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Ode ai treni cinesi

Durante i miei studi universitari, ho trascorso in Cina diversi mesi, a Pechino e a Shanghai, tra il 2010 e il 2013. Nel corso dei miei soggiorni, ho avuto modo di compiere numerosi viaggi in varie aree del Paese, tutte molto diverse e distanti tra loro. Quando mi chiedono che cosa mi ha più colpito dei miei viaggi, ho l’imbarazzo della scelta: il cibo delizioso? I panorami incredibili? Gli sguardi curiosi e cordiali dei cinesi che ti accompagnano ovunque? Sicuramente tutto questo e anche di più, ma se dovessi scegliere un elemento distintivo e peculiare di ogni mio viaggio, opterei per i treni cinesi.

In Cina, a meno che non si abbia una patente cinese, non è possibile affittare una macchina e circolare autonomamente; per i lunghi tragitti bisogna affidarsi ad altri mezzi di trasporto e il migliore, secondo me, è il treno. Parlate con chiunque abbia viaggiato in Cina e sicuramente avrà almeno un aneddoto divertente e interessante da raccontarvi riguardo le sue esperienze sui treni del Dragone, unici nel loro genere.

Una carrozza di sedili duri sul treno Pechino-Xi’an, 2011. [Fonte: Lucia Ghezzi-Tutti i diritti riservati].

Innanzitutto, acquistando un biglietto del treno in Cina, non vi sentirete chiedere se preferite viaggiare in prima o seconda classe, ma se volete sedili morbidi, sedili duri o posti in piedi. Se un tempo i sedili duri erano, fedeli al loro nome, esattamente delle panche di legno, adesso in molti casi non è più così. Sebbene siano tuttora molto meno confortevoli rispetto ai sedili morbidi, la differenza principale tra i due è che le carrozze dei sedili duri ospitano anche i posti in piedi, quelli morbidi sono invece in carrozze separate.

Ciò significa che, acquistando un biglietto nei sedili morbidi, non dovrete trascorrere il vostro viaggio in carrozze affollate all’inverosimile con decine di persone accampate nei corridoi, tutte con borse piene di merci varie e, in alcuni casi, anche galline o piccoli animali al seguito. Chiaramente, per lo stesso motivo i sedili duri e i posti in piedi sono anche quelli più interessanti, dove non potrete fare a meno di entrare in contatto, in tutti i sensi, con i vostri “vicini”, i quali, che parliate cinese o meno, proveranno sicuramente a chiacchierare con voi e vi offriranno dei semi di girasole, lo snack da viaggio cinese per eccellenza.

Ho fatto diversi viaggi in treno sui sedili duri e in alcuni casi anche nei posti in piedi, in genere per tratte medie di sette o otto ore, e sono state tutte esperienze speciali.

Foto di gruppo: Lucia con una famiglia della provincia del Guizhou in una carrozza di cuccette dure sul treno Hangzhou-Huaihua. [Fonte: Lucia Ghezzi – Tutti i diritti riservati].

Per le tratte più lunghe, invece, nel mio caso in media tra le 20-25 ore, ho optato per le cuccette, divise a loro volta in morbide e dure. Anche qui la differenza sta nella comodità e nello spazio a disposizione: le cuccette dure sono sei per ogni scompartimento, disposte come due letti a castello con tre piani l’uno; mentre le cuccette morbide sono solo quattro per scompartimento e molto più confortevoli.

A parte questa prima differenza, però, anche le cuccette dure non sono tutte uguali tra loro. Le più basse, per cui non si ha bisogno di usare la scaletta, sono più costose, in quanto più comode per spostarsi e alzarsi e provviste di un piccolo tavolino su cui appoggiarsi e mangiare durante il giorno. Tuttavia, sono anche quelle con meno privacy, dato che gli occupanti delle cuccette superiori spesso le usano come sedili durante le ore diurne. Ammetto di essere una grande fan delle cuccette dure, a cui sono legati molti dei miei ricordi dei treni cinesi.

Un altro aspetto tipico, e da me molto apprezzato, dei viaggi sui treni cinesi è il cibo. Nelle carrozze con le cuccette, infatti, negli orari dei pasti gli inservienti passano con dei carrelli su ruote da cui si possono scegliere diverse pietanze di carne, verdure, uova, ecc., tutte regolarmente accompagnate dal riso bianco. Certo, se non parlate cinese sceglierete probabilmente un po’ a caso in base all’aspetto, ma in genere non verrete delusi, credetemi!

In alternativa, se proprio non vi fidate del cibo sul treno, potete acquistare delle vettovaglie nelle stazioni prima di partire. In particolare, i fangbianmian, gli spaghetti istantanei, sono una costante dei viaggi in treno. Ogni carrozza, infatti, che sia di sedili o cuccette morbidi o duri, è provvista di un distributore di acqua calda, essenziale sia per riempire i thermos del té che ogni cinese si porta sempre appresso, sia per far rinvenire gli spaghetti istantanei da mangiare in brodo.

Uno scompartimento di cuccette dure sul treno Pechino-Mosca. [Fonte: jcb2u/Flickr. Licenza CC BY-ND 2.0]

I treni cinesi di questo tipo, purtroppo, sono una specie in via d’estinzione, e sempre più spesso vengono rimpiazzati da linee moderne e ad alta velocità, che permettono di attraversare le enormi distanze del Paese in poche ore. Non nego che andare da Pechino a Shanghai (circa 1200 km) in meno di cinque ore, comodamente seduti in uno scompartimento moderno e pulito, rappresenti un notevole risparmio di tempo e fatica, ma così quello in treno non è più un viaggio, solo uno spostamento.

