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NO EXPO 2015, non solo antagonisti: la contestazione milanese e le critiche nazionali

Contro il Jobs Act, contro la Buona Scuola, contro l’austerità. Ma anche contro Expo. Lo sciopero sociale del 14 novembre 2014, che ha visto sfilare in 25 città italiane migliaia tra studenti, lavoratori, sindacati, a Milano è stato un’altra occasione per manifestare contro il grande evento del 2015. Gli esponenti di centri sociali e associazioni avevano già attraversato le strade della città l’11 ottobre, passando per luoghi-simbolo di Expo come Eataly, il lussuoso supermercato del cibo italiano, e il cantiere della Maltauro, società commissariata a luglio ma ancora responsabile della gestione del progetto Vie d’acqua, un canale di 22 km che dovrebbe passare tra i parchi a nord-ovest.

«In un Paese con 6 milioni di poveri, con il 46% di disoccupazione il loro modello di sviluppo è sempre quello dettato dall’austerity, delle grandi opere e del grande evento». Parla Valentina del CSOA Lambretta, più volte sgomberato e rinato in via Cornalia, ancora più vicino alle due piramidi di Expo Gate.

Il Lambretta è una delle tante realtà milanesi della Rete Attitudine No Expo, fatta di associazioni, comitati e centri sociali che dal 2007 manifestano il loro dissenso. Lo fanno dai loro spazi in città e nell’hinterland, dove organizzano assemblee, concerti e laboratori. Lo fanno nelle manifestazioni, coordinando i cortei e lanciando interventi alla cittadinanza. Lo fanno con un’opera di documentazione e informazione per approfondire problemi che in Expo sembrano trovare un’espressione evidente: miliardi di soldi pubblici in mano a privati, cementificazione di terreni agricoli, corruzione e infiltrazioni mafiose, l’illusione dei posti di lavoro. Temi che interessano tutti, al di là del credo politico o del linguaggio radicale degli hashtag.

Le perplessità dei cosiddetti “antagonisti”, spesso dipinti come contestatori isolati, sono sempre più condivise dalla popolazione civile e supportate dalle parole di studiosi e giornalisti. A volte anche dei politici.

Io non lavoro gratis per Expo

È la campagna lanciata in risposta al Programma Volontari di Expo 2015, che propone diverse modalità di partecipazione: un anno di servizio civile o un intero anno scolastico; 6 mesi, 2 settimane o un solo giorno. Ma a parte la progettazione di visite guidate, perlopiù svolta da scuole e associazioni, si tratta di un normale servizio di accoglienza dei visitatori della mostra. Si definirebbe un vero e proprio lavoro, solo non pagato.

A proposito: i famosi 37 mila posti di lavoro? Un anno fa il protocollo di Expo spa offriva contratti di apprendistato, contratti a tempo determinato e stage “riveduti” per l’occasione. Il Dossier scuola e lavoro in Expo del C.a.s.c. Lambrate (Coordinamento autonomo studenti e collettivi Lambrate) mostra le tante deroghe alle forme contrattuali con esempi pratici. Di stage retribuiti si parla nelle scuole secondarie, ma i più giovani non sarebbero adatti ai criteri di selezione, restrittivi quasi quanto quelli per i 300 contratti a tempo determinato. L’apprendistato poi formerebbe 340 tra “operatori/ specialisti/ tecnici sistemi di gestione grande evento”, 340 specializzati in compiti difficilmente spendibili in contesti diversi, ma assunti con un contratto conveniente, a livello contributivo, per l’offerente.

Per contrastare la pubblicità del Volontariato Expo come «social network dell’anno», in molti hanno aderito alla campagna su Facebook, postando una propria foto o un video.

