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LuganoPhotoDays 2017, in mostra la terribile bellezza dei disastri ambientali

Quest’anno la città di Lugano dedica il festival di fotografia LuganoPhotoDays, ideato da Marco Cortesi, a una tematica di grande attualità: i cambiamenti climatici e l’ambiente sono il soggetto della mostra EverydayClimateChange, a cura di Photo Op in collaborazione con James Whitlow Delano e Matilde Gattoni. La mostra nasce da un’idea del fotografo americano Delano, che crea il feed di Instragram e l’hashtag #everyday, ben presto replicato da fotografi e fotoreporter, contribuendo alla diffusione delle immagini e creando il collettivo EverydayClimateChange.

Il progetto nasce così per sollecitare la comunità dei social sull’emergenza ambientale, trasformandosi solo successivamente in una mostra itinerante che a Lugano espone la più ampia selezione di fotografie. Nello spazio dell’Ex Macello, bianco, ampio e privo di barriere architettoniche, trovano straordinaria forza visiva le 120 immagini realizzate da 30 fotografi internazionali, che raccontano con innegabile verità ciò che sta accadendo nel pianeta.

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Daysi Gilardini, Riflessi ghiacciati

Il surriscaldamento del globo, il cambiamento delle stagioni, l’aumento del livello dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai e l’intensificarsi dei disastri ambientali mostrati in bianco e nero e a colori, nella loro terribile bellezza, come in Gli effetti dell’erosione sulle rive del fiume Meghna (Bangladesh 2015) di Paolo Patrizi e Livelli di acqua estremamente bassa sul rio Negro mentre la siccità colpisce la città di Manaus (Brasile 2010) di Rodrigo Baleia. A questi si aggiungono i disastri causati dall’intervento dell’uomo come in Un pozzo della Shell in fiamme (Nigeria 2006) di Franck Vogel e Veduta aerea di operazioni di estrazione del bitume nella cosiddetta Alberta Tar Sands (Canada 2013) di Luc Forsyth.

Le immagini di Matilde Gattoni rientrano invece nella sezione Open Rage, dedicata alla devastazione paesaggistica e naturale del litorale dell’Africa Occidentale, con gravi ripercussioni sulle comunità locali. L’oceano lentamente aumenta il suo livello, erodendo 36 m l’anno ed inglobando spiagge e paesi i 7000 km di costa che uniscono la Mauritania al Camerun. Lo stesso fenomeno si verifica a Rubjerg Knudee, in Danimarca, dove il litorale viene costantemente sbriciolato dal Mare del Nord (1,5 m all’anno), mentre una duna mobile si sposta di 9 m ogni anno.

Se il mare s’innalza incorporando la costa, anche il deserto inizia ad avanzare sensibilmente nel Sahara, in California e in Cina nord-occidentale, come si vede nella fotografia Un uomo tra le dune di sabbia nel resort di Shapotou-Tengger vicino alla città di Zhongwei (Cina 2009) di Sean Gallagher. La desertificazione è una minaccia per almeno il 40% delle terre emerse del pianeta: si stima che ogni anno 12 milioni di ettari di terra fertile si trasforma in deserto. L’aumentare di queste aree, che vediamo in Amina Suleiman tra le carcasse del suo bestiame, morto a causa della siccità (Somalia centrale 2017) di Georgina Goodwin e Una famiglia Tuareg (Niger 2006) della Gattoni, causerà gravi siccità che, si stima, il 2030 costringerà 700 milioni di persone a migrare.

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Georgina Goodman, Amina Suleiman tra le carcasse del suo bestiame morto a causa della siccità

In mostra anche una sezione dedicata alla fotografa ticinese Daysi Gilardini, che offre uno spunto toccante sull’estrema bellezza di un ecosistema che deve scontrarsi con l’incremento smisurato della temperatura terrestre. L’Antartide e l’Artico sono i soggetti di Meraviglie polari: fotografie dagli estremi del mondo, fotografie di paesaggi incantevoli, dove vivere significa sopravvivere, mentre ghiacciai e iceberg continuano a sciogliersi.

Le 120 fotografie in mostra indagano con nudo realismo l’emergenza ambientale, diffusa in tutte le zone del mondo, che non può più essere definita “un problema di altri”, perché, come afferma Delano, «It’s not just happening there, but here, here and here». Uragani, inondazioni e periodi di siccità interessano tutti noi e le immagini di questa natura così dirompente stimolano un senso di empatia e la ricerca di possibili soluzioni, dall’uso di energie rinnovabili all’introduzione di piante di mangrovie per fermare l’avanzare del mare.

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Paolo Verzone, Resti di strutture minerarie

L’emergenza ambientale è diventata argomento di pubblico dominio solo negli ultimi tempi. Se negli anni Cinquanta con l’americano Roger Revelle e il ricercatore Charles Keeling si iniziò a misurare il biossido di carbonio atmosferico, bisogna aspettare gli anni Ottanta-Novanta per registrare l’esatta quantità di CO₂ e per pensare alla correlazione tra incremento delle temperature e cambiamenti climatici. Solo in seguito, con la redazione del Protocollo di Kyoto (1997) e la Conferenza di Parigi (2015), l’emergenza climatica arriva sul piano internazionale.

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Daysi Gilardini, Pinguini sulla spiaggia

Anche l’arte ha cercato di rispondere: già nell’Ottocento pittori inglesi come Camille Corot, stendendo macchie di colore con pennellate dense, dipinsero una natura che in pochi anni sarebbe stata spazzata via dall’industrializzazione. È nel Novecento, però, che movimenti come la land art, l’environment art e la recycling art, diverse ramificazioni di quella che oggi possiamo chiamare Arte ambientale, esplorano il legame tra arte, natura e impegno sociale. Artisti come Mary Miss, Helen Mayer Harrison, Newton Harrison, Aviva Rahmani e Jane McMahan denunciano il rapporto conflittuale uomo-natura, tentando di risanare tale complicata relazione.

In La grande cecità, il cambiamento climatico e l’impensabile, lo scrittore e antropologo Amitav Ghosh scrive che la cultura contemporanea è incapace di narrare il dramma del riscaldamento globale, dando prova di un fallimento dell’immaginazione. Di certo l’arte deve ancora fare passi avanti per comunicare in modo più efficace e accessibile a tutti, ma ad oggi grazie al LuganoPhotoDays, ai collettivi EverydayClimateChange, Julye’s Bicycle e TippingPoint si creano sempre più spesso occasioni per parlare di emergenza climatica, un tema che riguarda e deve riguardare tutto noi.

In copertina: Vlad Sokhin, Ameria,11anni, della tribù Inupiat sulla riva dell’Oceanio Artico a Barrow (Alaska, Usa 2016). [particolare]

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