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Quella volta in cui sbagliammo la fermata del traghetto sul Volga

«Forse dovevamo scendere lì?» aveva farfugliato una delle mie compagne di viaggio mentre il traghetto si allontana dalla riva di Shiryaevo, villaggio sulle rive del Volga, in Russia. Ma facciamo un passo indietro e cominciamo dall’inizio di questo viaggio fatto di imprevisti, che ha visto come protagoniste me e due fedeli compagne. Fino ad allora la Russia per noi aveva significato soltanto Mosca, la capitale, la metropoli da 13 milioni di abitanti, coi suoi grattacieli, i suoi caotici tunnel sotterranei e gli imponenti palazzi sovietici che si estendono a perdita d’occhio. Per quell’anno avevamo deciso di cambiare, abbandonare la ben nota città del Cremlino e della Piazza Rossa e partire verso una Russia a noi sconosciuta, quella del Volga e delle sue città, dei porti, delle isole sul fiume e dei villaggi di pescatori.

Zaino in spalla e Lonely Planet alla mano eravamo arrivate a Kazan, perla del Volga e capitale del Tatarstan, magnifica città che avevamo salutato con nostalgia dai finestrini opachi di un autobus traballante, diretto a Samara. Certo non si può dire che Kazan ci avesse riservato lo stesso saluto affettuoso, dato che l’equipaggio dell’aliscafo che poche ore prima ci doveva riportare in città dall’escursione al villaggio di Bolgar aveva minacciato di non riportarci in città, obbligandoci a salire a spintoni sulla barca e a trascorrere tre ore sedute a terra con altre decine di malcapitati escursionisti.

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Imbarcazione sul Volga

«La fatica che abbiamo fatto per prendere quest’autobus sarà ripagata dalla bellezza di Samara» dicevamo, mentre scendeva la notte e ci addormentavamo cullate dalla strada che attraversava la Russia seguendo il corso del Volga da nord verso sud. Eravamo convinte che al risveglio, con le prime luci dell’alba, ci saremmo trovate in una pittoresca e vivace città affacciata sul Volga e sulle sue spiagge incantate. A svegliarci invece, alle quattro del mattino, era stata una brusca frenata accompagnata dall’urlo dell’autista che ci intimava di sbrigarci a scendere. Benvenuti a Samara! Ci trovavamo nel parcheggio desolato, completamente buio, di un’autostazione di periferia, composta da una lugubre sala d’aspetto illuminata da luci al neon lampeggianti.

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Samara

«Che si fa adesso?» ci siamo chieste impaurite. Avendo previsto di arrivare in città non prima delle sette del mattino, sapevamo che il proprietario dell’appartamento che avevamo affittato non ci avrebbe accolte prima di tre ore. Così passammo la notte lì, assistendo pian piano allo svuotarsi della sala d’attesa. Arrivate stremate ma salve all’alloggio era ora di partire, finalmente, alla scoperta della città. Ma ecco la prima sorpresa: a Samara non esistevano un centro o dei monumenti! L’unica differenza fra la periferia e la parte centrale della città era che gli enormi e squallidi palazzoni avvicinandosi alla parte “storica” della città si trasformavano in baracche di legno fatiscenti.

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Samara

Decise a non rimanere un minuto di più in quel luogo da incubo ci recammo verso il porto, perché in fin dei conti il motivo per cui avevamo intrapreso quel viaggio era il Volga. Imbarcate su un traghetto diretto a Shiryaevo, che sapevamo essere un delizioso villaggio di artisti immerso nella natura e affacciato sul Volga, bastarono pochi minuti per lasciarci alle spalle il brusco arrivo in quella città inospitale. Infatti, man mano l’odiata Samara si allontanava, le sponde del Volga si addolcivano, descrivendo morbide colline verdeggianti. E così, dopo due ore di placida navigazione, eravamo talmente rilassate da non accorgerci che il traghetto si era fermato proprio a Shiryaevo per far scendere i passeggeri, tutti, tranne noi tre, troppo intente ad osservare il paesaggio per leggere il nome del villaggio sulla banchina.

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Molo di Shiryaevo

«E ora?» ci chiedemmo senza nemmeno arrabbiarci con noi stesse, mentre il traghetto ripartiva da Shiryaevo, ridendo del caso che ancora una volta ci stava prendendo in giro. Decidemmo di scendere alla fermata successiva, convinte che fosse meglio non arrischiarsi oltre. Sbarcammo presso un molo situato accanto ad una spiaggia, circondata da prati incolti e capanne semi abbandonate. Oltre a noi, sulla spiaggia c’erano una manciata di anziane signore, babushki, che sonnecchiavano all’ombra degli alberi. Decidemmo di affrontare la sventura con spirito e, in men che non si dica, ci eravamo tuffate nelle acque cristalline del Volga. Era bastato davvero poco per dimenticare il dispiacere di aver mancato la fermata giusta del traghetto! Quando poi scoprimmo che dalle 12 uno dei pochi edifici di quell’angolo remoto di Russia si sarebbe trasformato in una mensa, con autentiche pietanze russe, eravamo addirittura felici di non essere scese al molo di Shiryaevo. Perché ormai l’avevamo capito, le esperienze migliori sono quelle che capitano per caso, quasi per scherzo.

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Sponde del Volga, Samara

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Margherita Ravelli

Nata nel 1989 ad ovest della cortina di ferro, dalla mia cameretta della provincia di Bergamo ho sempre guardato con curiosità verso est, terra dei gloriosi popoli slavi. Dopo aver vagabondato fra Russia, Ucraina e Polonia ho conseguito la laurea magistrale in lingua e letteratura russa, con una tesi sul multilinguismo e sulla multiculturalità nella repubblica russa del Tatarstan. Sono responsabile della sezione Internazionale di Pequod, oltre che redattrice occasionale per attualità, cultura e viaggi.

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