Il nuovo anno della Capra, tra tradizione e hi-tech

È da poco iniziato l’anno della capra, e in Cina si sono conclusi i festeggiamenti per il nuovo anno, con un imponente movimento di ritorno verso le grandi città di lavoratori e studenti che sono tornati a rivitalizzare le strade delle metropoli lasciate deserte durante le festività.

Quando in Cina si parla di Chunjie 春节 o Festa della primavera, in occidente noto come capodanno cinese, si pensa subito al Chunyun 春运, lett. “trasporto di primavera”, il più grande movimento migratorio al mondo a cadenza annuale, che interessa studenti e lavoratori che dalle grandi città tornano presso le proprie famiglie e villaggi d’origine per trascorrere le vacanze .Un movimento che inizia dalla terza settimana di gennaio e finisce alla fine di febbraio con circa 3,6 miliardi di viaggiatori stimati dal governo, una cifra superiore al numero effettivo della popolazione cinese dato con quasi tre viaggi stimati per cittadino cinese, distribuiti per le stazioni ferroviarie, gli aeroporti e le autostrade nazionali.

Una rappresentazione grafica del movimento di viaggiatori durante il Chunyun (via Baidu).
Una rappresentazione grafica del movimento di viaggiatori durante il Chunyun (via Baidu).

Motore principale di questo grande movimento di persone è la grande occasione di ricongiungimento familiare che il Chunjie rappresenta, motivo per il quale è una delle feste più sentite dalla popolazione cinese. Le festività per il nuovo anno durano per due settimane consecutive, dalla sera della vigilia, in cui si consuma un ricco banchetto in famiglia, alla sera del quindicesimo giorno del primo mese lunare del nuovo anno, con la Festa delle Lanterne.
Tra le attività tipiche del Chunjie si annoverano la preparazione della casa all’arrivo del nuovo anno, con addobbi di colore rosso su porte e pareti, segno di buon auspicio; il banchetto della vigilia, in cui non possono mancare i jiaozi, che per la loro forma simile al tael una antica moneta cinese, sono considerati simbolo di ricchezza e fortuna; la visione del Gran Galà di Capodanno, appuntamento irrinunciabili per le famiglie cinesi e trasmesso dalla tv nazionale CCTV, che quest’anno ha raggiunto un picco di 690 milioni di spettatori.

Gli addobbi e i paramenti di colore rosso utilizzati per preparare la casa al nuovo anno.
Gli addobbi e i paramenti di colore rosso utilizzati per preparare la casa al nuovo anno.

Il rosso benaugurale ritorna nel colore hongbao, buste decorate contenenti somme di denaro più o meno importanti, che vengono consegnate in dono ad amici, parenti e colleghi durante gli avvenimenti lieti, come l’inizio del nuovo anno. Una pratica che vuole essere un augurio di felicità e prosperità, oltre che una dimostrazione di rispetto e stima, e particolarmente cara al popolo cinese, tanto da essersi aggiornata con le nuove tecnologie.

Un esempio di hongbao telematica.
Un esempio di hongbao telematica.

Da qualche anno difatti, è possibile inviare le hongbao in maniera telematica, attraverso i maggiori social network e provider di pagamenti telematici cinesi.  Secondo la Tencent, società che gestisce l’app Wechat, i cinesi si sono scambiati durante queste festività di capodanno oltre un miliardo di hongbao in-app, a fronte di sole 20 milioni di buste rosse dello scorso capodanno.
La società Alipay ha comunicato che attraverso la sua app per pagamenti Alipay Wallet, solo nella vigilia di capodanno i cinesi si sono scambiati in dono hongbao telematiche per un valore di circa 642 milioni di dollari. Una bella dose di prosperità sia per gli utenti che per il business delle telecomunicazioni al servizio della tradizione.

Il monastero buddhista Yonghegong: scrigno di spiritualità nella capitale

Incoscienti pedoni che camminano a testa bassa sugli smartphone, indelicate spintonate in metropolitana, lotte senza quartiere per un taxi libero nell’ora di punta, è questo il pane quotidiano di un occidentale residente a Pechino. Lungi dall’aspettarsi la compostezza confuciana del mandarino in una metropoli moderna, è pur vero che il rapporto con la popolazione locale può risultare spesso impersonale, quando non distaccato e conflittuale.

Approcciare alla più intima essenza del popolo cinese è tuttavia possibile visitando luoghi ancora permeati della sensibilità autoctona, espressione di una spiritualità millenaria, altrove intorpidita dai dettami di una società freneticamente mutevole come quella cinese.
Uno di questi luoghi è il monastero Yonghegong, o Lama Temple, nel distretto di Dongcheng.

Interno del monastero Yonghegong, da notare la vivacità dei decori e dello stile architettonico buddhista.
Interno del monastero Yonghegong, da notare la vivacità dei decori e dello stile architettonico buddhista.

Costruito nel 1694 dall’imperatore Kangxi, deve al suo successore Yongzheng la conversione da corte imperiale a monastero buddhista lamaista e ospita tuttora una comunità di monaci tibetani.
Consta di cinque cortili sui quali si affacciano diversi edifici, ciascuno contenente diverse opere sacre buddhiste, tra le quali spiccano la scultura del Buddha Sakyamuni predicante con  i discepoli Ananda e Kasyapa, le statue di bronzo dei Buddha delle Tre Ere e la statua del Buddha Maitreya, alta ventisei metri di cui otto sottoterra, ricavata da un unico tronco di sandalo.

L’imponente statua lignea del Buddha Maitreya.
L’imponente statua lignea del Buddha Maitreya.

