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Bufale e paradossi, è questa l’informazione che ci meritiamo?

Il fenomeno degli “acchiappalike’’ si è sempre più diffuso in rete negli ultimi tempi. Si tratta di quei quotidiani online o sedicenti tali che sfruttano i social network come trampolini di lancio, pubblicando articoli che riportano notizie banali, spesso errate o prive di senso per stuzzicare l’attenzione dell’utente che, spinto dalla curiosità, apre il contenuto. Lo scopo? I “Mi piace’’ facili e le visualizzazioni automatiche utili ad aumentare i propri seguaci/follower.

 

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Chi ha deciso di opporsi a queste “scelte editoriali”, paradossalmente, proviene proprio da Facebook, il social network per eccellenza: la pagina Ah ma non è Lercio, che attualmente conta più di 200.000 like, nasce tra le pagine del quotidiano free press Leggo, poi è nato il sito satirico Lercio.it e infine la pagina Facebook che ne ricalca i tratti grafici. «Questa pagina non nasce come umoristica: l’obbiettivo è segnalare un certo tipo di giornalismo di cui faremmo volentieri a meno su testate nazionali». L’utente viene quindi messo in guardia da quei contenuti che con il giornalismo hanno poco a che vedere e che il più delle volte rispondono solo all’assioma “più clic uguale più valore”.

È un monito quello di Ah ma non è Lercio, che attraverso il suo lavoro segnala, denuncia e quindi spiega al grande pubblico le criticità dell’informazione italiana e le sue bassezze. Il lettore ha diritto a leggere notizie redatte secondo criteri di chiarezza, completezza e serietà, e sicuramente un articolo come quello apparso su La Repubblica nel 2013, che mostra l’immagine di un cane che assomigliava a Putin, non rientra in questa categoria. «Quando informare è sinonimo di divertire… non ci resta che piangere».

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Ma nella grande famiglia degli acchiappalike gli articoli privi di contenuto giornalistico sono solo la punta dell’iceberg: anche le classiche bufale da web hanno grande importanza in termini di visualizzazioni. Di solito si presentano con incipit del tipo “Notizia flash”, “Incredibile” e continuano con notizie false, se non addirittura tendenti ad incitare l’omofobia, il razzismo e l’odio religioso. Non è difficile, infatti, imbattersi in articoli che accusano il governo «di aver dato soldi ai migranti e vitto e alloggio gratuiti» o di quanto una «coppia omossessuale sia pericolosa per la società». È così che alcuni siti web, sfruttando la loro popolarità, sono riusciti a creare un vero e proprio giro d’affari e anche a raggiungere cifre esorbitanti. Oltre al danno, anche la beffa.

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L’utente ha diritto ad un’informazione trasparente, non di parte; insomma, ad un’informazione seria, che di certo non trova le sue basi fondanti nella comicità e nel non-senso. Ecco perché servono pagine come Ah ma non è Lercio, ecco perché sarebbe buona cosa recuperare parte del nostro spirito critico.

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Matteo Fornasari

Cremonese di nascita, classe 1995, riesco ad oltrepassare l’ostacolo della maturità nel luglio del 2014 e a conseguire un sudatissimo diploma in lingue straniere. A settembre dello stesso anno la passione per la storia mi porta ad iscrivermi all’Università degli Studi di Milano dove quasi casualmente trovo Pequod, ed è qui che ha inizio la mia avventura.

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