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Protestare in Romania: una questione di principio

Da dieci giorni le notti rumene sono animate da migliaia di cittadini desiderosi di manifestare il loro dissenso nei confronti del governo neoeletto. Ogni sera, difatti, nelle principali città della Romania, i cittadini si sono riuniti per affermare ancora una volta quanto siano oramai nauseati dalla presenza dilagante della corruzione nel loro paese. La protesta è nata al tramonto di giovedì 31 gennaio, quando il governo approvò un decreto di emergenza volto a indebolire la legge anticorruzione, mettendo così a riparo l’esecutivo da inchieste giudiziarie, come l’abuso di ufficio, il conflitto di interesse e la negligenza sul luogo di lavoro. Ad esempio, il governo fissò a 200,000 RON (44,000 euro) il tetto massimo solo oltre al quale si poteva considerare il crimine un abuso d’ufficio, riducendo contemporaneamente la reclusione dai due ai dieci anni previsti per legge allo sconto di un massimo di sei mesi di detenzione, o in certi casi a una semplice multa. Non uno dei migliori decreti volti a continuare la battaglia della Romania contro la corruzione. Tuttavia, i cittadini rumeni non sono rimasti in silenzio e la stessa sera del 31 gennaio sono scesi spontaneamente per strada.

Anche la Commissione Europea ha espresso nei giorni scorsi la sua preoccupazione: «Stiamo seguendo gli ultimi sviluppi in Romania con grande apprensione», hanno dichiarato il presidente della Commissione Jean-Claude Junker e il vice-presidente Frans Timmermans. I due rappresentati dell’UE hanno sottolineare che la frattura di quest’ultimo decreto con gli ultimi passi della Romania nella lotta alla corruzione «potrebbe rappresentare un forte impatto a qualsiasi valutazione positiva e futura nei confronti del Paese da parte dell’Unione Europea».

Qui una particolare prospettiva sulla manifestazione del 5 febbraio a Bucarest, dove i rumeni hanno deciso di accendere le torce dei loro cellulari con il fine di far luce sul buio degli ultimi provvedimenti governativi.

Dopo una settimana di proteste, Andy, 27enne residente a Bucarest, descrive a Pequod cosa sta avvenendo nelle strade della capitale: «Stiamo protestando con il nuovo provvedimento governativo volto a decriminalizzare certe forme di corruzione. L’ordinanza 13/2017 è stata approvata nella serata di martedì, facendo nascere uno dei più popolari slogan urlati dai dimostranti Di notte, come i ladri!» Andy si sente estremamente orgoglioso e un poco sorpreso nel vedere quante persone (300,000 a Bucarest e 600,000 in tutto il paese nel picco della protesta) siano scese per strada a esprimere la propria rabbia e frustrazione su qualcosa che non si ripercuote nell’immediato sulle loro vite, ma è una mera questione di principio.

Negli ultimi giorni, Piaţa Victoriei (Piazza della Vittoria) continua a essere il punto prediletto nella capitale Bucarest per continuare le proteste, essendo la piazza esattamente di fronte alla sede centrale del governo rumeno. L’atmosfera è unica e straordinaria, impreziosita da numerosi striscioni, bandiere e slogan creativi. «Un detto rumeno – aggiunge Andy – dice che I rumeni sono nati poeti e credo sinceramente che le ultime proteste dimostrino e rafforzino tale peculiarità dell’animo rumeno. Manifestando in Piazza della Vittoria, puoi passare da momenti di rabbia a ridere fino alle lacrime a causa di una brillante poesia oppure un disegno stilizzato su qualche striscione».

Piazza della Vittoria, a Bucarest, domenica 8 febbraio 2017. Credits: Dan Mihai Balanescu.

