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Piazza Cordusio, L’Egitto e il suo regime

In dieci minuti di flash-mob hanno raccontato l’Egitto di Al-Sisi a un anno dal golpe.

«Si dice che il silenzio sia la forma più potente nell’arte della parola. Ed è proprio in silenzio che ieri (3 luglio, ndr), come “Comitato democrazia e libertà per l’Egitto”, che unisce uomini e donne italo-egiziani, abbiamo deciso di dare voce all’oppresso popolo egiziano». Le parole sono quelle della studentessa Esraa Abou El Naga: «Piazza Cordusio per dieci minuti è diventata l’Egitto. In venti tra ragazzi e ragazze abbiamo deciso, a un anno dal golpe che ha portato alla deposizione del primo presidente eletto democraticamente nella storia del paese, di rappresentare i momenti più rilevanti di quest’anno di governo militare».

La scena era accompagnata da un sottofondo in cui si mischiavano la voce di Al-Sisi, quelle dei manifestanti, il rumore degli spari e delle urla. Una manciata di diapositive umane per «raccontare in silenzio l’atrocità con la quale è stato sgomberato il sit-in anti-golpe il 14 agosto scorso; la vita dentro le carceri, nelle quali dimorano giovani, attivisti, giornalisti e bambini; lo scandalo del primo processo nella storia moderna che in sole due sedute ha condannato a morte 529 civili; la violenza esercitata dalle forze dell’ordine sulle donne, senza distinzione di genere e senza alcuna pietà».

Ecco: piazza Cordusio, dalle 17.30 alle 17.40 è diventata l’Egitto, la faccia peggiore del regime. Allargando lo sguardo, la Milano di ogni giorno col suo solito tran-tran. Chi tira dritto, chi si ferma a curiosare, chi domanda e chi fotografa. «Ciò che accade al di là del Mediterraneo non è poi così lontano – conclude Esraa -: in un modo o nell’altro tocca anche noi».

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