God save the mob
Quattro tonnellate di ecstasy, per circa 15 milioni di pasticche e 150 Kg di cocaina, per un valore complessivo di 300 milioni di dollari. Era l’agosto del 2008 e, nel porto di Melbourne,si assisteva alla più importante operazione antidroga mai effettuata a livello mondiale contro i traffici della ‘ndrangheta nel mercato degli stupefacenti in Australia.
E in questo stesso contesto, insieme alla droga, saltano fuori anche i primi scandali legati alle connessioni tra i clan calabresi e la politica locale. Tra gli arrestati, infatti, risulta anche Francesco Madafferi, ritenuto uno dei capi della più potente cosca di stanza in Australia. Lo stesso che qualche anno prima aveva beneficiato dell’annullamento del decreto di espulsione che pendeva a suo carico per i suoi precedenti criminali. Il decreto era stato emesso dal ministro dell’immigrazione Ruddok, ma successivamente annullato dal suo successore Amanda Vanstone. E qui arriviamo agli scandali: secondo le ricostruzioni effettuate dal quotidiano The Age di Melbourne, il partito liberale (nel quale militava la Vanstone) avrebbe ricevuto una donazione (pratica legale in Australia) di 100mila dollari da persone vicine a Madafferi, denaro necessario garantire l’annullamento del provvedimento.
Ma questo non è l’unico caso in cui, anche in Australia, ‘ndrangheta e membri delle istituzioni sembrano andare a braccetto. C’è un’altra storia interessante da questo punto di vista che riguarda un altro Madafferi, Antonio, fratello del primo.
Conosciuto come capo influente delle famiglie di ‘ndrangheta a Melbourne e implicato in vicende legate al traffico di droga, Antonio Madafferi gestisce diversi negozi di frutta e verdura, nonché la catena di ristoranti “La porchetta”.
Proprio per i pesanti sospetti in merito al suo ruolo all’interno dell’organizzazione, il capo della polizia dello stato del Victoria gli ha vietato l’accesso al casino della città e alle corse dei cavalli: Per evitare che lo stesso si servisse di quei luoghi per organizzare meeting sulla gestione del sistema di riciclaggio. Madafferi avrebbe, in seguito, chiesto consiglio a un ex giudice della corte suprema australiana il quale, stando alle fonti, avrebbe aiutato il boss in cambio di un cesto di frutta e prelibatezze della terra…
Paese che vai, ‘ndrangheta che trovi
Per noi comuni mortali il concetto di distanza è diventato relativo solo negli ultimi tempi, la ‘ndrangheta invece, ha iniziato a costruire ponti fin dagli anni venti. Gli anni in cui le famiglie mafiose, dell’aspromonte e della piana di Gioia Tauro, si imbarcavano sulle stesse navi dei calabresi onesti.
Naturalmente l’instaurazione e l’evoluzione dei clan calabresi in Australia sono ampiamente documentate fin dalla prima metà del secolo scorso (tra i numerosi volumi bibliografici a riguardo, si segnala Australian ‘ndrangheta di Enzo Ciconte e Vincenzo Macrì, Rubettino Editore, 2009).
E, esattamente come in Italia, la ‘ndrangheta australiana agisce mescolando abilmente i riti e le tradizioni con i più acuti e raffinati traffici illegali. E anche qui, come in Italia, la politica è una degli strumenti più importanti di cui servirsi.
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