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Video mapping a Bucarest, quando gli oggetti divulgano storie

Dai francesi Lumière alla piattaforma americana YouTube, più di un secolo per la storia delle immagini in movimento, che dal grande schermo approdano sul web, e infine sulle superfici multiformi di oggetti, monumenti e palazzi. Di seguito, voglio mostrare il mio primo incontro con una proiezione di video mapping, scorta quasi per caso sull’ex Casa del Popolo di Bucarest.

Ogni anno a settembre, in occasione dell’anniversario dalla fondazione della capitale rumena, un contest europeo richiama diversi artisti internazionali per la creazione di un video mapping sulla storia di Bucarest. Tra il volto impassibile di Vlad e l’epoca Liberty di inizio Novecento, le inflessibili finestre così come le ampie e spoglie terrazze del Palazzo cambiano sinuosamente forma in un vortice di colori e linee geometriche, trasformando le forme architettoniche in storie mutevoli. Sulla facciata del  secondo edificio al mondo per dimensioni, il dolore al collo per osservare lo spettacolo fa da contorno all’insolito impatto visivo, per concludersi con una serie di giochi pirotecnici.

Improvvisamente, un albero di fronte alla Casa, oggigiorno Parlamento, s’infiamma a causa delle scintille: «I really wish it could burn», sento sussurrare da alcuni amici rumeni, in risposta ai tanti scandali di corruzione che per anni hanno distinto le vicende politiche della Romania. E strana è la coincidenza, a mesi di distanza, con l’ultima tragedia del Paese che prese di mira 400 giovani nell’ottobre 2015 presso il “Colectiv Club”, uno dei locali più popolari della capitale, dove a causa di giochi pirotecnici e del totale disinteresse per  le norme di sicurezza persero la vita 66 giovani. Tra le 20 e le 30 mila persone scesero in strada per manifestare, protagonisti di uno dei più grandi cortei che la Romania ricordi dal 1990, anno della caduta della dittatura socialista. Queste manifestazioni comportarono le dimissioni del governo Ponta e l’inizio di un nuovo decreto anti-corruzione. Da allora, la società civile rumena ha iniziato a prendere coscienza della propria esistenza e della negligenza di un sistema oramai paralizzato tra vecchie ideologie e nuovi scenari.

1302, bucarest, featured, video mapping


Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.

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