Ma la protesta non si è fermata entro i confini rumeni. Al giorno d’oggi le manifestazioni possiedono uno straordinario respiro internazionale grazie alla presenza e al diffuso utilizzo della rete Internet. Oggigiorno le persone (almeno quelle appartenenti a una certa parte di mondo) sono costantemente connesse le une alle altre, condividendo la loro quotidianità e tutto ciò a cui si interessano. Non solo frivoli gossip, ma anche argomenti di un certo spessore, come i diritti umani. Esattamente quello che è successo alla Women’s march on Washington il 21 gennaio 2017, che ottenne una risonanza mondiale e divenne trand topic sui principali Social Network. Lo stesso sta accadendo per le manifestazioni rumene: i rumeni immigrati in diversi paesi del mondo si stanno unendo alle proteste scendendo nelle principali piazze delle città in cui risiedono, marciando, scattando fotografie e inviando tutti lo stesso messaggio: mai più corruzione.

Anda, una ragazza rumena di 20 anni trasferitasi a Manchester (UK) per motivi di studio prova a raccontarci la sua storia: «Sebbene io non sia in Romania, ogni sera continuo la protesta in Albert Square con un gruppo di connazionali poiché voglio supportare la mia famiglia e gli amici rimasti nel nostro paese. Stiamo manifestando perché vogliamo che la Romania diventi un posto in cui poter far ritorno». Anda e altri espatriati rumeni protestano portando in piazza numerosi slogan e scattando fotografie per i media rumeni: «Siamo riusciti a far pubblicare qualche articolo con le nostre immagini per inviare un ulteriore messaggio di sostegno». Con la speranza di poter fare la differenza, Anda confessa che nonostante sia la politica rumena a dover cambiare, è necessario che tale cambiamento abbia una forte spinta dal basso e arrivi in primis dai cittadini attraverso il voto: «Credo fortemente che i rumeni debbano votare con maggior consapevolezza!». Un pensiero che per forza di cose scaturisce dalle ultime elezioni politiche.

Parigi. Credits: Iuliana Francisco su Radio Guerrilla.
Golfo del Bengala, India. Credits: Marius Deacu su Radio Guerrilla.
Addis Abeba, Etiopia. Credits: Gabril Cotescu su Radio Guerrilla.
Tenerife. Credits: Elena Cobian su Radio Guerrilla.

Facciamo un poco di chiarezza sugli ultimi avvenimenti politici in Romania. Alla fine del 2015, dopo una serie di proteste scoppiate a seguito dell’incendio al nightclub Colectiv in Bucarest, dove persero la vita ben 64 persone, il governo guidato dal Partito Socialdemocratico dovette rassegnare le dimissioni in quanto indirettamente accusato della corruzione dilagante in città e in tutto il paese, una corruzione totalmente noncurante dei principali sistemi di sicurezza nei locali pubblici. Di conseguenza, le redini della Romania furono affidate a un governo tecnocratico che si guadagnò una certa reputazione nazionale e internazionale per i suoi sforzi contro ogni fenomeno di corruzione. Dopo le elezioni politiche di dicembre 2016, la guida del paese ritornò in mano al Partito Socialdemocratico con un 45% di consenso. Sfortunatamente, tali elezioni raggiunsero solamente il 39% di affluenza alle urne.

In questi giorni, invece, i rumeni chiedono a gran voce le dimissioni del nuovo governo eletto. Liana, una giovane donna che vive a Bucarest, ci spiega le sue ambizioni: «Il Partito Socialdemocratico ha vinto le scorse elezioni ed è giusto che continui con la sua agenda politica, ma ciò che chiedo è che lo faccia con persone diverse, responsabili e preparate. Dovrebbero dunque costituire un nuovo governo, visto che quello attuale ha ampiamente dimostrato in poco tempo di non essere in grado di guidare il paese». Liana, che alle scorse elezioni si era diretta alle urne, spera che la situazione attuale faccia riflettere chi decise di non votare. Anche Andy non riesce a capacitarsi di quanti milioni di giovani non abbiano votato: «Non riesco a capire come questo sia stato possibile a poco più di un anno dalla tragedia del Colectiv. Chi ha votato, invece, fa parte della vecchia generazione e delle aree rurali, dove sono state portate promesse o borse piene di farina, olio e uova. Sì, letteralmente».

Foto di copertina: Piazza della Vittoria a Bucarest. Credits: Andy.

