Laurence Philomene: testimonianze di identità non binarie
Difficilmente capita di imbattersi in un* artista come p e dimenticarsene. Laurence, che si identifica come persona di genere non binario – quindi al di là della dicotomia, e quindi del binarismo, maschio-femmina, è un* fotograf* professionista, la cui notorietà è cresciuta a pari passo con la sua serie di scatti più famosa: “Non-Binary Portraits”, ritratti fotografici di persone che, come Laurence Philomene, si identificano come non binarie. Soggetti particolarissimi, spesso amici che l’artista canadese ha ritratto più volte nel corso degli anni e membri della comunità queer e trans, affiancati a un uso vibrante del colore, che è il secondo protagonista delle sue fotografie, sono i tratti più caratteristici di Philomene che, scatto dopo scatto, lavora sui temi della transessualità e della varianza di genere.
Hai cominciato ad interessarti alla fotografia molto presto. Qual è stata la spinta a continuare su questa strada, piuttosto che usare altre forme di espressione artistiche?
Penso che poiché il mio interesse per la fotografia è iniziato quando ero così giovane, sembrava che non ci fossero altre opzioni per me, e da quel momento la mia attenzione era focalizzata nello scattare fotografie e non è mai stato necessario provare altri mezzi, nonostante in questo ultimo periodo mi stia gradualmente interessando ad immagini in movimento.
Cosa vuoi trasmettere attraverso i tuoi scatti fotografici?
Le mie foto sono sempre scattare per me, perché ho l’ossessione di documentare ciò che mi circonda. Per la maggior parte, non c’è distinzione alcuna fra me e le mie immagini, per me sono un’unica cosa e al tempo stesso singole foto. Semmai spero che le mie foto diano a chi le guarda qualche dettaglio sulla mia vita e li facciano sentire calmi e rassicurati.
Quale pensi sia stata una delle tue più grandi sfide, professionalmente parlando?
La sfida più dura è mantenere una forte motivazione, poiché in questo periodo la maggior parte del mio lavoro lo svolgo in solitario al computer.
Quando hai scoperto l’esistenza della comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), ed in particolare della comunità gender variant?
Ho fatto coming out come queer quando avevo 17 anni e avevo appena iniziato la scuola di fotografia, quindi iniziai a farmi coinvolgere nella comunità intorno a quel periodo. La comunità queer/trans è la mia casa e il luogo dove mi sento più in pace.
Cosa pensi della rappresentazione degli individui gender variant nei media? Cosa vorresti cambiare?
Penso che se c’è una cosa che vorrei vedere di più in termini di rappresentazione è più cura, più rispetto, e meno quella visione capitalistica di “rappresentazione” per il bene di apparire “inclusivi”. Ritengo che ora la rappresentazione queer e trans sia abbastanza onnipresente, ma ciò nonostante tutti quelli che conosco (ed io) lottiamo per prosperare, quindi mi piacerebbe vedere più azioni e più investimento, specialmente nelle vite delle donne trans, che tuttora affrontano ancora la maggior violenza all’interno della società. Direi: siateci per noi, oltre che usarci per il vostro tornaconto.
Quale messaggio intendevi trasmettere con la serie “Non-Binary Portraits”?
L’idea dietro la serie “Non-Binary Portraits” era di fotografare/documentare i miei amici che si identificano come non binari e di lasciarli brillare collaborando con loro per l’impostazione di ogni scatto. Tutto quello che faccio è abbastanza semplice, quindi la maggioranza degli scatti sono basati su un singolo colore, sentimento o idea. Lo scopo è mostrare che le persone non binarie esistono, che siamo qui, che ci auto-celebriamo – cosa che vedo accadere di più in questi giorni, ma che non era ancora un punto di forza della rappresentazione trans attraverso i media fino a qualche anno fa.
In futuro, continuerai a lavorare sulle tematiche vicine alle persone non binarie?
Penso che continuerò a lavorare su questi temi fino a che non scoprirò cosa significa il genere per me, quindi probabilmente andrò avanti per sempre!
I colori usati nelle tue foto sono molto forti e ben definiti. È interessante vedere come decostruisci il significato di colori “gendered” come il rosa e il celeste. Che idea vuoi trasmettere attraverso un uso così mirato di questi colori?
Ho sempre usato il colore come forma di espressione: per me ogni singolo colore ha il suo specifico umore e mi piace usare i colori in modo istintivo, uso quello che sento sia giusto. Ho decisamente avuto un periodo rosa qualche anno fa, e amerò sempre il rosa. Per molto tempo ho avuto l’ossessione per la femminilità: da dove nasceva, quali sono i suoi significati, come esiste in relazione con me, eccetera. Ho giocato molto con il rosa associato alla mascolinità, che per me significava fotografare la mascolinità nel modo più femminile possibile. Il blu rappresenta la mascolinità, ma in un modo meno caricato, forse perché in molti modi la mascolinità è vista meno come una minaccia rispetto alla femminilità?
Il tuo lavoro si avvicina molto ad alcune tematiche femministe. Come descriveresti la relazione che c’è fra i tuoi lavori e i femminismi in generale?
Ho iniziato ad avvicinarmi molto al femminismo intorno al mio secondo anno di college, quando ho avuto la mia prima relazione gay, passando molto tempo su Tumblr e gestendo un collettivo artistico femminile. Tempo dopo avrei detto che il mio interesse si era spostato dal femminismo alle tematiche trans, ma queste due cose sono assolutamente interconnesse. Vivo la mia vita nel modo che preferisco e penso che questo sia di per sé un atto di femminismo: molti dei miei lavori esplorano il tema del femminismo (soprattutto l’identità di genere e i traumi), nonostante il mio scopo principale sia quello di mostrare la mia realtà.
Sto lavorando sul trovare nuovi modi per supportare la comunità locale in modo tangibile attraverso il mio lavoro, per esempio raccogliendo fondi per organizzazioni locali, eccetera, perché la rappresentazione è importante, ma ritengo che le azioni concrete sono ciò di cui abbiamo più bisogno in questo momento.
Se potessi tornare indietro nel tempo, cosa diresti alla tua versione più giovane?
Vivi tutto quello che ti capiterà, stai andando benissimo!!
Articolo scritto da Nicholas e Thuban
Fonte: Il Grande Colibrì
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