Qualunque approccio occidentale nel visitare questo luogo allontanerebbe il visitatore dal percepire la peculiare atmosfera del Yonghegong. Piuttosto che macchina fotografica e audio guida, è preferibile dotarsi di una discreta arrendevolezza al lento fluire dei visitatori locali e del tempo.
Conseguentemente, verrà naturale partecipare al rituale dell’accensione dell’incenso prima dell’ingresso in ciascuno dei diversi edifici del monastero, al fine di purificarsi prima dell’accesso ai diversi tesori buddhisti. Una fragranza, quella dell’incenso, che arricchisce il silenzio sovrano tra le mura del monastero, che sebbene siano alte pochi metri, ne preservano l’atmosfera sacrale.

All’interno del monastero, è difficile non perdersi nell’osservare i rituali dei visitatori locali, come le ripetute prostrazioni davanti alle sculture votive, effettuate con lo stesso dignitoso raccoglimento da giovani e anziani, eleganti uomini di affari e modeste famigliole. O ancora, l’incedere lento e misurato, scandito dal gorgogliare delle preghiere dei monaci tibetani, avvolti nelle caratteristiche tuniche color ocra. Senza dimenticare l’usanza della messa in movimento delle ruote di preghiera tibetane, o la benedizione di piccoli oggetti votivi, ultimo passaggio prima di varcare le porte del monastero e immergersi nuovamente nel mondo esterno.

Una realtà esterna frenetica e convulsa, che pare riesca solo a lambire questo scrigno di spiritualità incastonato nella capitale. Il paradosso è come sempre dietro l’angolo: l’accesso alla avveniristica metropolitana e la giungla cittadina di cui è espressione sono a pochi passi dall’ingresso del monastero.

In copertina ph. The Erica Chang [CC BY-SA 3.0/Wikimedia Commons]

Beijing World Food Fair: l’agroalimentare made in Italy passa da Pechino

Dal 26 al 28 novembre scorsi, il China National Convention Center di Pechino ha ospitato l’edizione 2014 della World Food Fair, evento di punta per il settore dell’alimentare e della gastronomia  di livello internazionale. L’esposizione, organizzata in collaborazione tra Koelnmesse, importante ente fieristico tedesco, e la Camera di commercio per il settore agroalimentare del governo cinese, si pone come appuntamento imprescindibile per le imprese di tutto il mondo intenzionate a ritagliarsi uno spazio nel ricco e variegato mercato agroalimentare cinese.

La capitale Pechino, al centro di una rete commerciale che serve 200 milioni di consumatori, si pone come polo strategico per il settore agroalimentare del nord-est della Cina, con il vantaggio, rispetto alla diretta concorrente Shanghai, di servire un mercato meno saturo e maggiormente in ascesa, grazie alla crescente domanda delle vicine regioni di Tianjin Hebei, Shanxi e Mongolia.

Una delle aziende espositrici all’interno dell’Area Italia
Una delle aziende espositrici all’interno dell’Area Italia

L’Italia, con la sua secolare tradizione gastronomica, non poteva mancare all’appuntamento.
Supportate da Cibus – Fiera di Parma, un pool di 50 aziende italiane ha  offerto ai visitatori cinesi il meglio della gastronomia tricolore: vino, olio, pasta, conserve, prodotti caseari e salumi, sono alcuni dei prodotti presentati agli importatori e distributori cinesi giunti all’evento. All’interno dell’Area Italia sono avvenuti quindi i contatti più importanti ai fini della promozione della tradizione gastronomica italiana nel nord-est della Cina e al suo consolidamento in tutta la Cina continentale e nei paesi vicini nel prossimo futuro. Un processo, tuttavia, non privo di difficoltà.

La lounge dell’Area Italia all’interno dell’esposizione
La lounge dell’Area Italia all’interno dell’esposizione

L’incontro tra espositori italiani e visitatori cinesi ha infatti dimostrato quanto il clash culturale tra occidente e oriente non risparmi la tavola. “Perché il prosciutto di Parma è così rosso?” , “Perché l’olio extravergine costa di più se proviene dalla stessa oliva?”, sono solo alcune delle domande poste dai visitatori cinesi, che dimostrano una lontananza non solo geografica del consumatore locale rispetto alla tradizione gastronomica italiana.

Il prosciutto di Parma, prodotto di culto tra i consumatori cinesi
Il prosciutto di Parma, prodotto di culto tra i consumatori cinesi

“Per conquistare il consumatore cinese le nostre aziende devono puntare sulla qualità” ha dichiarato sua eccellenza Alberto Bradanini, ambasciatore d’Italia per la Cina e la Mongolia, in occasione del  ricevimento per le aziende italiane espositrici tenutosi nell’ambasciata italiana a Pechino.
“Il consumatore cinese, sempre più attento e esigente per quanto riguarda i prodotti agroalimentari di importazione, merita il massimo impegno delle nostre aziende, volto alla proposta di un prodotto di alto livello vicino ai gusti autoctoni, ai fini di una presenza stabile e duratura nel mercato cinese.“

Insomma, se mangiare è cultura, è la qualità a porsi come il mezzo più adatto alla diffusione della tradizione  alimentare italiana, per dare alla gastronomia made in Italy le giuste credenziali per entrare sulle tavole dei consumatori cinesi e di tutto il mondo.

Mercatino delle pulci in salsa cinese

Questo articolo è dedicato agli amanti dell’antiquariato, delle cianfrusaglie, della oggettistica più stramba che utile, di quei piccoli oggetti che sanno raccontare una storia ormai perduta, a quelle persone che impazziscono al solo pensiero di spulciare tra una miriade di oggetti esposti in vendita in maniera disordinata e scomposta, in poche parole, ai vagabondi dei mercatini delle pulci.

