di un autobus traballante, diretto a Samara. Certo non si può dire che Kazan ci avesse riservato lo stesso saluto affettuoso, dato che l’equipaggio dell’aliscafo che poche ore prima ci doveva riportare in città dall’escursione al villaggio di Bolgar aveva minacciato di non riportarci in città, obbligandoci a salire a spintoni sulla barca e a trascorrere tre ore sedute a terra con altre decine di malcapitati escursionisti.

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Imbarcazione sul Volga

«La fatica che abbiamo fatto per prendere quest’autobus sarà ripagata dalla bellezza di Samara» dicevamo, mentre scendeva la notte e ci addormentavamo cullate dalla strada che attraversava la Russia seguendo il corso del Volga da nord verso sud. Eravamo convinte che al risveglio, con le prime luci dell’alba, ci saremmo trovate in una pittoresca e vivace città affacciata sul Volga e sulle sue spiagge incantate. A svegliarci invece, alle quattro del mattino, era stata una brusca frenata accompagnata dall’urlo dell’autista che ci intimava di sbrigarci a scendere. Benvenuti a Samara! Ci trovavamo nel parcheggio desolato, completamente buio, di un’autostazione di periferia, composta da una lugubre sala d’aspetto illuminata da luci al neon lampeggianti.

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Samara

«Che si fa adesso?» ci siamo chieste impaurite. Avendo previsto di arrivare in città non prima delle sette del mattino, sapevamo che il proprietario dell’appartamento che avevamo affittato non ci avrebbe accolte prima di tre ore. Così passammo la notte lì, assistendo pian piano allo svuotarsi della sala d’attesa. Arrivate stremate ma salve all’alloggio era ora di partire, finalmente, alla scoperta della città. Ma ecco la prima sorpresa: a Samara non esistevano un centro o dei monumenti! L’unica differenza fra la periferia e la parte centrale della città era che gli enormi e squallidi palazzoni avvicinandosi alla parte “storica” della città si trasformavano in baracche di legno fatiscenti.

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Samara

Decise a non rimanere un minuto di più in quel luogo da incubo ci recammo verso il porto, perché in fin dei conti il motivo per cui avevamo intrapreso quel viaggio era il Volga. Imbarcate su un traghetto diretto a Shiryaevo, che sapevamo essere un delizioso villaggio di artisti immerso nella natura e affacciato sul Volga, bastarono pochi minuti per lasciarci alle spalle il brusco arrivo in quella città inospitale. Infatti, man mano l’odiata Samara si allontanava, le sponde del Volga si addolcivano, descrivendo morbide colline verdeggianti. E così, dopo due ore di placida navigazione, eravamo talmente rilassate da non accorgerci che il traghetto si era fermato proprio a Shiryaevo per far scendere i passeggeri, tutti, tranne noi tre, troppo intente ad osservare il paesaggio per leggere il nome del villaggio sulla banchina.

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Molo di Shiryaevo

«E ora?» ci chiedemmo senza nemmeno arrabbiarci con noi stesse, mentre il traghetto ripartiva da Shiryaevo, ridendo del caso che ancora una volta ci stava prendendo in giro. Decidemmo di scendere alla fermata successiva, convinte che fosse meglio non arrischiarsi oltre. Sbarcammo presso un molo situato accanto ad una spiaggia, circondata da prati incolti e capanne semi abbandonate. Oltre a noi, sulla spiaggia c’erano una manciata di anziane signore, babushki, che sonnecchiavano all’ombra degli alberi. Decidemmo di affrontare la sventura con spirito e, in men che non si dica, ci eravamo tuffate nelle acque cristalline del Volga. Era bastato davvero poco per dimenticare il dispiacere di aver mancato la fermata giusta del traghetto! Quando poi scoprimmo che dalle 12 uno dei pochi edifici di quell’angolo remoto di Russia si sarebbe trasformato in una mensa, con autentiche pietanze russe, eravamo addirittura felici di non essere scese al molo di Shiryaevo. Perché ormai l’avevamo capito, le esperienze migliori sono quelle che capitano per caso, quasi per scherzo.

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Sponde del Volga, Samara

Nymphenburg – Castelli della Baviera #2 

Il Castello di Nymphenburg (Castello delle Ninfe) venne costruito tra il 1664 e il 1726 e fu adibito a residenza estiva dai re bavaresi.

Il palazzo si trova a Monaco di Baviera ed è distante pochi chilometri dal centro storico.

L’intero complesso esterno si basa sul modello francese, mentre i saloni e le stanze sono in stile barocco.

Il vasto salone d’ingresso è soprannominato “sala della musica”, nella quale il tema ricorrente è la musica che adorna gli sfarzosi affreschi e gli specchi presenti nella sala.

Un’altra stanza molto importante è la “camera da letto verde” dove il 25 agosto 1845 nacque Ludwig II Wittelsbach, conosciuto come il re “folle”.

