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Stampare le atlete: un esperimento sui nostri giornali sportivi

Qualche mese fa ha fatto scalpore l’esperimento di un gruppo di persone sul The Sun, un giornale sportivo inglese conosciuto per la sua “pagina tre”, che immancabilmente mostrava immagini di donne svestite. Proprio per questo motivo è nata l’idea dell’esperimento in questione: raccolte per sei mesi le pubblicazioni del giornale, hanno realizzato un collage con tutte le immagini di persone, dividendo quelle in cui comparivano uomini da quelle con figure femminili. Il risultato è un quadro con un evidente squilibrio nella rappresentazione dei due sessi: se gli uomini sono sempre raffigurati in atti sportivi, vestiti e mai in posa, le donne sono invece palesemente fotografate per essere messe in mostra, e non importa che dimostrino qualche qualità sportiva o intellettuale, ma solo un bell’aspetto.

L’esperimento ci ha incuriosito: ci siamo chiesti se per la realtà della stampa sportiva italiana ci fosse qualche differenza, e così abbiamo deciso di riproporre l’esperimento.
Già dai primi ritagli alcune caratteristiche generali ci sono apparse chiare, ma è solo a lavoro terminato, con tutte le immagini appese al muro, che abbiamo iniziato a trarre le nostre conclusioni: a differenza dei compagni inglesi, il corpo della donna non viene particolarmente strumentalizzato, non appaiono immagini di figure femminili, vestite o svestite, ai fini di pubblicizzare qualcosa. Certo è che lo squilibrio nella presenza di immagini maschili e femminili è evidente: nel collage realizzato, la parte con figure di donne occupa quasi un terzo dell’intero quadro.

Nel mondo della stampa sportiva, almeno per quanto riguarda la realtà italiana, viene dato poco spazio alle eccellenze femminili: la situazione non è critica, ma anche su questo piano siamo notevolmente lontani da una parità.

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Martina Ravelli

Sono Martina e sono nata vent'anni fa nel paesino della bergamasca dove ancora vivo e da cui ogni tanto mi piace scappare per vedere qualcosa di nuovo. Per paura di dimenticare quello che vedo e la voglia di avere sempre qualcosa da ricordare, nel mio zaino non manca mai una fotocamera, un quadernino e una penna. Cosciente di questa mia ossessione e incoraggiata dalla passione per le arti, dopo il diploma al liceo linguistico mi trasferisco e studio per un anno al DAMS di Bologna: l'assenza di un contatto diretto con l'arte però mi porta ad abbandonare i portici di via Zamboni e tornare a Bergamo, dove ora studio Nuove tecnologie dell'arte all'Accademia Carrara e faccio volontariato nella galleria d'arte moderna e contemporanea GAMeC. Qui su Pequod mi occupo di grafica e fotoreportage, sezione di cui sono responsabile.