#ijf14 Corrado Augias presenta il suo ultimo libro: una sfida per l’innovatore Francesco I
Ha rinnovato la curia, quella stessa che ha definito “la lebbra della corte del papato”, ha ribaltato lo Ior, la banca vaticana, ha toccato temi etici di delicatissima importanza quali la morte, il matrimonio, la vita, le coppie di fatto, l’omosessualità: scelte ardite per questo papa Francesco I, ma che Corrado Augias ha deciso di raccontare nella sua ultima edizione “Tra Cesare e Dio”, presentata oggi nella Sala dei Notari.
Un rispetto quasi affettuoso, quello dimostrato dall’ateo Augias nei confronti del papa argentino, che così lo descrive: “E’ stato il primo, dopo 90 papi nella storia della Chiesa, ad avere scelto il nome di Francesco. Non quello di un Gesuita, dunque, quella congregazione cattolica che è stata nel tempo accusata di essere dotta troppo intellettuale e lontana da quel Vangelo a cui, di contro, il francescanesimo, di cui Francesco è stato capostipite, insistentemente si richiama”. Un rivoluzionario già nel nome che, tuttavia, proprio per questo spirito innovatore, sa di avere diversi nemici tra i conservatori della Santa Sede: non a caso ha infatti dovuto “allentare la presa” su altri temi, quali il sacerdozio per le donne, al quale si è fermamente opposto.
Unico argomento sul quale Francesco non si è ancora esposto rimane, tuttavia, quello del ruolo pubblico della religione: una pagina nera della storia italiana, che Augias non esita a definire “volgare”: volgari i Patti Lateranensi del 1929 voluti da Mussolini, volgare il concordato del 1984 voluto, questa volta, da Craxi. Come fare? Se Benedetto Croce si arrese all’evidenza che “abbiamo avuto troppe storie per poterle racchiudere in una storia sola”, motivo, questo, che ci ha portato ai “volgari” ritorni storici poco prima accennati, Augias auspica che né Bergoglio né, tantomeno, Napolitano, cadano nel vecchio tranello di uno Stato repubblicano e democratico viziato dalle ingerenze di una Chiesa troppo spesso oscurantista. Riusciranno, dunque, i due uomini di Stato ad affilare le armi diplomatiche evitando pressioni dell’uno sull’altro? Ai posteri l’ardua sentenza.
Ph. Andrea Pellegrini [CC BY-SA 3.0/Wikimedia Commons]