“Much ado about nothing”, La Gilda delle Arti e il sogno una compagnia teatrale giovane
Questa sera alle 20.45 debutterà Much ado about nothing, un nuovo spettacolo de “La Gilda delle Arti – Teatro Bergamo”, presso il Teatro comunale di Roncola San Bernardo (BG). Uno spettacolo che è più di uno spettacolo: i responsabili della compagnia, Nicola Armanni e Miriam Ghezzi, hanno creato un progetto autofinanziato per promuovere la cultura del teatro giovanile e formare una compagnia di teatro stabile formata da giovani. Ne parliamo con Miriam Ghezzi, regista della compagnia.
Ciao Miriam, rieccoci qui per aprire una finestra sul progetto Much ado about nothing, ispirato all’opera teatrale Molto rumore per nulla di William Shakespeare. Ci illustri a grandi linee il progetto?
«Il progetto è nato l’anno scorso per proporre qualcosa di nuovo ai giovani di Bergamo e provincia: guardare al teatro come a un’opportunità di lavoro, e non solo come un passatempo.
Da dieci anni la nostra compagnia lavora con ragazzi e giovani per mettere in scena degli spettacoli: ci sembrava giusto proporre un percorso più impegnativo che andasse oltre alla messa in scena di un copione. Abbiamo proposto ai ragazzi di cimentarsi col lavoro più tradizionale dell’attore e misurarsi con il montaggio di uno spettacolo di circa un’ora e mezza… ma soprattutto di progettare una tournée al termine del percorso. Secondo la nostra esperienza la conoscenza del pubblico è fondamentale per entrare in comunicazione con gli spettatori».
Si tratta di un modo per riscontrare più successo oppure c’è dell’altro?
«Per noi “conoscere il pubblico” significa guardare negli occhi i destinatari del nostro lavoro: desideriamo stabilire una comunicazione efficace con coloro che regalano il proprio tempo al teatro e lasciare un bel ricordo attraverso un lavoro curato e rispettoso della loro sensibilità. Per l’attore è fondamentale conoscere l’effetto del suo lavoro attraverso lo specchio impietoso degli spettatori: passare o non passare il loro esame è l’unico modo per capire davvero quali sono le strategie migliori per realizzare la propria interpretazione sul palcoscenico.
Ci rendiamo conto che parlare di “sintonia con il pubblico” e di “rispetto della sensibilità” può suonare strano di questi tempi, in cui l’atteggiamento predominante nel teatro per adulti è la creazione di una condizione di straniamento e di shock, che impedisce la piena immedesimazione nello spettacolo. Ma la nostra compagnia vorrebbe porre le basi per un ritorno dell’armonia tra spettatori, attori e testo teatrale. Vorremmo che il teatro tornasse a far parte delle abitudini delle persone, come un patrimonio di cui andare fieri: per noi avvicinarsi al gusto della gente non significa abbassare il livello culturale della proposta, ma tentare di trovare una sintesi tra tradizione e innovazione, tra arte e mestiere. Perché senza pubblico, il teatro non esiste».
Potete dire di essere riusciti a creare una compagnia stabile?
«Di certo all’interno del gruppo si è creato un clima di stima reciproca e di collaborazione, il che è il presupposto per un lavoro come questo, in cui ci si deve mettere in gioco sempre e comunque. Non si può lavorare su un personaggio senza dare il massimo, non si possono scoprire i propri limiti senza mettere a nudo le proprie insicurezze. Il mestiere dell’attore è un lavoro che si crea per tentativi, e secondo noi è più semplice e costruttivo se avviene in un contesto in cui tutti prendono parte al processo di crescita della compagnia. Alcuni di loro hanno già cominciato a lavorare con lo staff “senior” de La Gilda delle Arti, dando così una prosecuzione naturale al progetto Molto rumore per nulla; altri, invece, si sono avvicinati al mondo del teatro nel 2016, per loro la strada per il professionismo è ancora tutta da costruire!»
Quali elementi possono tenere unita o disfare una compagnia teatrale? Penso, ad esempio, alla “competizione” tra attori di una stessa compagnia…
«Penso ad almeno due elementi: la passione e un obiettivo in comune. Se manca la passione, viene meno il coinvolgimento personale; se manca l’obiettivo, manca l’impulso a lavorare insieme. A questi, probabilmente, va aggiunta la fiducia nei confronti del regista, che dovrebbe essere percepito come una figura che aiuta a fare emergere la parte migliore dell’interprete e del gruppo nello spettacolo. In questa prospettiva, la competizione può essere anche un impulso a dare il massimo: la cosa importante è che si mettano tutte le energie al “servizio” dello spettacolo e della compagnia, puntando sulle qualità associative e solidali di ciascuno».
Perché avete scelto Molto rumore per nulla?
«Per tre ragioni. In primo luogo, perché è di Shakespeare: in un contesto in cui i grandi testi teatrali sono in genere poco conosciuti, ci è sembrato opportuno proporre un autore importante, per suscitare curiosità nel pubblico e permettere agli attori di arricchire la propria conoscenza delle opere più celebri del teatro tradizionale. In secondo luogo, perché è una tragicommedia: siparietti comici si alternano a momenti di alta drammaticità, un ottimo modo per affinare i ferri del mestiere. Infine, in Molto rumore per nulla i personaggi sono quasi tutti giovani e alle prese con sentimenti intensi, come i nostri interpreti».
I momenti più belli di questo percorso?
«I momenti belli si sprecano quando si tratta di teatro! Per quel che ci riguarda, ogni momento è stato intenso e vissuto con passione, dalla consegna del copione alle prove individuali, dalla prova costumi alle prove generali».
Come vedi i ragazzi che si sono messi in gioco? In cosa ti hanno sorpreso?
«La cosa più sorprendente è stata la capacità di rendere sin dall’inizio le scene più impegnative con un’intensità unica: se nelle parti allegre e nei monologhi i ragazzi hanno dovuto superare diversi ostacoli di natura interpretativa, nei momenti più drammatici hanno dato immediatamente prova di un grande istinto. Basti pensare che la scena della calunnia di Ero, centrale nello spettacolo: nella versione finale porta pochissime modifiche rispetto alla proposta che i ragazzi hanno inscenato quasi nove mesi fa! Per il resto, abbiamo potuto constatare una vera crescita: i più espressivi hanno aiutato gli altri a trovare nuove strade per arrivare al personaggio, i più entusiasti hanno mantenuto alto il livello di concentrazione e i più diligenti hanno dato impulso ai compagni a impegnarsi con maggior costanza. In generale, ognuno ha tratto dai colleghi qualche insegnamento e, a sua volta, ha dato loro del materiale per riflettere sulla propria interpretazione».
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