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La prostituzione in Italia 60 anni dopo la Legge Merlin

La pratica della prostituzione è presente in ogni cultura e paese del mondo tanto da essere considerata il più antico lavoro della storia. Ma qual è lo status giuridico della prostituzione in Italia?

Nel nostro paese la materia è regolata dalla legge 20 febbraio 1958, n. 75, comunemente detta legge Merlin (dal nome della senatrice Lina Merlin che ne fu promotrice), la quale abolì la regolamentazione della prostituzione, così come disciplinata in epoca fascista, chiudendo le case di tolleranza e punendo con una pena da 2 a 6 anni e con una multa da 260 a 10.400 euro chiunque gestisca una casa di prostituzione o recluti, favorisca o induca una persona a esercitare la prostituzione.

Di fatto l’esercizio del meretricio volontario e compiuto da soggetti maggiorenni rimaneva legale, in quanto garantito dagli articoli 2 e 13 della Costituzione come esplicazione della libertà personale inviolabile, ma veniva meno la sua regolamentazione.

L’Italia ha quindi aderito a uno dei tre modelli giuridici esistenti di trattamento della prostituzione, ossia quello definito “abolizionista”, consistente nel non punire né chi si prostituisce, né chi acquista prestazioni sessuali. Questo sistema, adottato da gran parte dei paesi dell’Europa occidentale (tra cui Francia, Regno Unito, Spagna, Belgio e Portogallo) esenta lo Stato dal prendere parte alla disputa, lasciando però in questo modo la gestione della prostituzione alla criminalità organizzata e al mercato.

Un altro modello giuridico è quello “proibizionista”, che consiste nel vietare la prostituzione e nel punire la prostituta e i clienti con pene pecuniarie o detentive. Lo adottano quasi tutti i paesi dell’Est Europa come Albania, Croazia, Russia, Serbia e Ucraina e, fuori dall’Europa, gli USA.

Un sistema totalmente diverso, chiamato “modello regolamentista”, è invece teso alla legalizzazione e regolamentazione del fenomeno attraverso l’istituzione di luoghi deputati all’esercizio della professione (case o determinati quartieri a luci rosse). Olanda, Germania, Svizzera, Grecia e Turchia adottano questo sistema, che sovente prevede l’imposizione di tasse e l’obbligo di controlli sanitari per prevenire e contenere le malattie veneree.

Cinque prostitute in attesa di clienti in un bordello di Napoli nel 1945, 13 anni prima dell’introduzione della Legge Merlin.

Dagli anni Ottanta nel dibattito politico italiano hanno preso corpo numerose istanze di abrogazione o modifica del sistema attualmente in vigore, giudicato non più al passo coi tempi.  I detrattori della legge Merlin fanno notare come, prima dell’entrata in vigore della norma, la prostituzione nelle strade fosse molto poco diffusa, mentre col nuovo regime giuridico si è assistito a un notevolissimo aumento. Ancor più preoccupante è il traffico di donne, favorito dall’immigrazione clandestina, passato direttamente sotto il controllo delle mafie italiane e dei Paesi di origine delle prostitute illegalmente presenti sul territorio nazionale e che ha la sua causa nell’assenza dello Stato nella gestione del fenomeno prostituzione.

Ecco perché molte sono state le proposte di legge per l’abolizione o attenuazione della legge Merlin. Nel 2008 l’allora ministro per le pari opportunità Mara Carfagna propose un disegno di legge per modificare l’attuale normativa, che tuttavia non arrivò mai all’iter parlamentare. Nel 2013 venne presentato un referendum abrogativo promosso da diversi sindaci italiani, che però si arenò per mancanza del numero necessario di firme. Ancora, nel 2014, il Partito Democratico con l’appoggio trasversale di Lega Nord, Movimento 5 stelle e Forza Italia, presentò un disegno di legge al fine di regolamentare la prostituzione, iniziativa che però non si concretizzò in una norma di legge. Recentemente, in una intervista del 28 febbraio 2019 a Tgcom24, il segretario della Lega Matteo Salvini ha ribadito la linea del suo partito sulla questione: «Ero e continuo a essere favorevole alla riapertura delle case chiuse» ha detto, precisando, però, che l’iniziativa «non è nel contratto di governo perché i Cinque Stelle non la pensano così». Secondo il ministro dell’Interno, «togliere alle mafie, alle strade e al degrado questo business, anche dal punto di vista sanitario, è la strada giusta».

Perché, allora, essere a favore della regolamentazione della prostituzione? Perché la legge Merlin ha mostrato nel tempo le sue falle: la chiusura delle case di tolleranza non ha infatti ridotto il mercato del sesso a pagamento. Le stime dicono che le vittime della tratta delle prostitute siano tra le 75 e le 120 mila (la maggior parte delle quali donne di origine nigeriana portate in Italia dalla criminalità locale). Il totale disinteresse dello Stato nei confronti del fenomeno ha contribuito a renderlo terreno fertile per l’agire incontrastato della criminalità organizzata, la quale lucra ogni anno, intascando miliardi, sulla pelle di povere vittime indifese. Ma introdurre un modello di legalizzazione e regolamentazione vorrebbe anche dire confinare il fenomeno all’interno di determinati quartieri (riducendo di molto la prostituzione di strada) e facendo pagare alle prostitute le tasse per i loro servizi, aumentando così il gettito fiscale e incrementando al contempo la tutela della salute sia delle lavoratrici del sesso, che dei loro clienti.

Per concludere, è bene dire che non esiste un modello perfetto che possa eliminare ogni problema riguardante la prostituzione, che è stato e sarà un fenomeno umano. Compito dello Stato dovrebbe però essere cercare di tutelare al massimo i diritti dei cittadini, introducendo norme che prevengano ad esempio fenomeni di schiavitù sessuale e proliferazione di malattie e, al contempo, rendano più sicuro l’esercizio di questa professione per chi decide volontariamente e senza coercizione di vendere servizi sessuali dietro pagamento.

 

In copertina: il Red Light District di Amsterdam (foto di Erik Tanghe, Pixabay).

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