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Expo e cibo, lo scontro tra grandi e piccole produzioni

 

Nutrire il pianeta, Energia per la vita è l’ambizioso tema di Expo 2015 per stimolare il dibattito su malnutrizione, biodiversità alimentari ed educazione a nuove abitudini di consumo. Lo spazio espositivo lo interpreta attraverso percorsi interattivi di contenuto scientifico, culturale e ludico. Inoltre Milano ospiterà Zero Hunger Challenge, la campagna di sensibilizzazione sulle politiche di contrasto della malnutrizione. Un ottimo progetto. Semmai sono le contraddizioni, forse inevitabili per una “grande opera”, a scatenare polemiche: come conciliare la riflessione sulla redistribuzione delle risorse e la fame nel mondo con la presenza di sponsor multinazionali e di Eataly, la catena di negozi del cibo italiano che dovrebbe viaggiare fino agli States? A contestare sono anzitutto contadini, artigiani e piccoli produttori di Genuino Clandestino, movimento nazionale di quasi trenta realtà unite per sostenere la sovranità alimentare e un sistema trasparente di produzione e distribuzione del cibo, fondato sulla cooperazione e la salvaguardia dell’ambiente.

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Le Vie d’Acqua, l’acqua nelle vie

 

A fronte dei danni recenti provocati dalle esondazioni dei fiumi milanesi, il sindaco Giuliano Pisapia considera la possibilità di destinare parte dei fondi per Vie d’Acqua agli interventi sulle criticità idrogeologiche, realizzando solo la parte del progetto che garantisce la messa in sicurezza del sito di Expo 2015. Forse l’«anello verde-azzurro fatto d’acqua» può aspettare: i ritardi nei cantieri rendevano già impossibile concludere i lavori per l’apertura dell’esposizione.

Non si fanno attendere invece le voci che chiedono di stornare i 45 milioni di euro per la Via d’Acqua Sud. In particolare, il collettivo OffTopic rilancia la lotta No Canal a difesa dei parchi Pertini, Trenno e delle Cave e pubblica l’e-book gratuito #NoCanal. Storia della lotta che ha messo a nudo Expo, che ripercorre la storia del progetto Vie d’Acqua. Ora funzionale alle finalità scenografiche e manutentive del sito di Expo 2015, a evento concluso sarà un’opera in cemento in un sottosuolo già contaminato.

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Le ombre sul post-Expo

Meno di 160 giorni ed Expo Milano 2015 sarà realtà. Paradossalmente è già tempo di bilanci. Quello di Roberto Perotti, docente all’Università Bicocca, svela che le promesse sul rilancio dell’economia e sui posti di lavoro si fondavano su un’analisi che escludeva che i soldi di lavoratori e imprese potessero rimanere tra i risparmi, senza tornare ‘in circolazione’.

Guardando al passato, tornano alla mente gli scandali legati a corruzione, tangenti e appalti truccati, si ripensa agli scenari desolanti di molte città che hanno ospitato l’Expo pochi anni fa, popolate di architetture eccentriche ma abbandonate, lasciate al degrado.

Intanto, sappiamo che il 15 novembre è scaduto il bando per acquisire le aree Expo 2015: nessuno si è presentato e ora Arexpo, società i cui soci principali sono Comune di Milano e Regione Lombardia, deve restituire alle banche il denaro speso per l’acquisto dei terreni privati.

Non ci resta che attendere gli sviluppi sul fronte ufficiale. La nuova mobilitazione di Rete Attitudine No Expo, invece, è annunciata già per dicembre.

Si andrà avanti fino al primo maggio 2015, per mantenere la promessa dell’11 ottobre scorso: collaborare, diffondere, organizzare iniziative per dire No a Expo.

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Alice Laspina

Nata nella bergamasca da famiglia siciliana, scopro che il teatro, lo studio e la scrittura non sono che piacevoli “artifici” per scoprire e raccontare qualcosa di più “vero” sulla vita e la società, sugli altri e se stessi. Dopo il liceo artistico mi laureo in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo e sempre girovagando tra nord e sud Italia, tra spettacoli e laboratori teatrali, mi sono laureata in Lettere Moderne con una tesi di analisi linguistica sul reportage di guerra odierno. Mi unisco alla ciurma di Pequod nel 2013 e attualmente sono responsabile della sezione Cultura, non senza qualche incursione tra temi di attualità e politica.

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