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Chi fermerà la musica?

«I musicisti professionisti in Italia sono divisibili in tre fasce: circa l’1-2 % di musicisti dipendenti a tempo indeterminato (fondazioni, orchestra RAI, enti parificati alle fondazioni lirico-sinfoniche); il 3-4% di musicisti autonomi con grande potere contrattuale individuale, quelli che sono riusciti a salire sui grandi palchi sotto le luci dei riflettori e il rimanente 95% che è rappresentato da musicisti professionisti intermittenti». Così scriveva il SIAM, Sindacato Italiano Artisti della Musica, già defunto e confluito nel SLC/CGIL (Sindacato Lavoratori della Comunicazione) «per carenza di iscritti». È evidente che gli iscritti non corrispondono ai tanti che in Italia intraprendono la carriera di musicista, una figura sempre più poliedrica e flessibile. Una flessibilità che è grande ricchezza tecnica ed espressiva, ma anche precarietà lavorativa.

Ma lasciamo la parola a chi cerca di fare questo mestiere da qualche anno.

Quando lo contatto, Diego Zanoli è all’Arena del porto di Pescara, dove si allestirà lo spettacolo Naufragata del suo Circo Zoé, di cui Pequod ha già scritto. Musicista e compositore, Diego ha iniziato suonando le pentole di casa e sognando la batteria; finirà per studiare pianoforte e percussioni per la banda. Esercizio sui tasti e musica d’insieme saranno fondamentali per approcciarsi alla fisarmonica, riesumata dalla cantina di casa e ora strumento prediletto.

Diego Zanoli in "Naufragata" (© Simone Radavelli)
Diego Zanoli in “Naufragata” (© Simone Radavelli)

Tutt’altra musica quella di Marco Morandi: più di 12 anni dedicati al basso elettrico, con tanto di diploma, milita in tre gruppi, tutti riconducibili al metal. «Il primo gruppo che ho fondato, 8 anni fa, sono i Fake Mors, molto orientato al thrash metal; il secondo in ordine di longevità sono gli Integral, band progressive death metal, e infine gli Ulvedharr, più improntati all’old school death metal».

Marco Morandi
Marco Morandi in concerto

Sembra un lavoro a tempo pieno e lo è, visto che richiede spiccate competenze non solo nel proprio strumento: «La gestione delle band è un processo che richiede parecchio tempo e risorse – spiega Marco – nonché una programmazione scrupolosa, per motivi sia logistici che economici. Nulla deve essere lasciato al caso per evitare investimenti sbagliati». Prove e registrazione, organizzazione delle tournée e promozione sui social, e ancora montaggio, sound check e, finalmente, lo spettacolo.

Sembra un lavoro a tempo pieno e non lo è, almeno non per tutti. Come tanti, Marco integra con un lavoretto part-time e una laurea in Ingegneria che sta per conseguire, mentre Diego racconta con apprezzabile onestà che nel 2010 ha potuto lasciare l’impiego al bar grazie all’appoggio dei genitori. «E ancora oggi non è facile. Ho molti gruppi e il circo in tournèe, ma non è facile, quando pensi che devi pagare le bollette, la spesa…».

Un'immagine da "Naufragata" della compagnia francese Circo Zoé
Un’immagine da “Naufragata” della compagnia francese Circo Zoé

Parlando con Diego e Marco accenno al tema delle tutele sindacali, ma entrambi non si sentono rappresentati dalle associazioni di categoria. «Sulla considerazione e la tutela dell’artista come lavoratore, in Italia, siamo ancora molto indietro», dichiara Diego Zanoli, che pone a confronto il mondo che ha scoperto oltralpe: «Il sistema francese obbliga la committenza a fare contratti e non lascia spiragli al lavoro nero. In Francia un artista deve garantire una certa quantità di contratti all’anno e così può avere un sussidio che lo Stato elargisce nella consapevolezza che il suo lavoro non è solo il momento dello spettacolo, ma anche tutto ciò che viene prima, un lavoro di creazione e composizione che in Italia non viene considerato. Lo spettacolo è solo l’ultimo stadio, e purtroppo è anche l’unico che vede il pubblico».

Già, il pubblico. Chi ti ascolta ripaga di ogni fatica e difficoltà, ma se il cerchio si allarga ai non intenditori riemerge l’antico problema dell’educazione musicale. «Un tasto dolente» per Marco Morandi: «Nel nostro Paese la stragrande maggioranza delle scuole pubbliche insegna ancora il flauto dolce e la lezione di musica si limita al suonare canzonette senza alcuno scopo di natura musicale: un’occasione mancata per i più piccoli.

Il  background musicale del pubblico medio è sempre più povero e questo si riflette nel modo in cui l’ascoltatore percepisce la figura del musicista, nel modo in cui presiede ai concerti o compra musica. Bombardato dai talent show, è abituato a fagocitare musica quotidianamente che non lascia un segno forte e radicato dentro, e non si accorge della qualità dell’arrangiamento proposto né della preparazione musicale dell’artista».

Tra questioni di riconoscimento (sociale ed economico) e difficoltà concrete, la strada è ancora lunga affinché il 95% dei musicisti possa scalare quella piramide o, addirittura, rovesciarla. Ma non sarà questo a fermare la musica, a convincerli a mollare la passione, gli studi e i sacrifici.

Prima di chiudere l’intervista, Diego sorride e mi ricorda: «Non cambierei questo mestiere con nessun altro stipendio fisso, nonostante tutte le fatiche. E quando penso all’emozione a inizio spettacolo, al calore del pubblico, passano tutti i problemi».

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Alice Laspina

Nata nella bergamasca da famiglia siciliana, scopro che il teatro, lo studio e la scrittura non sono che piacevoli “artifici” per scoprire e raccontare qualcosa di più “vero” sulla vita e la società, sugli altri e se stessi. Dopo il liceo artistico mi laureo in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo e sempre girovagando tra nord e sud Italia, tra spettacoli e laboratori teatrali, mi sono laureata in Lettere Moderne con una tesi di analisi linguistica sul reportage di guerra odierno. Mi unisco alla ciurma di Pequod nel 2013 e attualmente sono responsabile della sezione Cultura, non senza qualche incursione tra temi di attualità e politica.

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