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Servizi contro gli stereotipi: il SAT di Verona e Padova

Innegabili i passi da giganti fatti nel XXI secolo dal movimento LGBT, che nella sua costante richiesta di diritti a istituzioni politiche spesso sorde, ha portato a trasformazioni di forte portata sociale, prima ancora che politica: dall’inserimento delle minoranze discriminate nel mondo del lavoro e della politica, al riconoscimento delle unioni civili, fino alla ridefinizione del concetto d’identità di genere. Quelle delle istituzioni italiane, sembrano però più risposte elaborate di caso in caso per far fronte a necessità (spesso già disagi) ormai innegabili, piuttosto che la presa di coscienza della varietà sociale e delle esigenze di una tale varietà. Ciò si traduce in un’assenza di politiche e soprattutto d’infrastrutture al passo con il progresso previsto dalla legislazione, sopperita solo grazie alla straordinaria capacità di coesione e associazionismo che in questi anni il movimento LGBT ha dimostrato possedere.
Un esempio concreto viene dal mondo del transgenderismo: già dagli anni ’80, la legge prevede il riconoscimento del sesso di transizione, ma lasciando ai tribunali discrezionalità sulle prerogative richieste e, nello specifico, sulla necessità o meno dell’intervento chirurgico adeguato ai dati anagrafici. Mentre si moltiplicano negli ultimi anni i ricorsi e le sentenze che riconoscono il genere acquisito senza intervento chirurgico, non sembra essere ancora in programma un sistema socio-psico-sanitario nazionale capace di operare nella realtà transgender. È ancora una volta il movimento stesso a dar vita a strutture che, oltre a offrire supporto medico e legale, accompagnino nel percorso di transizione, attraverso sportelli aperti, incontri di gruppo e sedute con psicologi. Un esempio concreto di questa cooperazione arriva dal Veneto, dove dal 2011 è attivo il Servizio Accoglienza Trans (SAT).

Promosso presso la sede del Circolo Pink (una tra le associazioni LGBT più datate della penisola: nata come circolo Arcigay nel 1985), il SAT è stato inaugurato prima a Verona e poi a Padova, accogliendo nell’arco di sei anni di attività le richieste di quasi 300 persone. A spiegarci l’attività del SAT è Ilaria Ruzza, responsabile del punto d’ascolto aperto a Padova nel 2015: «Il Servizio si rivolge alle persone trans, transgender e gender variant che ravvisano la necessità di trovare un luogo in cui le loro esigenze siano accolte e ascoltate. Per alcune persone si tratta di iniziare il percorso di transizione; per altri, anche solo il poter parlare in merito alla propria identità di genere e/o orientamento sessuale è utile per fugare alcuni dubbi. Tutti/e gli/le operatori/trici che prestano servizio nel SAT hanno il compito di accogliere chi a noi si rivolge, ascoltare necessità, incertezze, perplessità e cercare di dare una risposta pratica e concreta a queste esigenze».
Il Servizio affianca quanti vi si rivolgono dando rilievo a tutti gli aspetti e alle componenti coinvolti in un processo di transizione: oltre ai colloqui con operatori/trici, si propongono «gruppi di auto mutuo aiuto, gestiti da persone trans per persone trans, e momenti di incontro per i genitori di persone trans/transgender»; sono disponibili inoltre professionisti, «come una psicologa psicoterapeuta, un medico endocrinologo e due avvocati». Servizi non sempre facili da offrire, spesso proprio a causa di una politica che continua a nascondersi necessità impellenti: «La difficoltà più grossa che riguarda il Servizio –spiega ancora Ilaria Ruzza- è senza dubbio la mancanza di un finanziamento stabile e continuo: tutti gli operatori sono volontari, abbiamo le spese di una sede da mantenere (affitto, utenze, etc.), nonché quelle relative alla stampa dei materiali e ai rimborsi spese dei volontari. Inoltre, molto spesso ci scontriamo con una realtà estremamente bigotta e retrograda, soprattutto a Verona, che ci impedisce la realizzazione di alcune iniziative».
Tra gli esempi più recenti di questo ostruzionismo silenzioso, la mancata partecipazione di due operatori trans del SAT all’incontro previsto per martedì 16 maggio presso l’Università di Verona, in occasione della Giornata Internazionale contro l’OmoLesboBiTransfobia: l’invito, avanzato dagli studenti di medicina, è stato revocato all’ultimo per ragioni d’indisponibilità di aula e di procedure di comunicazione interna all’università; motivazioni che hanno sollevato diversi dubbi, in primis all’interno dello stesso Circolo Pink.

Del resto, sebbene molteplici siano i segnali di apertura, una forte discriminazione sociale continua a investire l’universo transgender, come ci spiega Ilaria Ruzza quando le chiediamo quali siano le maggiori difficoltà che una persona trans si trova ad affrontare: «Sicuramente le difficoltà provengono al 98% dall’ambiente sociofamiliare in cui la persona trans, transgender o gender variant è inserita. E’ innegabile che vi siano ancora una serie infinita di luoghi comuni negativi che riguardano il mondo T* (uno su tutti, il binomio che è quasi automatico tra donna trans e prostituzione), che molto spesso vengono introiettati dalle famiglie, dai parenti e dagli amici delle persone trans che, dunque, si mostrano ostili o poco disponibili nei loro confronti. L’immagine, poi, che viene restituita dai media non aiuta in tal senso, dato che frequentemente si associano le persone trans (e specialmente le donne) a episodi di violenza, tossicodipendenza o fatti di cronaca. La realtà del mondo trans, in verità, non è molto diversa da quella di tutti gli altri: fatta di quotidianità, difficoltà, affetti e amicizie».
Non molto diverso da quello di “tutti gli altri” è anche l’obiettivo che il SAT si propone e che Ilaria Ruzza spiega raccontando di uno dei momenti più felici vissuti lavorando nel SAT: «L’anno scorso, anche a Verona, è stato organizzato Mister T, un concorso di “bellezza” per ragazzi trans. Per noi è stato davvero entusiasmante vederli sfilare sul palco, orgogliosi, fieri, entusiasti e felici. Che poi, è come vorremmo fossero tutti i giorni!».

Spiegando le motivazioni per cui è entrata a lavorare nel SAT, accanto a uno spiccato senso etico sociale che altruisticamente anela a un continuo ampliarsi dei diritti, Ilaria Ruzza mette ancora una volta in luce la portata della rivoluzione cui il movimento LGBT ha dato avvio: «Personalmente, stare nel Sat Pink è il modo più concreto e efficace di fare politica: agevolando il non sempre facile percorso di transizione, in un paese per molti versi ostile come lo è alle volte il nostro. Inoltre, è un eccellente modo per potersi mettere in discussione su quelli che sono gli stereotipi legati al genere e al binarismo sessuale nei quali siamo cresciuti e che quotidianamente si ripresentano nella nostra vita».

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Sara Ferrari

Nata e cresciuta nelle valli bergamasche a fine anni 80, con una gran voglia di viaggiare, ma poca possibilità di farlo, ho cercato il modo di incontrare il mondo anche stando a casa mia. La mia grande passione per la letteratura, mi ha insegnato che ci sono viaggi che si possono percorrere anche attraverso gli occhi e le parole degli altri; in Pequod faccio sì che anche voi possiate incontrare i mille volti che popolano la mia piccola multietnica realtà, intervistandoli per internazionale. Nel frattempo cerco di laurearmi in filosofia, cucino aperitivi e stuzzichini serali in un bar e coltivo un matrimonio interrazziale con uno splendido senegalese.

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