Dopo aver visitato i luoghi “clou” pechinesi, come la Grande Muraglia, la Città Proibita, il Palazzo d’Estate, e via dicendo, val la pena ritagliarsi una giornata per visitare il Panjiayuan Flea Market, situato nel distretto di Chaoyang, comodamente raggiungibile a piedi dalla fermata metro di Panjiayuan, sulla linea 10.

Dimenticate l’immagine quasi idilliaca e rilassante dei piccoli e appartati mercatini delle pulci alle quali siamo abituati: oggetti d’altri tempi ricoperti da quella caratteristica patina austera e che suscita riverenza nell’animo dello spettatore, placidi venditori quasi restii a separarsi dalle proprie cianfrusaglie, e quella curiosa impressione che il tempo si sia fermato per qualche ora. Preparatevi invece a un caotico e vivace mercato distribuito su una superficie totale di quasi 50.000 m2, che rendono il Panjiayuan Flea Market il più grande e fornito mercatino delle pulci su tutto il territorio cinese. Qui si può trovare veramente di tutto: opere di calligrafia, minerali, gioielli, giade di tutti i tipi e colori, lacche, pennelli, banconote antiche, articoli di propaganda risalenti alla Rivoluzione Culturale, tessuti e stampe, oggetti di artigianato delle minoranze etniche cinesi, porcellane, oro, argento, mobili, metalli preziosi e non di epoca imperiale, statue di tutte le grandezze, oggetti di legno intagliato, servizi da tè, oggettistica in avorio e osso intagliato, mobili in canapa intrecciata, e tanti altri piccoli tesori. Il confine tra mero mercatino delle pulci e una autentica area museale è labile: col giusto occhio (e la giusta dose di pazienza) non sarà difficile mettere insieme un piccolo “tesoretto” dal valore storico inestimabile.

Va da sé che la parola d’ordine è contrattare: il venditore di turno cercherà di guadagnare il più possibile dalla transazione, gonfiando eccezionalmente il prezzo di vendita. Siate fermi nelle vostre posizioni e utilizzate tutti i vostri assi nella manica da contrattatori selvaggi (compresa la tecnica del “lascio tutto e vado via”) e riuscirete ad abbassare il prezzo richiesto fino al 50% e oltre. Il fil rouge che lega la visita al Panjiayuan è il colore. La diversità della merce esposta crea qui una gamma cromatica così completa che difficilmente può essere riscontrata altrove: si va dai colori brillanti della giada e dei minerali a quelli opachi dei metalli e dell’oggettistica in ferro di epoca dinastica, dal bianco puro della carta di riso delle opere calligrafiche alla tavolozza multicolore delle stampe e dei tessuti artigianali.

Ed è questa gamma di colori che, in maniera del tutto amatoriale, ho tentato di catturare e raccogliere per i lettori di Pequod.

La “lunga marcia” fino al permesso di soggiorno cinese

Flessibilità, approccio user-friendly, rapidità. Tutte queste sono qualità  che NON appartengono alla burocrazia cinese, e nella fattispecie, al processo di ottenimento di un permesso di soggiorno per motivi di studio.

Ma andiamo con ordine.

Quest’anno sono tornato a Beijing, presso l’ormai familiare Beijing Language & Culture University, per un corso di lingua cinese della durata di un anno accademico.

La scelta di un periodo di studio maggiore ai sei mesi ha fatto sì che rientrassi in una categoria di immigrato diversa rispetto a quella del semestre passato. Ciò ha comportato una percorso burocratico da seguire del tutto diverso a quello previsto per gli iscritti a un corso di lingua di durata semestrale (qui tutte le informazioni e i consigli in tal caso).

Per il mio ritorno alla rubrica “Al di qua della Grande Muraglia”,  ecco quindi una serie di consigli, informazioni e semplici racconti di esperienza vissuta, per venire in aiuto e preparare psicologicamente  coloro i quali hanno intenzione di proseguire i propri studi in Cina per più di un semestre.

Come sempre, la pazienza sarà la virtù dello studente straniero in Cina, basterà tenere a mente delle semplici accortezze per ottenere con soddisfazione il proprio residence permit.

Il visto
Le cose cambiano fin dalla richiesta del visto, che va effettuata con giusto anticipo prima della partenza. Stavolta, occorrerà richiedere un visto di tipo X1, tramite consegna di passaporto, lettera di ammissione dell’università ospitante, biglietto aereo, modulo di richiesta visto e due fototessere presso il centro VisaforChina.

Un visto di tipo X1.
Un visto di tipo X1.
La particolarità di questo visto è che ha una durata di 30 giorni dall’ingresso in terra cinese, periodo entro il quale va tassativamente effettuata la richiesta per il permesso di soggiorno, pena espatrio dalla Cina.
Dall’università all’ospedale
Una volta giunti presso l’università ospitante scelta e completate le procedure di iscrizione del caso, saremo invitati ad effettuare le visite mediche di rito, qualora non siano state già effettuate in madrepatria.
Di norma, le università ospitanti offrono un servizio di assistenza per prenotare le visite mediche propedeutiche alla richiesta del permesso di soggiorno, che sono effettuate dal Beijing International Travel Health Care Center, nel distretto di Haidian.
Qui è possibile sia certificare le proprie analisi mediche effettuate in madrepatria, che farle ex novo. Al di là dei più diffusi pregiudizi sul sistema sanitario cinese, io ho trovato molto più comodo ed economico fare tutte le analisi mediche ex novo in Cina.
Per una cifra intorno ai 50 euro e nell’arco di tempo di 2 ore, sono stato sottoposto a tutte le visite mediche di rito, ovvero raggi X al torace, prelievo del sangue (comprensivo di esame HIV), controllo peso e altezza, controllo della vista, controllo della pressione ed elettrocardiogramma. In aggiunta, condividere con altri stranieri il peculiare sistema “a catena di montaggio” delle visite mediche è un valore aggiunto: le prime amicizie si fanno proprio mentre si aspetta il proprio turno per questo o quell’altro esame!
Un giorno di ordinaria amministrazione presso il Beijing International Travel Health Care Center.
Un giorno di ordinaria amministrazione presso il Beijing International Travel Health Care Center.

