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Nabucco: l’annunciato successo di Giuseppe

Nabucodonosor è il titolo originale della terza opera di Giuseppe Verdi, il primo grande capolavoro che decretò il suo successo (poi, in realtà sui cartelloni il titolo, essendo troppo lungo, veniva scritto Nabucco e, a capo, Donosor – anche Giuseppe finì per usare il titolo abbreviato).

«Con questa opera si può dire veramente che ebbe principio la mia carriera artistica». Lettera autobiografica a Giulio Ricordi, 1879.

Un dramma lirico in quattro atti basato sul libretto di Temistocle Solera che venne rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano il 9 marzo 1842.

Ve ne parlo perché  è una delle opere in programma all’Arena di Verona in queste settimane: tre ore e mezza circa (intervalli inclusi) di sublime godimento con l’orchestra dell’Arena sotto la direzione di Riccardo Frizzi e una regia ideata nel 1991 da Gianfranco de Bosio, con le scene di Rinaldo Olivieri.

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Non ricordo le esatte parole dell’aneddoto raccontato da Giuseppe su come si sia deciso ad accettare l’ingaggio dell’impresario Bartolomeo Merelli, ma fu una sera in cui l’impresario della Scala spazientito (il libretto che tentava di proporre era già stato rifiutato da Otto Nicolai, un giovane compositore prussiano) piombò nel suo appartamento scaraventando il libretto sul tavolo (c’erano stati degli screzi precedenti) per poi andarsene sbattendo la porta. Giuseppe un po’ stizzito e un po’ incuriosito si avvicinò al libretto che s’era aperto e iniziò a leggerlo: decise che si, avrebbe composto lui la musica.

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Nella prima parte la scena fingesi in Gerusalemme, nelle altre in Babilonia.

Naturalmente la prima fonte del libretto di Temistocle è la Bibbia e in particolare le parti che riguardano il regno di Giuda e la sua invasione da parte del re babilonese Nabucodonosor nel 587-586 a.C., quando venne saccheggiato il tempio di Gerusalemme, con la conseguente deportazione dei vinti in Babilonia.

Considerata una delle opere più risorgimentali di Verdi, ebbe un grande successo in Italia perché gli spettatori dell’epoca potevano immedesimarsi e riconoscere la loro condizione politica in quella degli ebrei soggetti al dominio babilonese. Questo era il grande potere dell’opera: un momento di musica (e non solo) condivisa dove la coralità e l’empatia erano elementi fondamentali, vissuti e interiorizzati dagli spettatori.

Quella di Nabucco è una trama complicatissima: c’è la politica, c’è l’amore, l’odio, la guerra e gli dei che s’impicciano negli affari terreni. Tutto inizia al Tempio di Gerusalemme dove i Leviti sono preoccupati per la sorte degli Ebrei, appena sconfitti da Nabucco; qui il gran pontefice Zaccaria risolleva gli animi facendo notare che Fenena, la figlia di Nabucco, in realtà è loro prigioniera.

Ismaele, nipote del re di Gerusalemme, è però innamoratissimo di Fenena e fa di tutto per farla fuggire. A ciò si aggiunge Abigaille, anch’essa figlia di Nabucco e innamoratissima di Ismaele, che scopre il piano dei due amanti e minaccia Fenena di raccontare tutto a papà. Il buon cuore di Ismaele fa ricongiungere l’amata al padre, scatenando l’ira degli Ebrei (anche se poi si scoprirà che Fenena è ebrea e quindi Ismaele ha fatto la cosa giusta).

 

Nel frattempo Abigaille scopre un documento in cui si attestano le sue origini da schiava (venne adottata da Nabuccodonosor) che non le permettono la successione al trono – si, perché nel frattempo ci sono in giro voci per cui il re dei babilonesi sarebbe morto in battaglia. Fenena prende il potere e ordina che gli ebrei vengano liberati: da qui il putiferio.

Questa non è nemmeno metà dell’intera trama, ma forse vi siete fatti già un’idea della complessità, dei colpi di scena e del brivido della storia!

 

In copertina: Nabucco a Masada (Israele), regia di Daniel Oren [ph. Hanay CC BY-SA 3.0/Wikimedia Commons]

featured, Giuseppe Verdi, musica, Nabucco, Verona


Sara Alberti

Nata sulle colline bergamasche nel 1989, percuoto dall’età di otto anni, quando ho iniziato a studiare batteria e percussioni da orchestra nel Corpo Musicale Pietro Pelliccioli di Ranica (W la banda!). Dopo essermi barcamenata tra le varie arti, la Musica ha avuto la meglio e mi è valsa una laurea in Musicologia. Profondamente affascinata dal vecchio e dall’antico, continuo a danzare e suonare nella Compagnia per la ricerca e le tradizioni popolari “Gli Zanni” e per il mio grande amore balcanico Caravan Orkestar. Su questa nave di pirati sono la responsabile della sezione Nuove Premesse, della cambusa e della rubrica musicale.

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