Per leggere l’articolo in inglese: clicca qui.

Cieli chiari nelle notti d’Europa

Negli ultimi anni la questione dell’inquinamento luminoso nelle aree metropolitane d’Europa è diventata oggetto di interesse e preoccupazione crescenti. Salvo rarissime eccezioni, nella maggior parte delle grandi città del vecchio continente è ormai impossibile osservare una notte autentica, in cui il buio la faccia da padrone e le stelle possano risplendere nelle tenebre. Lo scenario che più verosimilmente ci offre la notte nelle metropoli è quello di una notte ovattata, di un’oscurità smorzata dai milioni di luci che la dipingono, donando al cielo sfumature chiare, giallastre, quasi tendenti al rosa, e in generale un clima surreale.

Ma anche il paesaggio notturno più inquinato dalle luci sa essere suggestivo. Nell’Europa dell’est, dove la vastità degli spazi e la minore densità abitativa rendono le aree extra urbane ancora immuni all’inquinamento luminoso rispetto ad altre parti d’Europa, le grandi città con le loro luci spiccano ancor di più e il cielo chiaro che le sovrasta di notte sembra essere più stupefacente che altrove.

Il nostro viaggio fra le capitali europee orientali comincia a Varsavia. La crescita esponenziale che ha investito la città negli ultimi decenni l’ha trasformata in un cantiere di grattacieli che si sviluppano attorno alla stazione centrale, a ridosso del centro storico ricostruito nel dopoguerra. Nei mesi autunnali e invernali la notte si staglia con prepotenza nel cielo fin dalle quattro del pomeriggio. È proprio in quel momento che si accendono i palazzi, rendendoci ancor più consapevoli della trasformazione della città in una vera e propria metropoli. I grattacieli ultra moderni si colorano a seconda delle giornate e degli eventi, contribuendo a uno spettacolo in cui il maestro d’orchestra rimane tuttavia il più vecchio fra i giganti di Varsavia, il Palazzo della Cultura e della Scienza, costruito nel 1955 in epoca sovietica, che con i suoi 237 metri rimane l’edificio più alto della Polonia.

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Palazzo della Cultura e della Scienza, Varsavia
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Nuovi grattacieli nella zona della stazione centrale, Varsavia

Spostandosi a sud-est ci troviamo nella notte di Bucarest, città che sembra non dormire mai. Le vie del centro pullulano di vetrine e locali, di insegne luminose che travolgono gli avventori, i quali nonostante il freddo pungente dell’inverno e il caldo torrido dell’estate sono inevitabilmente attratti dal cuore pulsante della capitale rumena. Camminando da un bar all’altro, da una discoteca a un fast food aperto 24/7, capita di alzare gli occhi verso il cielo e di scoprirlo magicamente tinto di un rosa surreale e incantevole, quasi a voler compensare l’assenza di stelle. E perdendosi fra le strade del centro, dove la modernità dei negozi e dell’intrattenimento si incastra in modo affascinante negli eleganti palazzi decadenti, capita di imbattersi in angoli del passato della città sorprendentemente conservati e, va da sé, perfettamente illuminati.

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Chiesa di Stavropoleos, Bucarest

Più a est, entriamo a Kiev, che con quasi tre milioni di abitanti è la città più grande e popolosa dell’Europa orientale, escludendo le metropoli della vicina Russia. La capitale ucraina è grande, la vastità delle sue piazze e dei suoi viali non lasciano dubbi sul fatto che la Mitteleuropa con le sue città dai vicoli poetici che si arrampicano verso castelli fiabeschi sia ormai lontana. Qui si respira tutta un’altra aria, quella della grandiosità a tutti costi di epoca sovietica, unita all’eleganza e alla maestosità di quello che per secoli è stato il cuore culturale, politico ed economico di una parte d’Europa. E “maestoso” è il primo aggettivo che viene in mente mentre si cammina per le otto corsie del Chreščatyk, il viale principale della città, dove luci gialle e blu brillano orgogliose e tristi, a ricordare la lotta mai finita della nazione ucraina, culminando nella ben nota Majdan Nezaležnosti, o semplicemente Majdan, dove la scritta “Ucraina” illuminata di blu ha visto trascorrere in quella piazza notti di protesta, di guerra e di speranza. Ancora, in fondo al viale, affacciato sul Dnipro, un arcobaleno luminoso sorride beffardo alla notte di una città che non si spegne mai, nonostante tutto.

