Vivere senza banca
Nel 2012 è stato scambiato nel mondo denaro senza uso di contante per un valore di 377 trilioni di dollari. Nel 2022 i pagamenti elettronici dovrebbero superare i 710 trilioni. L’uso di carte e pagamenti online è in aumento, anche nelle economie in via di sviluppo.
Chissà se Isabel entro quella data avrà alzato bandiera bianca o continuerà a resistere. Dal 2002 non usa bancomat, carte di credito. Non ha conto in banca. I soldi del lavoro – gestire una decina di appartamenti – entrano ed escono dalle sue tasche rigorosamente in contanti. O messi al sicuro per qualche tempo in qualche nascondiglio della sua casa a Buenos Aires.
Isabel ha buone ragioni per non fidarsi delle banche dal giorno, a fine 2001, in cui scoprì che il suo conto bancario era stato congelato, che non poteva prelevare i dollari che aveva versato per anni, che poteva ritirare solo 250 pesos alla settimana.
La misura, denominata “corallito”, fu adottata dal ministro dell’Economia Domingo Cavallo per evitare che di fronte all’impossibilità di rimborsare il debito pubblico con il conseguente default dello Stato la gente prendesse d’assalto gli sportelli generando una crisi di liquidità delle banche.
I risparmiatori si trovarono di fronte a due scelte: convertire i dollari depositati in pesos – una valuta crollata perchè la parità di uno a uno col biglietto verde in vigore dagli anni ‘90 era saltata per aria – per accedere a quanto era rimasto oppure accettare in cambio una obbligazione in valuta Usa, che il governo prometteva di ripagare in dollari entro i 10 anni successivi.
«Il corralito è il box dove si mettono i bambini, dice Isabel, gli argentini si ritrovarono dentro un gigantesco box, da cui era impossibile uscire senza farsi male». Il maldestro messaggio di Cavallo era comunque giunto troppo tardi: i dollari che “dovevano” uscire dall’Argentina – di finanziarie e speculatori – erano già stati depositati da tempo all’estero su suggerimento di chi era stato informato in anticipo.
«Milioni di argentini videro evaporare i risparmi di una vita, ricorda Isabel, una famiglia con 10 mila pesos – fino al giorno prima pari a 10 mila dollari – se li vide confiscati e trasformati in 2.000-2.500 dollari e non poteva ritirarli dal conto. Le banche chiusero le porte davanti alle proteste. Solo dopo anni e molte controversie legali il governo concesse di ritirare i risparmi ancora denominati in dollari ma solo per acquistare beni immobili. In molti casi non erano sufficienti per comprare una casa e non fu possibile recuperarli al valore di quando erano stati messi sul conto».
Isabel – come molti argentini – da allora fa a meno delle banche. Quando incassa gli affitti paga tasse e bollette, prende i soldi per vivere nel mese e il resto lo nasconde «ma se mi ammalo e avessi bisogno di cure speciali non ho una scorta sufficiente, dovrei vendere una casa».
Durante la nostra chiacchierata ho scoperto che c’è un tesoro in quella bella casa di San Telmo, uno dei più vecchi quartieri della città. «Ci sono soldi, non tanti eh? che ho messo via anni fa in un posto che non riesco a ricordare – confessa divertita Isabel – forse un giorno mi torna in mente o salteranno fuori. Altrimenti li troveranno quando non ci sarò più, così qualcuno sarà contento della mia morte».
Ogni tanto si ritrova a fare i conti con le banche. «Due anni fa è morto mio padre e non riesco a chiudere il conto su cui riceveva la pensione. Mi continuano a dire che stanno studiando la situazione. L’inflazione al 30% annuo si mangia il potere di acquisto di quei soldi e chiedono i costi di amministrazione del conto. Capisce perché la mia qualità della vita migliora sin tener un banco?».
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GIANLUIGI CLERICI
quello sì che fu un vero disastro…