Una mezza legge: la 194 e l’aborto in Italia
«Ma chi va a tocca’ ‘sta scentonovantaquattro […] ma stavamo a parla’ de tutto e de gnente. Le cose so’ due: o vietiamo gli aborti […] e ricominciano quelli clandestini, oppure teniamo ‘sta legge. […] Noi vorremmo commissaria’ er corpo de le donne – giusto pe’ quei nove mesi – ma nun c’ho fanno fa’, magari! Ma nun c’ho fanno fa’. Sai che famo? Quello che abbiamo sempre fatto, continuiamo a piazza’ obiettori de coscienza – che a quelli je famo fa cariera e quell’artri no – e avemo risolto er problema».
Corrado Guzzanti interpreta Padre Pizzarro (Recital 2010)
Come sempre la satira riesce ad aprire uno squarcio lacerante e un’accusa, neanche troppo velata, sulla realtà delle cose.
Questa settimana parliamo di aborto. Un tema molto delicato, diventato terreno di scontro politico e ideologico negli ultimi decenni, talvolta strumentalizzato per fini puramente elettorali.
Ma queste sono altre vicende. Oggi parliamo di aborto e di una legge che dovrebbe tutelare questo diritto: la 194.
Una norma approvata nel 1978 dal parlamento italiano, che prevede la possibilità di abortire entro i primi 90 giorni dal concepimento, e di cui il popolo italiano ha rifiutato l’abrogazione esprimendo il “no” al referendum indetto nel maggio del 1981.
In Italia, quindi, abortire è un diritto riconosciuto dallo Stato. Ci sono delle strutture che dovrebbero aiutare le donne in tutte le fasi del processo: dal sostegno psicologico all’intervento chirurgico o terapeutico.
Lo scorso 11 aprile l’ANSA batte questa agenzia:
«Le donne in Italia continuano a incontrare “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi d’interruzione di gravidanza, nonostante quanto previsto dalla legge 194 sull’aborto. L’Italia viola quindi il loro diritto alla salute. Lo ha affermato il Consiglio d’Europa, pronunciandosi su un ricorso presentato dalla Cgil. L’Italia, inoltre, discrimina medici e personale medico che non hanno optato per l’obiezione di coscienza in materia di aborto. In merito il Consiglio d’Europa ha accolto un ricorso della Cgil e sostiene che questi sanitari sono vittime di “diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti”».
Essere accusati di violare il diritto alla salute, cioè di non garantire sufficiente assistenza medica a persone che ne hanno bisogno, è qualcosa di poco edificante per uno stato civile. Tanto più se queste dichiarazioni lasciano intendere che ci sarebbero pazienti trattati in maniera diversa e, per giunta, in una situazione emotivamente straziante, come può essere quella di decidere di abortire.
Ed è per questo che vogliamo approfondire il tema e cercare di capire com’è, nei numeri e nei fatti, la situazione nel nostro Paese.
Partiamo dai numeri:
Secondo una recente inchiesta portata avanti dal programma RAI Presa Diretta, in Italia la media dei medici obiettori di coscienza – ovvero dei medici che decidono di non effettuare interventi di questo genere – è del 70%.
In alcune regioni, come il Molise o la Basilicata, si supera il 90%. Nelle altre regioni la situazione è meno drastica, ma di certo i numeri rimangono impietosi (in Puglia, ad esempio, è obiettore l’82% dei medici). Le uniche due regioni che si attestano al di sotto del 50% sono Sardegna e Valle d’Aosta.
Tirando le somme, in Italia è molto difficile abortire. La legge non viene applicata. O meglio, la legge viene applicata, ma con molta difficoltà, almeno stando a questi numeri.
Ci sono luoghi in cui l’interruzione della gravidanza non viene praticata da nessun medico: è il caso di Ascoli Piceno, dove la percentuale di medici che non applicano la legge è del 100%. Il servizio sanitario garantisce il diritto alle donne di abortire mediante l’associazione privata AIED, che si occupa di tutto l’iter previsto per l’aborto.
Ma perché il tasso di obiettori è così alto?
Le cause delle percentuali riportate devono essere ricercate all’interno del sistema sanitario e nelle condizioni in cui si troverebbero a operare molti medici: la maggior parte di loro, di fatto, subirebbe pressioni e alcuni sarebbero ostacolati nel “fare carriera”. Certo, questi sono dati che non possono essere supportati da prove concrete, se non da alcuni casi di medici non obiettori ai quali, senza apparenti motivi accademici, sarebbe stata negata la possibilità di diventare docenti universitari.