L’ultimo passo verso il residence permit
Una volta ottenuti ( o certificati) i risultati delle visite mediche , basterà consegnarle insieme al passaporto,  lettera di ammissione dell’università ospitante e fototessera all’ Administrative Department of Entry-Exit of Beijing Public Security Bureau, situato nelle vicinanze del Lama Temple, o Yonghegong.
Anche in questo caso, un apposito ufficio dell’università ospitante potrà effettuare quest’ultima procedura in nostra vece, senza andare di persona all’ufficio immigrazione. La procedura per l’emissione del permesso di soggiorno può durare da un minimo di due settimane a un mese, al termine del quale basterà pagare le spese burocratiche (500 RMB,poco più di 50 euro)  e ritirare il proprio passaporto, all’interno del quale sarà presente il nostro residence permit.

Un permesso di soggiorno fresco di emissione.
Un permesso di soggiorno fresco di emissione.

Va tenuto a mente che uno dei benefici del residence permit è quello di poter tranquillamente entrare e uscire dalla Cina senza dover richiedere nuovi visti, oltre che la possibilità di emettere lettere di invito per permettere ad amici o famigliari di entrare in Cina, senza dover richiedere un visto turistico (di breve durata).
Dopo un buon mesetto sotto il giogo della burocrazia cinese, eccovi liberi e formalmente residenti al di qua della Grande Muraglia! Buona permanenza!

Le due facce di Nanluoguxiang

La passeggiata per Nanluoguxiang 南锣鼓巷 (letteralmente “la via dei gong e dei tamburi del Sud”), è una delle destinazioni turistiche più famose e apprezzate all’interno della città di Pechino.
Situata nel distretto di Dongcheng e facilmente raggiungibile in metropolitana, Nanluoguxiang è un hutong  lungo circa 800 metri, costruito durante la dinastia Yuan (1271–1368), anche se è sotto la dinastia Qing (1644–1912) che ha assunto il nome odierno.
ph. Dimitris Argyris [CC BY-SA 2.0/Wikimedia Commons]
Quando si parla di hutong, ci si riferisce alla tradizionale morfologia urbanistica più facilmente riscontrabile nella Cina settentrionale e quindi nella capitale Beijing. Si tratta di agglomerati di caseggiati disposti di maniera adiacente e parallela l’uno con l’altro, formando un caratteristico reticolo di viuzze e dedali color grigio mattone, testimonianza di una Cina urbana di altri tempi.
Il termine hutong, “piccola via, stradina”, è apparso però solo durante la dinastia Yuan, essendo di derivazione mongola e dal significato originale di “città”.
Hutong visto dall’alto
Durante l’età imperiale, lo sviluppo abitativo dei cittadini pechinesi si è originato a partire dal fulcro della vita sociale, politica e religiosa della capitale: la Città Proibita. Da qui, le abitazioni si sono sviluppate in maniera concentrica, a seconda del rango e dell’ordine dei loro proprietari. In particolare, gli aristocratici godevano dell’onore di una maggiore vicinanza alla Città Proibita e le loro proprietà si trovavano a oriente e a occidente di essa. La struttura architettonica di riferimento era per tutti il siheyuan, lett. “cortile delimitato per i quattro lati”.
Come il nome suggerisce, le quattro maggiori costruzioni dell’abitazione delimitavano il cortile della proprietà, con una apertura di norma verso sud, per garantire un maggior ingresso di luce.
La suddivisione degli spazi abitativi dello siheyuan considerava l’esposizione alla luce solare come tratto distintivo, secondo i rapporti regolamentati dall’etica confuciana: l’edificio settentrionale, maggiormente esposto, serviva da camera privata del capofamiglia; gli edifici a est e ovest, mediamente illuminati, erano abitati dai bambini e dai membri minori della famiglia; l’edificio meridionale, quello più scarsamente illuminato, serviva da abitazione per la servitù e da ingresso.
Le donne non sposate e la servitù di sesso femminile risiedeva in appositi locali sul retro: le donne non sposate godevano di una posizione sociale quasi nulla, per questo motivo, la loro abitazione era quella a ricevere meno luce rispetto a quella degli altri membri della famiglia. Il fulcro della vita di tutto i giorni era il cortile, abbellito spesso da piante e decori.
Struttura di uno siheyuan
Questa ordinata e rigida ripartizione etico-architettonica ha inevitabilmente legato la sua fortuna alla ricchezza e allo status dell’aristocrazia imperiale cinese. Col declino di essa, lo sviluppo urbanistico è avanzato anarchicamente disordinato: su ogni cortile hanno cominciato ad affacciarsi più abitazioni, ognuna per ogni famiglia, che condivideva con i propri vicini sia la propria vita quotidiana che i propri spazi vitali minimi. Ancora oggi è possibile ammirare, nell’arco di pochi metri, austeri e ricchi siheyuan (spesso adibiti a musei o luoghi commemorativi) e vivaci e disordinate casupole adiacenti l’una con l’altra, nate dalla presa di possesso di quelle vetuste e privilegiate costruzioni, dando quindi agli hutong la tipica conformazione labirintica per la quale sono famosi oggi.
Nanluoguxiang stessa diventa paradigma di questa contraddizione.
La via principale è costeggiata da vecchie abitazioni ristrutturate e adibite a moderni negozi, ristoranti, pub, gallerie di arte… nuclei pulsanti di modernità racchiusi da antichi involucri di grigio mattone. La strada è piena di turisti stranieri alla ricerca di souvenir e acquisti vantaggiosi e, paradossalmente, dai cinesi più giovani che affollano le catene di ristorazione più marcatamente occidentali come Starbucks e simili.
Ma il vero tesoro di Nanluoguxiang si trova nelle poco trafficate vie laterali. Provare a discostarsi dalla via principale e dalla tensione consumistica che la pervade, infilandosi in una delle vie laterali, permette al visitatore di intuire il battito lento di una Beijing inconsueta.
Basta infatti camminare per gli hutong più interni per dimenticare di trovarsi in una delle più grandi metropoli della Cina, con i suoi 21 milioni di abitanti. Non più taxi e scooter alle calcagna, ma bambini e anziani che condividono lo stesso ritmo lento e misurato, gli uni nel saltare la corda e nell’inventarsi nuovi giochi tra il dedalo di mattoni, gli altri, impegnati nelle loro faccende di casa e nel mantenimento dei rapporti con i propri vicini.
L’ordine frenetico della città, con le strade a 4 corsie, le linee della metropolitana, il reticolo del trasporto urbano, lascia il posto a un pigro accatastarsi di oggetti sulle porte di casa, vicinissime tra loro. I portoni socchiusi dei siheyuan diventati insediamenti popolari, sembrano invitare all’ingresso ma allo stesso tempo ammoniscono il visitatore sulla sacralità di questi piccoli tempi famigliari, dove le reliquie sono gli oggetti di vita quotidiana disseminati sul marciapiede e un denso silenzio accompagna la propria passeggiata.
Nessun rumore tipicamente urbano, solo il chiacchiericcio dei bambini e il vociare degli anziani di porta in porta. Una vera e propria immersione in una vita popolare di altri tempi, che continua fieramente a sopravvivere in questa fortezza placida e austera. Una guerra silenziosa tra i valori di una quotidianità lenta e antica e il progresso a tutti i costi ai quali la Cina di oggi vuole ambire.
E mai come altrove, passeggiare qui porta inevitabilmente a schierarsi verso l’uno o l’altro fronte.
Porte di abitazioni ricoperte di simboli augurali