 

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Hotel Ucraina, Majdan Nezaležnosti, Kiev

 

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Monumento dell’Amicizia fra i Popoli, Kiev

In copertina: Palazzo della Giustizia di Bucarest, Romania [ph. Britchi Mirela CCA-SA 4.0 by Wikimedia Commons]

Stavropoleos, una chiesa nella vita notturna di Bucarest

Nell’anniversario dell’attentato al Museo del Bardo, Pequod vuole farsi promotore di tutte quelle realtà culturali che per un motivo o per l’altro diventano bersaglio di un pensiero a loro avverso.  Personalmente, la prima volta che incontrai una realtà appartenente a questa tipologia, o la prima volta in cui concretizzai tale consapevolezza, fu durante la mia prima passeggiata nel centro storico di Bucarest. Appena arrivata, mi diressi verso il luogo che ho sempre pensato essere cuore vivo e pulsante della cultura cittadina: questa volta però ad attendermi al varco del centro storico non vi erano cattedrali, musei o gallerie d’arte… solo pub, discoteche e kebab, affiancati talvolta da negozi di souvenir.

Tra un morso a un panino e un sorso di birra (poiché bisogna pur sempre restare ottimisti), cominciai a vagare tra le vie che vantano la vita notturna più sfrenata del Paese, sino a quando per pura coincidenza mi ritrovai di fronte al cancellino della minuziosa e incantevole Chiesa di Stavropoleos. Risalente al 1721, la chiesa vi conquisterà per l’accoglienza; una volta nel cortile, i rumori cittadini sembrano sparire per lasciare spazio alla quiete e alla curiosità, alimentata dalle numerosi lapidi e ricche decorazioni di legno. Seppure l’interno della chiesa meriti una visita, chi scrive suggerisce altamente di godervi il cortile, progettato dall’architetto rumeno Ion Mincu. Non esiste difatti un solo parco della capitale capace di tener testa alla pacatezza della Biserica Stavropoleos, che cerca imperterrita di resistere all’avanzare del consumismo in un angolino dimenticato del centro storico (in via Stavropoleos, per l’appunto).

Video mapping a Bucarest, quando gli oggetti divulgano storie

Dai francesi Lumière alla piattaforma americana YouTube, più di un secolo per la storia delle immagini in movimento, che dal grande schermo approdano sul web, e infine sulle superfici multiformi di oggetti, monumenti e palazzi. Di seguito, voglio mostrare il mio primo incontro con una proiezione di video mapping, scorta quasi per caso sull’ex Casa del Popolo di Bucarest.

Ogni anno a settembre, in occasione dell’anniversario dalla fondazione della capitale rumena, un contest europeo richiama diversi artisti internazionali per la creazione di un video mapping sulla storia di Bucarest. Tra il volto impassibile di Vlad e l’epoca Liberty di inizio Novecento, le inflessibili finestre così come le ampie e spoglie terrazze del Palazzo cambiano sinuosamente forma in un vortice di colori e linee geometriche, trasformando le forme architettoniche in storie mutevoli. Sulla facciata del  secondo edificio al mondo per dimensioni, il dolore al collo per osservare lo spettacolo fa da contorno all’insolito impatto visivo, per concludersi con una serie di giochi pirotecnici.

