Sydney, e se il nuovo mondo fosse già vecchio?
Per molti è la citta ideale, per altri il sogno che si realizza, per altri ancora la bolla di sapone luccicante esplosa in mano ancor prima di poter essere toccata. Sydney è stata la prima città d’Australia, attualmente la più grande e in continua espansione. Si calcola che nei prossimi 5 o 10 anni la popolazione aumenterà di oltre 500mila unità. Questo perchè è sicuramente il posto più “vivibile” d’Australia (almeno dal punto di vista climatico). Una città multietnica per natura e per cultura, che sembra andare in controtendenza rispetto al mondo globalizzato. La multicultura su cui si è fondata – non solo Sydney, ma l’intera Australia – rimane l’elemento cruciale dello stile di vita della City. Ma guardandosi intorno sembra evidente che la Cina è sempre più vicina e che la multiculturalità rischia di lasciare il passo ai flussi di denaro, che in questo momento seguono una sola direzione.
Chi cerca fortuna e chi la importa.
Salendo sull’autobus che mi porta in giro per i sobborghi della città (molti dei quali tutti uguali e senza particolari attrazioni) sento diversi accenti: napoletano, veneto, pugliese. Gli italiani sono dappertutto e fanno di tutto: chi lavora in proprio, chi sfrutta e chi viene sfruttato, chi ha trovato il suo equilibrio mentale e chi in Italia non ci tornerebbe neanche sotto tortura (spesso ex berlusconiani che non vedono l’ora di sparare a zero sul proprio Paese).
Ma sull’autobus gli italiani sono pochi rispetto alla quantità di occhi a mandorla che mi è dato vedere. La Cina è qui, in Australia. Per i business-man di Pechino e dintorni questa è la nuova frontiera (nuova si fa per dire). Nei sobborghi intorno a Sydney è difficile incontrare volti occidentali. Più che in Europa, qui tutto parla cinese. Il bar italiano, il ristorante greco, le banche e le università. Capita anche che il gorverno chiuda un occhio (o tutti e due) quando si tratta di capire la reale provenienza dei capitali. Gli stessi che spesso sono investiti su immobili e che hanno fatto aumentare il prezzo delle case, talvolta anche del 200/300 per cento nel giro di poco più di un lustro. In conseguenza di ciò, se un giovane australiano, fino a cinque anni fa, poteva permettersi un mutuo, adesso la prospettiva, in tal senso, appare meno rosea (e non è una bella cosa, considerando che stiamo parlando di un Paese che non sa cosa sia la crisi economica).
Nel frattempo sono sceso dal bus, entro al Pub e ordino una Foster. La cameriera mi guarda stralunata. La Foster non c’è, non esiste. Si vende soltanto all’estero. Mi giro e Frank, il ragazzo intento a leggere le ultime dal rugby dietro di me, da’ conferma del triste annuncio.
Esco dal pub e giro tutte le vie, penso a cosa doveva essere questa città nei primi anni del secolo scorso.
Sydney è stata la prima città del continente ad avere un proprio consiglio comunale, la prima città – propriamente detta – di tutto il continente. I primi condannati, deportati nella nuova colonia inglese, sbarcarono proprio qui, sul versante meridionale della città, dove oggi sorge l’areoporto. Ma fu solo a metà dell’800 che, con la scoperta dell’oro la città australiana divenne il punto di riferimento per chi veniva a cercare il proprio lucky strike. La città crebbe fino a 200mila abitanti. Si decise allora che la colonia dovesse essere organizzata in modo appropriato, motivo per cui, nel 1901 fu proclamata la federazione del Commonwealth d’Australia.
Da allora è cambiato molto; e non sempre in meglio.