Una quotidianità in maschera (anti-smog)

La vita di uno studente  fuorisede a Beijing presenta grossomodo gli stessi oneri e responsabilità di un qualunque altro studente fuorisede, tranne per alcune piccole e peculiari stranezze che è impossibile riscontrare nelle città universitarie occidentali.

A cominciare dalle prime domande mattutine: «Perché ieri sera non sono andato a letto prima?», «Che lezioni mi aspettano oggi?», «Che tempo fa oggi?», «Tocca mettere la mascherina o no?».

Effettivamente,  qualunque occidentale consapevole dei rischi di vivere in una delle città più inquinate del mondo farà propria la stramba abitudine di controllare periodicamente la qualità dell’aria della città in cui vive, se non quella del proprio distretto.

Il prezzo del progresso

«Le cose positive non superano la porta di casa, quelle negative viaggiano per più di mille miglia», dice un antico proverbio cinese e difatti le notizie di  allarme inquinamento a Beijing occupano periodicamente le pagine delle testate giornalistiche occidentali.

Il rapido e incontrollato sviluppo industriale che ha interessato la nazione cinese negli ultimi decenni, è stato portato avanti senza un’adeguata politica di tutela ambientale e della salute della popolazione. Secondo lo studio Global Burden of Disease, nell’anno 2010 l’inquinamento atmosferico in Cina è stato responsabile di 1,2 milioni di morti su suolo cinese.

Dati sconvolgenti per una nazione così popolata come la Cina, che paradossalmente si trova al primo posto al mondo per la produzione di impianti fotovoltaici, e che hanno costretto le autorità ad ammettere l’esistenza di una vera e propria emergenza smog tanto da annunciare una serie di misure su larga scala atte alla limitazione dell’inquinamento.

AQI a portata di mano

Il “termometro” di riferimento per la determinazione della qualità dell’aria è l’indice PM 2.5 (Particulate Matter 2.5), che indica il particolato presente nell’atmosfera dal diametro aerodinamico uguale o inferiore ai 2.5 µm, o millesimi di millimetro. È questo il tipo particolato più pericoloso, perché in grado di superare le prime vie respiratorie e di raggiungere i polmoni e i bronchi, fino agli alveoli polmonari, causando ingenti danni all’apparato respiratorio.

La misurazione della concentrazione di PM 2.5 per metro cubo assume notevole importanza perché utile, insieme ad altri agenti inquinanti (come la concentrazione di NO2 e di SO2), alla determinazione dell’Air Quality Index o AQI,  un indice di rilevamento della qualità dell’aria secondo gli standard stilati dalla United States Environmental Protection Agency. È stato quindi possibile stilare un modello di riferimento pratico, attraverso il quale è possibile individuare i rischi per la salute della popolazione in base al valore dell’AQI.

Tabella di riferimento per i rischi della popolazione

Questo valore è determinato oltre che, come già detto, dalla concentrazione degli agenti inquinanti che varia repentinamente in base al minor o maggior utilizzo di automobili, riscaldamento e via dicendo; anche dal vento e dalle precipitazioni atmosferiche.