Improvvisamente, un albero di fronte alla Casa, oggigiorno Parlamento, s’infiamma a causa delle scintille: «I really wish it could burn», sento sussurrare da alcuni amici rumeni, in risposta ai tanti scandali di corruzione che per anni hanno distinto le vicende politiche della Romania. E strana è la coincidenza, a mesi di distanza, con l’ultima tragedia del Paese che prese di mira 400 giovani nell’ottobre 2015 presso il “Colectiv Club”, uno dei locali più popolari della capitale, dove a causa di giochi pirotecnici e del totale disinteresse per  le norme di sicurezza persero la vita 66 giovani. Tra le 20 e le 30 mila persone scesero in strada per manifestare, protagonisti di uno dei più grandi cortei che la Romania ricordi dal 1990, anno della caduta della dittatura socialista. Queste manifestazioni comportarono le dimissioni del governo Ponta e l’inizio di un nuovo decreto anti-corruzione. Da allora, la società civile rumena ha iniziato a prendere coscienza della propria esistenza e della negligenza di un sistema oramai paralizzato tra vecchie ideologie e nuovi scenari.

Noaptea Caselor #2 – La ricchezza domestico-culturale di Bucarest

E’ difficile spiegarvi quanto bellezza intrinseca ci sia in Romania e nelle vie di Bucarest. Ciò che sappiamo noi italiani di queste due realtà si avvicina al nulla. D’altronde, si sa che nella vita di ognuno ci sia bisogno di certezze, e quanto i pregiudizi siano un comodo appiglio.

Al di là dei preconcetti, Noaptea Caselor. Si è difatti da poco conclusa la seconda edizione de “La Notte delle Case”, l’evento culturale più interessante della capitale rumena a settembre. Per le vie del centro e attorno ad esso le case e gli appartamenti degli intellettuali si aprono al grande pubblico, proponendo mostre fotografiche, serigrafie, performance multimediali, spettacoli teatrali, poesie e concerti. Come l’anno scorso, anche quest’anno ci siamo avventurati tra gli appartamenti più suggestivi per mostrarvi la ricchezza di queste piccole comunità che unendosi propongono alla società rumena punti d’incontro, dialogo e condivisione, in un momento in cui le istituzioni si presentano ancora, a 25 anni dalla caduta del comunismo, apatiche e censuratrici.

Noaptea Caselor vuole essere il punto di incontro tra questi appartamenti. Per questa edizione le case fotografate sono Grădina Sticlalilor, nata nel 2008 come laboratorio artigianale, oggi specializzata nel vetro soffiato; Carol 53 tra architettura, arti decorative e serigrafie, capace di offrire al suo pubblico cortometraggi giapponesi nel suo cortile e concerti di musica elettronica nel suo interrato; l’appartamento occupato Elisabeta, ufficio diurno di designer e illustratori. Ma anche le proiezioni cinematografiche di Plantelor e le mostre fotografiche di Incubator 107.

 

Noaptea Caselor: la cultura apre le porte a Bucarest

Ancora Romania. Ancora Bucarest. Di nuovo nell’Europa orientale per fare emergere il sostrato culturale che non si è abituati a cercare nella capitale rumena. Eppure, ecco “La notte delle Case”.

Il 27 settembre 2014 la città ha aperto ai suoi visitatori e cittadini le villette e gli appartamenti più creativi, dalle 18 alle 7 del giorno seguente. Dal centro alle zone periferiche, la mappa cittadina si è costella di punti di ritrovo inusuali e in contrasto rispetto ai grigi bloc comunisti: di fronte a file e file di condomini uguali, la vivacità culturale della città è presente in questi appartamenti, mini centri sociali ai nostri occhi occidentali che propongono jazz, mostre fotografiche, graffiti, proiezioni di filmati psichedelici, poesie e arte contemporanea… ma soprattutto, numerosissimi spazi in cui l’opinione pubblica rumena può finalmente sfogarsi.

A 25 anni dalla caduta del comunismo, da Casa Elisabeta, Casa Carol 53, Casa Lupu passando anche per Casa Jurnalistului, le nuove generazioni si riuniscono per formare una nuova comunità.

Se in passato le iniziative socio-culturali si ritiravano in uno spazio personale e di condivisione tra una cerchia ristretta di amici, dopo essersi duramente scontrate con autorità ostili e ambienti sociali apatici, oggi queste case si apprestano a diventare una rete culturale decentrata, in risposta al vuoto lasciato dalle istituzioni.

