Mongol Rally: Bergamo – Ulan Bator in Panda
“Non fate il Mongol Rally, diventerete dipendenti dall’avventura e dalla libertà” si legge sul sito del Mongol Rally , il rocambolesco rally di beneficenza che ogni anno spinge centinaia di automobili, con una cilindrata rigorosamente non superiore a 1000, ad attraversare l’Asia per giungere a Ulan Bator, capitale della Mongolia. Un viaggio complicato e affascinante fra paesaggi incredibili e in condizioni estreme,come quello affrontato nel 2012 dai ragazzi bergamaschi del team Bergamatti.
Diego Pagnoncelli, classe 1986, mi confessa di aver nutrito il sogno del viaggio per molti anni, prima di organizzare effettivamente la partenza per Ulan Bator. «Quando finisco l’università si parte!» si era detto, e così è stato. Trovare dei compagni di viaggio non è stato difficile, tanto che il team era composto da cinque persone e due automobili, o meglio, due instancabili Fiat Panda messe a punto per l’impresa dai ragazzi con un budget irrisorio e tanta fantasia. «Ci siamo costruiti lo snorkel, il tubo per prendere l’aria da sopra quando si guadano i torrenti, con un tubo da elettricista e un vaso comprato al negozio dei cinesi» mi racconta divertito Diego.
Dopo un anno di preparazione e ottenuti tutti i visti il team è pronto per partire. Il percorso scelto per raggiungere la meta finale è quello che prevedeva di passare per Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan. Tuttavia gli imprevisti non sono mancati e un paio di giorni prima di arrivare in Tagikistan la squadra è costretta a cambiare itinerario, evitando il Paese a causa di scontri a fuoco sul confine con l’Afghanistan. Nonostante il cambio di programma e gli inevitabili problemi che le non-strade dissestate percorse hanno causato alle impavide Panda, sempre risolti grazie anche alle ingegnose e fantasiose soluzioni dei meccanici locali, Diego e i suoi giungono a destinazione.
Le fotografie che i Bergamatti hanno voluto condividere con Pequod raccontano di tutta questa avventura, estrema, emozionante e divertente, e soprattutto ci guidano fra paesaggi che difficilmente si possono descrivere a parole. «Abbiamo attraversato l’Ucraina, il granaio d’Europa, coi suoi campi coltivati sconfinati, di girasoli e frumento, una cosa incredibile» ci racconta Diego con entusiasmo. Dal verde delle coltivazioni il viaggio ha condotto poi i ragazzi in Uzbekistan, terra calda e desertica, attraversando quello che un tempo era il lago d’Aral e che oggi è completamente asciutto. «È il paesaggio più spettrale che io abbia mai visto: ti rendi proprio conto di essere sul fondo di un mare» mi spiega Diego, raccontandoci delle barche arenate nella sabbia, delle conchiglie e del sale, tanto sale, che caratterizza questo paesaggio.
Dal deserto si passa poi al verde delle valli del Kirghizistan, dove ci sono montagne altissime. «Siamo arrivati a guidare anche a 3800 metri» ricorda Diego. Poi la Mongolia, coi suoi altipiani e le sue valli a ben 1800 metri di altitudine e dove a luglio hanno incontrato la neve. Paesaggi infiniti e senza tempo, percorsi quasi sempre offroad. «Le prime strade asfaltate dopo più di duemila kilometri le abbiamo incontrate a poche centinaia di kilometri da Ulan Bator» mi dice Diego con un filo di nostalgia.
Con un pizzico di invidia e ammirazione, rimane poco da aggiungere a questo racconto, se non le immagini, vero tesoro di questa spedizione estrema.
Ringraziamo di cuore Diego e tutti i Bergamatti per il racconto e per averci concesso le loro fotografie.
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