Il Ministero della Salute, in un documento ufficiale emanato alla fine del 2015, ritiene che in Italia non ci sia questo problema ma che, al contrario, il nostro sistema sanitario riesca a coprire tutte le richieste: insomma, non ci sarebbero carenze o intralci di sorta.
Lo stesso documento non dice però che ci sono donne che, per esempio, dalla Sicilia arrivano fino a Roma per poter vedere riconosciuto questo diritto. Né spiega come mai, negli ultimi tempi, sia aumentato il numero di aborti praticati clandestinamente, in appartamenti e scantinati.
A proposito di aborti clandestini, nel nostro Paese le ultime cifre – che risalgono al 2005 – parlano di 12-15 mila casi ogni anno per le donne italiane e tra i 3 e 5 mila per le straniere.
Dati che sconfortano ma che rappresentano l’inevitabile conseguenza di un sistema sanitario che, nel caso di specie, non riesce a garantire questo diritto, nonché l’applicazione di una legge dello Stato.
Le donne che oggi in Italia volessero abortire, in molti casi sarebbero costrette a fare centinaia (quando non migliaia) di chilometri per eludere le liste di attesa e far valere questo loro diritto.
E se è vero che esistono casi di cliniche e reparti di ospedali pubblici virtuosi, è altrettanto vero che, come mostrano le statistiche, sono ancora troppo pochi. L’aborto in Italia è ancora un diritto riconosciuto a metà e la 194, che per molti anni è stato motivo di scontro tra diversi schieramenti – politici e non – rischia di diventare una delle tante leggi che il più delle volte giacciono dormienti tra le pagine del nostro ordinamento giuridico.
In copertina: locandina della serata di approfondimento promossa dal Circolo Arci di Calolzio (Lecco) all’interno del percorso formativo del progetto mutualistico AscoltArci.
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Giacomo
Articolo interessante ma più ancora interessante sarebbe capire il vero motivo per cui ci sono così tanti medici che diventano obiettori. Dove mancano le fonti per capire le statistiche, potrebbe aiutarci provare a metterci nei loro panni: un medico che giura di curare e non di uccidere potrebbe sentirsi a disagio nel sentirsi costretto a compiere un omicidio. La tesi che chi non è obiettore non fa carriera non può reggere, la coperta è corta e lo spazio per il 70 per cento nei posti che contano non, semplicemente non esiste. Forse hanno assistito ad un aborto e hanno visto con i loro occhi come venga fatto a pezzi e estratto a brandelli il bimbo o hanno visto come si sentono le madri…
Credo che ci sia di più da guardare.
Mi scandalizza molto di più vedere quanti dal sud vengono a Milano (nella città della sanità “corrotta” che però funziona ) perché giù possono morire per un nonnulla. Discorso ampio, molto….
Per non parlare di come molti medici consiglino di abortire per qualunque cosa come hanno fatto con l mio terzo bimbo dicendomi che bisognava abortire perché molto malato… c’erano alcune possibilità che nascesse sano e così alla fine è stato ma chissà quanti si siano fatti convincere a girare intorno all’ostacolo piuttosto che ad affrontarlo… doveva essere deforme invece è uno splendido bimbo…. molti bimbi down o Albini non riescono a vivere invece. .. cos’è? Ci sono persone di serie a, quelli sani, e di serie b, quelli più o meno malati?
Alessandro Giuliano
Ciao Giacomo,
credo che il tuo commento tocchi diversi aspetti che meriterebbero ampio spazio.
Come ho scritto, non esiste un equazione che ci dice con esattezza se tutti gli obiettori sono tali solo per una questione di opportunità. Tuttavia rimane un dato: che in Italia c’è una legge, emanata dal parlamento e confermata dal popolo sovrano con un referendum, che di rado viene applicata e con conseguenze talvolta anche gravi sulle pazienti.
Non si tratta di decidere se sia moralmente accettabile abortire, quanto di dare la possibilità a delle persone di poter vedere riconosciuto un diritto garantito dalla legge. Personalmente, credo sia una scelta molto difficile e che in ogni caso porta con sé delle conseguenze psichiche abbastanza pesanti.
Infine, trovo abbastanza curioso il fatto che dei medici, nell’esercizio delle proprie funzioni, possano rifiutarsi o meno di applicare una legge dello Stato.
Giacomo
Quando mio padre era ragazzo esistevano leggi dello Stato che ordinavano alla cittadinanza di uccidere altri esseri umani. Dopo tanti anni abbiamo conquistato la possibilità di diventare obiettori di Coscienza ed è una vera conquista