Una rete composta da cittadini attivi e giovani, che dà voce alla necessità di una libertà d’espressione più audace, personale e il più lontano possibile dalla corruzione morale e culturale del Paese.

I monasteri affrescati della Bucovina, viaggio nel nord-est della Romania

C’era una volta Ştefan cel mare, Stefano il Grande, cugino del temuto Vlad Ţepes l’Impalatore (Dracula), dai lunghi e ondulati capelli biondi, il più grande principe della Moldavia (regno 1457- 1504) famosissimo in tutta la Romania per le sue innumerevoli vittorie contro gli eserciti polacchi, ungheresi e ottomani. Per la sua resistenza e vittoria contro i turchi a Ştefan non bastarono di certo qualche dozzina di pacche sulla spalla: per aver salvato la cultura e le tradizioni rumene il principe decise di erigere quaranta monasteri e chiese, alcuni dei quali considerati oggi patrimonio dell’umanità. Per questo a metà dicembre sono andata a curiosare nella Bucovina meridionale, regione che si estende all’estremo nord della Romania, a confine con l’Ucraina, una delle zone più povere del paese, dove si gira e lavora ancora con carretti trainati da maestosi cavalli.

Monastero di Humor
Monastero di Humor

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I bellissimi monasteri di Ştefan si distinguono per i loro straordinari affreschi e i quattro principali possiedono un colore prevalente capace di distinguerli gli uni dagli altri. Il Monastero di Humor è difatti caratterizzato dalle tonalità del rosso e marrone. Circondato da bastioni, al suo interno si erge una torre che a detta delle guide bisogna scalare per poter ammirare il paesaggio circostante: probabilmente hanno ragione, ma noi non ci siamo riusciti in quanto le suore avevano appena passato la cera.

Monastero di Vononeţ
Monastero di Vononeţ
Giudizio Universale
Giudizio Universale

Costruito in soli tre mesi a seguito di un’importante vittoria, il Monastero di Voroneţ è l’unico a essere associato in tutto il mondo a un peculiare colore, il cosiddetto “blu di Voroneţ”, creato coi lapislazzuli! Rispetto a quello di Humor, si nota la manata di restauro passata nel 2011 e grazie alla quale si può apprezzare il Giudizio Universale sull’intera parete esterna occidentale.

Monastero di Moldoviţei
Monastero di Moldoviţei

Il Monastero di Moldoviţei, tra torri cancelli e prati ben curati, vanta invece la tinta del giallo e il mantenutissimo Assedio di Costantinopoli del 626 d.C. che raffigura un esercito di persiani e avari vestiti peraltro in abiti turchi, forse per ricordare ai fedeli il nemico attuale. Ma la sua vera bellezza risiede nella quiete monastica del convento che lo circonda: per poter apprezzare anche questo aspetto, consiglio difatti di visitare la Bucovina nei mesi di bassa stagione, lontani dalle code, gli scatti e i rumorosi gruppi di turisti organizzati.

Monastero di Suceviţa
Monastero di Suceviţa

Dopo una tortuosa strada di montagna, si raggiungono i 1100 m di quota e il Monastero di Suceviţa, caratterizzato da un bianco muro occidentale: leggenda vuole che l’artista cadde dall’impalcatura nel dipingerlo e che gli altri pittori si rifiutarono di prendere il suo posto, pensando bene che il ferro e le corna non sarebbero stati sufficienti. Iella a parte, le sfumature verde e oro dei suoi affreschi si guadagnano il primo posto nella classifica dei monasteri più suggestivi della regione.

Prima di tornare a Bucarest, perché non fare una piccola deviazione di circa 200 km verso Iaşi? Le due ore passate di sfuggita nella “città dalle cento chiese” ci permettono di visitare solo l’orologio del vecchio Palazzo di Giustizia; chiuso in realtà al pubblico, ma accessibile con un sorriso a 20 LEI. Se sarete abili a conquistare la simpatia del guardiano, potrete ammirare gli ingranaggi dell’orologio all’opera, che incastrandosi gli uni tra gli altri, inseguiti dai rintocchi, vi trasmetteranno la sensazione di stare di fronte a uno dei marchingegni più antichi del mondo.