Ed è così che una risorsa online come Beijing Air Pollution: Real-time AirQuality Index (AQI), che, grazie alle numerose stazioni di rilevamento distribuite per tutta la capitale, rileva 24h/24h il livello degli agenti inquinanti nocivi è diventata indispensabile per la stragrande maggioranza della popolazione cinese.

L’abitudine di controllare svariate volte l’indice AQI è ormai radicata nella vita di tutti i giorni, specialmente dal momento in cui al sito internet è stata associata una app per tutti i tipi di smartphone e tablet presenti sul mercato. Particolare questo, di non poco conto, considerando quanto la popolazione cinese, soprattutto quella più giovane, sia estremamente ricettiva alle nuove tendenze tecnologiche.

Panoramica delle principali stazioni di rilevamento della qualità dell’aria

Mascherine anti-smog: un must-have

A difesa della salute del cittadino cinese, è nato un vero e proprio business delle mascherine anti-smog, caratterizzato da una offerta piuttosto variegata: maschere di tutte le misure, per bambini e adulti, per attività standard o per attività sportive, dall’estetica e dalle tecnologie più disparate.

Lo sviluppo repentino di questo settore ha portato anche alla presenza sugli scaffali dei negozi cinesi di mascherine anti-smog poco efficaci e di cattiva qualità, o addirittura di merce contraffatta.

Il top di gamma delle mascherine anti-smog è rappresentato senza dubbio dalle mascherine di categoria N95, una certificazione assegnata dall’americano National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) ai respiratori e alle mascherine in grado di filtrare il 95% di particolato.

Questa certificazione statunitense rappresenta quindi una garanzia di riferimento per il consumatore, che potrà quindi scegliere all’interno di questa categoria la mascherina anti-smog più adatta in termini di vestibilità e praticità. Caratteristiche queste importanti, poiché anche una mascherina di categoria N95 perderà tutta la sua utilità qualora non si adattasse alla forma del proprio viso, coprendo perfettamente le prime vie respiratorie.

[ph. Kin Cheung/Bobby KC/DL – RTRL964]

Una volta procurata la mascherina che fa al caso nostro, preferibilmente presso le grandi catene di distribuzione o su piattaforme online garantite (una su tutte Amazon.cn), saremo pronti ad affrontare anche le giornate più inquinate e grigie…sperando di non farci troppo l’abitudine!

Alla ricerca di una casa a Beijing

Che siate lavoratori o studenti fuorisede (e fuori continente) a Beijing, prima o poi dovrete imbarcarvi nell’impresa di cercare casa nella capitale cinese e adeguarsi alle consuetudini locali riguardo la gestione della propria abitazione.
Una volta deciso di vivere a Beijing occorrerà prendere con le pinze la tanto (ab)usata affermazione che “in Cina costa tutto poco”, soprattutto per quanto riguarda il costo dell’affitto delle abitazioni.
I cinesi stessi sanno bene che gli affitti pechinesi sono oltremodo alti rispetto alla media nazionale.
Ad esempio, i giovani lavoratori e studenti originari delle regioni meridionali e centrali della Cina, giunti nella capitale decidono spesso di vivere nella estrema periferia, in stanze condivise con più persone. Conseguentemente, utilizzare quotidianamente la metropolitana per recarsi sul posto di lavoro diventa un obbligo e, allo stesso tempo, una tortura.

Una normale giornata nella metropolitana di Beijing durante l'ora di punta.
Una normale giornata nella metropolitana di Beijing durante l’ora di punta.

Fortunatamente, questo tipo di esperienza non interessa gli stranieri che intendono stabilirsi nella capitale per motivi di studio: il tasso di cambio tra le valute straniere e il RMB cinese (o Yuan) consente di rendere certamente più sostenibile il costo di una casa o di una stanza nei quartieri più centrali di Beijing. È nel quartiere di Wudaokou ad esempio, che si concentrano la maggior parte delle università che propongono corsi di lingua per stranieri, ed è qui che cercheremo una abitazione comoda e funzionale alla vita da studente fuorisede a Beijing.

E il campus universitario?
Perché dedicarsi alla ricerca di una casa e non usufruire di una stanza nel campus della propria università? Ogni università propone infatti agli studenti stranieri una sistemazione all’interno del proprio campus, di diverso tipo: si va dal posto letto in stanza doppia con bagno in comune, fino all’appartamento condiviso, da una soluzione quindi più economica a una più costosa. Ciascuna università ha una propria politica dei prezzi riguardo alla sistemazione in-campus, ma tendenzialmente il costo di un posto letto in stanza doppia con bagno in comune si aggira intorno ai 150-200 euro, mentre per una più comoda stanza singola o per un appartamento condiviso la cifra lievita verso i 300-350 euro.
La sistemazione in-campus non va certamente scartata a priori, soprattutto se si risiede a Beijing per un corso di studi a breve termine e si ha già un/a probabile compagno/a di stanza con cui condividere una stanza doppia, la scelta più economicamente vantaggiosa tra quelle proposte. Tuttavia, gli standard di qualità e di comfort presenti nei dormitori delle università cinesi lasciano spesso a desiderare, soprattutto per le condizioni di servizi fondamentali, come il bagno o la cucina.
Va considerato che il costo della sistemazione in una stanza singola o in un appartamento condiviso in-campus non è troppo differente da quello di una stanza in affitto all’interno di  un appartamento a Wudaokou: la scelta di una sistemazione off-campus è quindi altamente consigliata nel caso di periodi di studio a lungo termine o qualora si arrivi in Cina con il desiderio di condividere l’abitazione con un gruppo di persone di propria conoscenza. D’altro canto, la cifra di 300-350 euro per una stanza singola all’interno di un appartamento a Wudaokou è comunque vantaggiosa se equiparata al costo delle abitazioni all’interno dei quartieri universitari di città italiane come Roma o Milano, dove il costo della vita è molto alto.
Il vantaggio di una vita off-campus,  in un appartamento scelto con cura e secondo le proprie esigenze risiede principalmente nella comodità e nella autonomia che questa scelta comporta: sarà più facile usufruire di una casa dotata di servizi e comfort sicuramente più vicini agli standard occidentali, gestire autonomamente la propria quotidianità e avere maggiore indipendenza.

