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L’intramontabile coraggio delle idee: l’attivismo di Andrea Giuliano

Abbiamo già avuto occasione di intervistare Andrea Giuliano, attivista LGBTQI divenuto bersaglio di gruppi neonazisti ungheresi dopo aver lanciato un messaggio satirico durante il Pride di Budapest del 2014. Il suo caso è diventato di fama internazionale: è una di quelle vicende che scuotono e coinvolgono, soprattutto in un’epoca in cui l’intolleranza e la diffidenza sembrano rafforzarsi di giorno in giorno. Ci siamo nuovamente confrontati con lui per riflettere sull’importanza dell’attivismo nella nostra epoca.

Durante gli anni a Budapest, ancor prima del Pride del 2014, eri già attivo nel tessuto sociale. Quali sono state le battaglie con cui hai cominciato?

Mi sono sempre considerato un attivista: in Ungheria ho voluto dare il mio contributo per migliorare le condizioni sociali del Paese, soprattutto dal 2012. Inizialmente ho collaborato con associazioni che tutelavano i senzatetto; poi, prendendo sempre più coscienza del clima di intolleranza che stava trasformando la società, ho deciso che avrei manifestato in maniera forte. Questa mia scelta è stata dettata dalla volontà di contestare sia l’intera ideologia di destra ungherese – che vuole a tutti i costi polarizzare la società in nero/bianco, europeo/straniero , ricco/povero- sia l’ipocrisia e il bigottismo della Chiesa, che all’interno del Paese non si è mai realmente schierata a tutela della minoranza LGBTQI.

Andrea Giuliano vestito da sacerdote durante il Pride di Budapest del 2014. [Ph: Stiller Ákos/HVG.hu]

Dopo una tale manifestazione sono arrivati pedinamenti, minacce di morte, addirittura è stata imposta una taglia di 10.000 dollari sulla tua testa: come spieghi questa reazione?

Va considerato che io non sono “solo” un attivista: sono anche straniero, antirazzista, antisessista, antifascista e gay. Tutto ciò, unito alla mia provocazione, ha spinto gli estremisti a reagire in maniera così violenta. Quello che hanno fatto con me non è molto differente da ciò che gli stessi gruppi hanno perpetuato nei confronti di altre minoranze: semplicemente, attaccare un singolo è stato molto più facile.

Il Pride in Ungheria si ripete da anni: come veniva vissuto inizialmente questo evento?

La manifestazione si diffonde nella Budapest degli anni ’90; all’inizio si respirava un senso di libertà nuovo: le persone provavano la speranza di vivere un cambiamento reale, lasciandosi alle spalle la pesante influenza sovietica. Dopo quell’ondata, nel 2007 le dinamiche sono andate peggiorando: la parata è stata accolta da numerosi pestaggi, gli estremisti di destra hanno fatto irruzione aggredendo i presenti. Da quel momento in poi, il Pride è sempre stato circondato da barricate, il centro della città è diventato un recinto chiuso, si sono verificati degli episodi di connivenza tra le forze dell’ordine e i neonazisti. Solo durante la manifestazione dell’anno scorso si è visto qualche leggero miglioramento.

Manifestazione del partito Jobbik, secondo in Ungheria, unito al movimento New Hungarian a Budapest [ph: Orange Files]

Come è evoluto lo scenario politico in Ungheria nel corso degli ultimi anni?

In realtà il raggiungimento di una deriva ultraconservatrice e radicale è stato frutto di un processo tutt’altro che drastico. Il precedente governo socialdemocratico non è stato in grado di rispondere alle necessità del Paese; dopo la caduta del Primo Ministro Gyurcsàny, Orban ha raggiunto una mole di consensi sempre più importante; contemporaneamente, partiti estremisti come Jobbik o quello dei Motociclisti sono cresciuti esponenzialmente. Orban ha modificato la Costituzione, ha comprato intere redazioni giornalistiche o ne ha fondate di nuove, silenziando la stampa apartitica e liberale; oggi, coloro che  cercano di promuovere controinformazione, o che tentano di tutelare le minoranze prive di voce, faticano molto a trovare uno spazio effettivo all’interno del Paese. Tutto l’irrigidimento a cui si è assistito in questi anni non è stato sufficientemente ostacolato dai gruppi progressisti, che non si sono esposti perché temevano di perdere consensi.

Credi che all’interno della comunità LGBTQI ci sia uguaglianza e coesione?

Purtroppo no: all’interno della popolazione LGBTQI (non la considero una comunità proprio perché siamo ancora troppo divisi) si trovano innumerevoli esempi di omonazionalismo: si tende a preporre le questioni di razza sull’affermazione dei diritti umani, a normalizzare certi aspetti delle minoranze anteponendoli ad altri, e questo è uno dei motivi per cui molte persone faticano a ottenere un riscatto autentico. In Italia, poi, si parla ancora troppo poco di queste tematiche; è come se si fossero sbagliati i tempi e i modi: le leggi fatte sono approssimative, insufficienti; è quasi completamente assente una cultura del rispetto, manca un’educazione dal punto di vista affettivo e sociale. Alcuni nuclei, come quello delle persone Trans o Intersex, sono quasi dimenticati, invisibili, sommari: non per niente i tassi di suicidio fra i transessuali sono esponenzialmente più alti. Si dimentica che lavorare sui diritti di una minoranza significa creare un laboratorio per la tutela di altri gruppi deboli. Se i diritti non valgono per tutti, allora si tratta di privilegi.

Un’immagine del Pride di Budapest tenutosi nel Luglio del 2015 [ph: justinvandyke CCA 2.0]

Come ti senti ora?

Non sto bene, perché negli ultimi 4 anni e mezzo la mia vita è stata completamente stravolta: tutti i miei piani e progetti sono stati compromessi a causa di quanto accaduto. Sono in attesa di un processo a Strasburgo che faccia finalmente un po’ di giustizia; al momento sono in Italia, continuo a lavorare per sensibilizzare l’opinione pubblica: non lo faccio per una questione di giustizia personale, ma per ogni singola minoranza oppressa che continua a non essere considerata. Certo, preferirei non battermi da solo: anche da parte di coloro che si occupano di sociologia o studi di genere non ho percepito un grande appoggio. Tuttavia non ho paura.

A tal proposito, cosa credi che si possa fare per sensibilizzare i più giovani in merito a questioni così importanti e delicate?

La necessità di un’educazione adeguata in merito non riguarda solo i giovani. Purtroppo il sistema scolastico non ci concede di sviluppare un dialogo su queste tematiche, ma c’è un reale bisogno di varcare la soglia dell’indignazione, di agire. Quando si è davanti a una società mostro, che promuove barriere anziché dignità e diritti, la contestazione e il dissenso diventano imprescindibili.

 

In copertina: Andrea Giuliano al Pride Week del 2014 a Poznan [ph: Barbara Sinica]

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