Ingranaggi dell’orologio del 1906.
Ingranaggi dell’orologio del 1906.

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In copertin: Monastero Voronet [ph. Rolly 00 CC BY-SA 4.0/Wikimedia Commons]

A German in Romania

Name and Surname: Jenny Berger

Age: 22

Country: Germany

Nationality: German

City: Berlin

 

SOMETHING ABOUT YOUR COUNTRY

 

  1. Which is the form of government ruling in your country?

In the Federal Republic of Germany we have a parliamentarian democracy. That means that the most important political decisions are made by a parliament, which is voted by people. Then this parliament votes for the government.  The German government, also called “the Cabinet of Germany”, consists of the chancellor (currently Angela Merkel of the CDU, a really conservative party) and the cabinet ministers.


Fernsehturm
«This is the “Fernsehturm” – I don’t like it that much, but it’s one of the greatest symbols of Berlin»

  1. Do you believe corruption exists in your country? How much do you think it influences political life and your private life?

I am sure that corruption exists in every country, some people are just easily suborned. Mostly corruption is very well hidden and kept as a secret. There are some articles I read a few years ago about corruption in the early 2000s in Germany and about the people who made it public. They say corruption is definitely increasing and campaigns that work against it are fewer and fewer. A current article I found states that still more and more cases are getting exposed. Those affairs have a huge potential to influence the political life and for sure my private life as well, though this happens indirectly.

  1. Which is your national language? Do dialects exist in your country? If they do, are they used/known by young people?

The national language is German, but there are dialects in every region. I am not sure how many young people are using them, but it might be a lot. Though people who speak in a dialect are sometimes considered less educated and that is why most people, especially those who work in public positions, try to speak in a standard German. Which is kind of sad for me, because dialects are really interesting and make people unique in some points.

  1. Who do you believe to be the cultural icon of your country?

A cultural icon, or probably the most known German band in the world, is Rammstein. But of course Germany has and had a LOT of important writers, thinkers, philosophers and musicians.

summer in Berlin«aaaaaaaaaaand I think this one is really typical for summer in Berlin: everyone is sitting on the street, drinking coffee, watch perople passing by»

WHAT ABOUT EUROPE?

  1. Do you consider yourself European?

Europe, or the European Union, is fiction to me. Fictive borders, fictive nations. But still, yes, I consider myself a European citizen.

  1. Are you able to name a person that you consider symbolic for European culture?

I can’t name a person, but I think most of the European ideas, ideologies and trends are delivered through pop culture. So it is the mainstream that defines (for non-Europeans) who and what we are, or at least what is perceived by the general public.

Klunkerkranich 1«This is one of my favorite places in Berlin, called “Klunkerkranich”. It is a garden/bar/cultural center on the roof of a parking house»

Tra le vie di Bucarest, i bambini di strada e la Fondazione Parada

Quando arrivi per la prima volta in una città, i passi ti conducono spontaneamente verso il centro, la parte migliore, biglietto da visita e facciata turistica. A Bucarest, invece, il centro storico ti racconta storie differenti.

Durante i miei primi mesi nella capitale (con molta probabilità a causa delle imminenti e oramai concluse elezioni presidenziali) la città è stata soggetta a continuo ammodernamento, tra strade, marciapiedi e nuove tinteggiature. Quando però si attraversa il giardino di Piaţa Unirii, a un solo chilometro dal Palazzo del Parlamento, nel cuore della città socialista che Ceauşescu cercò di costruire negli anni ‘80, non è possibile distogliere lo sguardo da coloro che dormono sulle panchine o bevono sull’erba. Sono le persone che vivono per strada, non più solo bambini ma anche adulti. Ai primi ho cercato di approcciarmi con sorrisi, saluti e sguardi buffi, sedendomi nelle vicinanze, ma nulla è servito a superare il loro sguardo di diffidenza nei miei confronti. Ho deciso allora di avvicinarmi a chi, con loro, lavora da anni: Associazione Parada Romania.

