
Il Gotto esplode di fuoco e di rabbia
Oggi Pequod risale il fiume Brembo e approda a San Giovanni Bianco (BG) a scoprire l’energica realtà del Gotto Esplosivo (link) e lo fa in occasione dell’uscita del loro nuovo disco Di fuoco e di rabbia (link).
Antonio Capuzzo, Manuel Scolari, Mattia Bonzi e Nicola Milesi donano al mondo la loro musica da circa otto anni «che siamo ancora lì nella stessa pulciosissima saletta, ancora sporca uguale, a scrivere e suonare». Prova che il loro non era un rock’n’roll dream è il fatto che questi musicisti da sempre han sentito la necessità di tenere unito il Gotto, come mi spiega Antonio, «rimane un valore inestimabile che ci permette di creare le nostre canzoni, un hobby come un altro se vuoi che però ti risarcisce di grandi soddisfazioni». È sempre stato un luogo mentale e musicale dove poter sfogare la parte più pura e istintiva di se stessi «le robine, i nostri cazzi minimi personali non c’entrano; sono i pensieri, situazioni vissute, sensazioni e pipponi mentali» che nelle canzoni del Gotto escono liberamente e trovano la propria valvola di sfogo.
Il filo conduttore del nuovo disco rimane il COME questi musicisti si sono approcciati ai temi affrontati e che riguardano tutto ciò che ha bisogno di essere esorcizzato. È un disco focoso e arrabbiato, molto intimo – parla di situazioni vissute in modo non esplicito, di esperienze – «non è che perché è musica rock allora stai sulle tematiche classiche del genere rock, spesso tocchiamo tematiche sociali ma sempre a modo nostro», seguendo l’approccio che da sempre li contraddistingue.
Dopo L’oro del diavolo (2011) ci hanno messo quattro anni per partorire il nuovo e autoprodotto album di dodici tracce. «Crescere e avere problemi a fare le prove, tra turni di lavoro e altri impegni, è crescere bestemmiando, ma è crescere».
Abisso, da L’oro del diavolo (2011)
Musicalmente, in Di fuoco e di rabbia, non hanno voluto ricalcarsi: stilisticamente è riconducibile all’Oro del diavolo «molto energico, riffoni, bello violento e nervoso» anche se nel secondo album troviamo un’evoluzione dell’aspetto melodico: «diciamo che “Pentatonica, portami via!” non è stato il modus operandi. Abbiamo anche cercato di creare delle strutture, all’interno dei singoli brani, che risultassero più intriganti (a noi in primis)». Più voci, meno sintetizzatori, più attenzione alle dinamiche (mi dicono che si arriva a sfiorare il mezzo piano – mp!) e più richiami ai suoni sintetici vintage.
«Non sai mai dove finisce lo STILE e dove ti stai ricalcando. Abbiamo tentato di mantenere delle costanti stilistiche, ma spudorate riprese “Perché quella roba aveva preso bene la gente” NO, NO, NO. È uno dei motivi per cui ci abbiamo messo così tanto a creare questo disco». Questi musicisti e la loro determinazione hanno passato due anni a scrivere e provare, registrando le prove e accumulando materiale per poi scartare e modificare, con il fare da certosini che da sempre li contraddistingue: «non siamo musicisti professionisti, non suoniamo tutti i giorni e quindi il tempo necessario a dare qualcosa di diverso, di nuovo (entro i nostri limiti) è stato questo – anche per il numero di prove che abbiamo fatto, è già bello che abbiamo chiuso la lotta».
«Questa fatica contro gli impegni imposti dal sistema stacanovista dei rispettivi posti di lavoro ci ha donato una vena rock non indifferente! E siccome questa volta l’abbiamo purgata veramente tanto, siamo ancora più solidi, conviti di aver creato un disco ROCK – non parlo di genere ma di indole».
State esplodendo di energia? Il Gotto Esplosivo è tornato!
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