Il giardino di Nymphenburg di stile inglese è abbellito da innumerevoli statue, fontane e padiglioni, con diversi corsi d’acqua che scorrono attraverso il parco, per poi fluire nel laghetto difronte al palazzo dove sguazzano numerose varietà di anatre e maestosi cigni bianchi, sempre amati della famiglia reale.

In una delle due ali laterali della reggia sono situati due musei rilevanti, il museo delle porcellane e il Marstallmuseum (museo delle carrozze e slitte), laddove tra le molte carrozze adoperate dai reali per matrimoni, funerali o semplici spostamenti, vi si trova la carrozza dell’incoronazione, usta da Ludwig II di Baviera.

Lo schloss Nymphenburg e i suoi giardini sono incantevoli, soprattutto durante le giornate di sole, per la ragion che come dice un detto tedesco:

“Quando gli angeli viaggiano, il sole sorride”.

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Dagli Appennini alle Ande, un viaggio in Sud America

Un viaggio lungo tre settimane, dal profondo nord dell’Argentina passando per le foreste della Bolivia ai monti del Perù. Un pezzo di Sudamerica, quella parte del mondo ricca di tesori, tesori della cultura più che dei governi.

Da Buenos Aires alle cascate dell’Iguazù, nel nord ovest dell’Argentina, una delle sette meraviglie del mondo, patrimonio dell’umanità; dalle lande desertiche dell’Argentina alle Salinas Grandes, un enorme deserto di sale, 6000 km quadrati; dalla Bolivia, coi suoi tramonti, la povertà e foglie di coca ruminate lentamente, al Perù, sulle cui alte cime, a Machu Picchu, restano le testimonianze di una grande civiltà perduta nei fumi del tempo e delle guerre, con quei conquistatori che portarono modernità e devasto.

Posti, volti, storie che rimangono negli occhi, forse impossibili da raccontare a parole e allora ci si prova per immagini, scatti che vogliono invitare a visitare un pezzo di continente dall’altra parte dell’Oceano.

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#ijf14 Il co-fondatore delle guide Lonely Planet: Tony Wheeler

Il co-fondatore della Lonely Planet Tony Wheeler racconta la storia della collana di guide, situazioni critiche legate al successo e il mito dei “Luoghi pericolosi”, interloquendo con Lee Marshall, scrittore di viaggio.
Tony nasce in Gran Bretagna ma si mette in viaggio fin da piccolo infatti, per seguire il padre pilota di aerei, la famiglia si trasferisce dapprima in Pakistan, poi alle Bahamas e infine negli Stati Uniti.
Durante l’Università conosce Maureen, che diventerà sua moglie, con la quale decide di prendersi un anno sabbatico (in realtà saranno quattro anni) per viaggiare: andranno da Londra all’Australia attraverso la cosiddetta “Rotta degli Hippies“: Turchia, Iran, Afghanistan, India.
Nel 1973 viene pubblicato Across Asia on the cheap, libro che non era stato programmato per essere tale, ma frutto di una raccolta di appunti che scrivevano a mano e si scambiavano tra viaggiatori, una sorta di trip advisor on the road che funzionava senza smartphone e andava ad arricchire le informazioni delle guide tradizionali (Guide Blu, Guide Michelin ecc.) le quali fornivano quasi esclusivamente indicazioni sui monumenti e sulla storia del luogo.
Perciò le guide Lonely Planet costituirono una rivoluzione.
Dal 2011 Lonely Planet è stata acquistata dal gruppo britannico BBC Wordwide.
Con il successo però iniziarono anche ad arrivare le critiche, per esempio i coniugi Wheeler vennero accusati di rovinare luoghi incontaminati, favorendo il turismo. Tuttavia si trattava di guide che volevano diffondere la conoscenza di luoghi del pianeta senza trascurare i più sperduti; mentre il turismo era certamente frutto di altri tipi di investimento, per esempio la costruzione di aeroporti e strutture alberghiere dei quali Lonely Planet non era responsabile.
Inoltre sono stati accusati di sostenere i regimi, efficace l’esempio della guida relativa alla Birmania per la quale è in atto un boicottaggio da parte di un’associazione di diritti umanitari.
Wheeler oggi cerca di sfatare il mito dei luoghi che abitualmente vengono ritenuti rischiosi per l’incolumità. Spesso, dice, mangiamo o utilizziamo prodotti che vengono da tutto il mondo e viaggiare in luoghi insoliti ci permette di scoprirne le origini, di scoprire che ,ad esempio, il Pakistan è il maggior produttore mondiale di palle da cricket.
Racconta vari aneddoti di situazioni al confine «della linea d’ombra»: imprigionato in Congo per essere poi derubato, preso a sassate in Palestina perché scambiato per israeliano. Tuttavia conclude: «i luoghi che ti lasciano a bocca aperta, quelli che ti tagliano il fiato, sono spesso i luoghi meno confortevoli, amichevoli, accoglienti […] e ti accorgi che poi, da vicino, i posti pericolosi sono posti normali».