In Strada Bucur 23, Settore 4, a una decina di minuti da Piaţa Unirii, si trova il centro della Fondazione Parada, associazione che dal 2006 si propone anche su territorio italiano per la promozione e difesa dei bambini di strada. Utilizzando un approccio di tipo partecipativo, l’associazione punta alla reintegrazione sociale della gioventù di strada grazie al centro diurno, concepito come alternativa al vagabondaggio, nel quale si portano avanti attività ludiche e supporto psicologico, e grazie all’unità mobile Caravana, un servizio di assistenza stradale che si pone come intermediario tra la strada e i servizi offerti da Parada. L’unità mobile è attiva tre giorni alla settimana, incontrando diversi gruppi che abitano i canali, portando cibo, coperte e vestiti e parlando dei servizi che l’associazione può offrire, quali doccia, lavatrici e aiuto per la compilazione dei documenti necessari per lavoro e assistenza sanitaria; tutti servizi che Parada, nei due giorni della settimana in cui Caravana non esce dal centro, mette a disposizione dei suoi beneficiari.

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Ma chi sono i suoi beneficiari? Cosa si intende con “per strada”?

Una fascia di popolazione fissa, 1200-1500 persone di tutte le età, vivono senza dimora: d’estate nei parchi e lungo le vie, d’inverno nei canali sotterranei. I canali non sono le fogne. Tra la superficie e le fogne vere e proprie, nei canali scorrono i tubi del riscaldamento centralizzato, fondamentali per coloro che vogliono sopravvivere a un inverno capace di toccare i meno 20°. La strada rappresenta per questi senzatetto la libertà: negli orfanotrofi o nelle residenze messe a disposizione dal governo, la violenza è all’ordine del giorno.

Per le stesse motivazioni è nato il fenomeno dei bambini di strada dopo il Natale del 1989, giorno della caduta del regime comunista di Ceauşeascu. Dopo aver lanciato nel 1966 una campagna contro l’aborto e i metodi contraccettivi seguendo il binomio più rumeni = più potere, il dittatore tagliò le agevolazioni statali per le famiglie numerose, causando l’aumento vertiginoso della mortalità infantile, dell’abbandono di minori e del numero di bambini negli orfanotrofi. Da qui, i ragazzi non potevano scappare. Sino alla caduta del regime. Colpa dunque di Nicolae? Iuliana mi fa saggiamente notare come il numero dei bambini di strada, dal 1989 a oggi, sia costante. «Il problema è che dopo la Rivoluzione nulla è veramente cambiato. E’ subentrato il capitalismo, a gamba tesa, creando squilibri mostruosi accanto a moltissimi benefici, ma il passaggio è stato troppo repentino», proferisce Sergio.

Le strade di Bucarest non sono abitate solamente dai senzatetto. Le occupazioni, soprattutto nel centro storico della città, sono tantissime in quanto dopo l’89 numerose case sono rimaste sfitte e chi non ha una casa occupa, sperando che il proprietario non ritorni. Non è gente che vive nei canali, ma un giorno ci ritornerà: difficile dunque riuscire a fare una stima definitiva di coloro che vivono per strada poiché la strada ha regole tutte sue ed è caratterizzata da una flessibilità con la quale Parada deve fare i conti.

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«Una volta si faceva tantissima animazione lungo le vie della città, il circo, ma oggi non abbiamo la struttura per gestire tutti i bambini che l’attività potrebbe attirare. Senza contare che il personale della fondazione è dimezzato», continua Sergio. L’attività circense è stata cuore e fondamento dell’associazione, nata nel 1996 grazie a Miluod Oukili, giovane clown franco-algerino, che nel 1992 arrivò a Bucarest per fare l’artista di strada. Finì per conoscere i «boschetari» della stazione Gară de Nord e per scommettere che li avrebbe tirati fuori dai canali. Ce la fece con la maggior parte, tanto che uno di loro, allora bambino e oggi trentenne, lavora a Parada.

Per conoscere meglio la sua storia, vi rimando al film Pa-ra-da di Marco Pontecorvo realizzato nel 2008, augurandovi buona visione!

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