Cercare casa a Beijing: le agenzie immobiliari
Il quartiere di Wudaokou pullula di agenzie immobiliari che non vedono l’ora di aiutare gli stranieri nella ricerca di una casa. Basterà comunicare all’agente il proprio budget e il numero delle stanze che si desiderano all’interno dell’appartamento per poi valutare gli appartamenti proposti.
Occorre prestare attenzione alla tendenza degli agenti immobiliari nel proporre in prima istanza  le case sfitte da molto tempo ( e dalle condizioni peggiori) : rimanere fermi nelle proprie intenzioni e nei propri standard diventa vitale per trovare la casa più adatta alle proprie esigenze.

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L’agente immobiliare richiederà per i suoi servizi l’equivalente di una mensilità dell’appartamento che si sceglierà di affittare ma, come la stragrande maggioranza delle compravendite in suolo cinese, la commissione dell’agente immobiliare è assolutamente negoziabile: il risparmio finale dipenderà quindi dalle proprie capacità di contrattazione, raggiungendo anche uno sconto del 30-40% sulla cifra di partenza.

Cercare casa a Beijing: gli annunci immobiliari online
Affidarsi a un agente immobiliare per la ricerca della propria casa a Beijing non è l’unica strada percorribile e senza dubbio non è la più economica.
Tra i vari siti di annunci utili a cercare una casa nella capitale cinese, il più conosciuto e il più utilizzato è TheBeijinger , dedicato all’informazione e alla promozione di eventi a Beijing, ma dotato di una vivace sezione di annunci immobiliari.

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Nella sezione Classifieds si trovano infatti migliaia di annunci immobiliari, divisi per quartiere, prezzo e numero di stanze all’interno dell’appartamento proposto. Allo stesso modo, è possibile anche inserire un annuncio nel quale andranno indicate le caratteristiche dell’appartamento che si desidera, il proprio budget e il periodo nel quale si intende occupare l’appartamento. Basterà poi aspettare di essere contattati dal proprietario stesso per organizzare un appuntamento: si tratta in questo caso di  una trattativa diretta e senza intermediari, con la possibilità di richiedere tutte le informazioni che si desiderano. È consigliabile tuttavia, iniziare la ricerca online almeno un mese prima del proprio arrivo a Beijing per organizzare gli appuntamenti per le visite delle case di proprio interesse con maggiore calma e cura.

Casa trovata! E adesso?
Una volta trovato l’appartamento più adatto alle proprie esigenze non rimane che espletare le procedure burocratiche del caso, ovvero firma del contratto di locazione e registrazione della residenza temporanea presso la stazione di polizia.
Il tipico contratto di locazione cinese contiene al suo interno tutte le clausole che regolano i rapporti tra proprietario e i suoi affittuari,  compreso l’ammontare della caparra e delle mensilità,  il periodo di locazione e i dati del proprietario e dei suoi affittuari. Di norma, i contratti di locazione cinesi si rinnovano di tre mesi in tre mesi e il pagamento delle mensilità avviene in una forma unica, al momento della firma.
La consuetudine di pagare in anticipo una prestazione o servizio regolato da un contratto è molto diffusa in Cina e interessa le normali pratiche di manutenzione della casa, come il pagamento delle spese di internet, luce, acqua e gas. Questo vuol dire che non si riceveranno a domicilio le bollette con l’importo da pagare in base a quanto si è effettivamente consumato, ma occorrerà in primo luogo acquistare una certa quantità di kilowatt di energia elettrica o di metri cubi di gas, per poi usufruirne fino all’esaurimento del proprio “credito”. L’acquisto si effettua in una qualunque banca, utilizzando una apposita carta prepagata ricaricabile, che verrà poi inserita nel contatore della propria abitazione per attivare il consumo. Per quanto riguarda internet invece, al momento dell’allacciamento alla rete in seguito all’arrivo di un tecnico a domicilio, si provvederà al pagamento della totalità delle mensilità richieste direttamente al tecnico dell’azienda telefonica. Una volta firmato il contratto di locazione, sarà premura del proprietario accompagnare i suoi nuovi affittuari presso la più vicina stazione di polizia, per effettuare la registrazione di residenza temporanea. Questa pratica è  necessaria ai fini del mantenimento del proprio visto (occorrerà infatti comunicare alla università ospitante la nuova residenza) o per richiedere un eventuale permesso di soggiorno, nel caso di corsi di studio superiori a un semestre.

Espletata questa ennesima pratica burocratica e con le chiavi di quella che sarà la propria abitazione cinese, non rimane altro che iniziare la vita da stranieri a Beijing, una avventura ricca di stimoli e opportunità, caratteristica certamente comune a tutte le esperienze lontane da casa, ma le peculiarità del mondo e del popolo cinese fanno davvero la differenza.
La quotidianità dello studente residente all’estero, o liuxuesheng

留学生 sta bussando alla vostra porta della vostra nuova casa cinese!

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