“Le aquile sono nate per volare”… soprattutto se dislessiche!
Martina alle elementari faceva fatica a leggere ad alta voce. Ogni volta che la maestra la chiamava per alzarsi in piedi e continuare a leggere di fronte a tutta la classe il romanzo prescelto, la mia compagna non aveva altra scelta: pur di non continuare a incespicarsi fra le aguzze consonanti, lasciava perdere il senso del testo e si lasciava trasportare dal suono delle parole. Martina ha un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) assai diffuso, la dislessia, che si ripercuote sull’abilità del leggere, dello scrivere e del calcolare in modo corretto e fluente. Solitamente, tali disturbi si presentano all’inizio della scolarizzazione e solo dal 2015 il MIUR ha iniziato a diffondere dati specifici sugli alunni DSA, che nell’aa.ss. 2014/2015 erano 186.803, ovvero il 2,1% degli studenti di istituti statali e non.
Per comprendere meglio un disturbo sempre più comune, Pequod ed io abbiamo incontrato Rossella Grenci, logopedista presso l’Ospedale San Carlo di Potenza, nonché autrice del libro “Le aquile sono nate per volare”.
Buongiorno Dott.sa Grenci. Può spiegarci meglio che cosa si intende per dislessia?
Per dislessia intendiamo un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA), che esclude qualsiasi tipo di difficoltà cognitiva, deficit neurologico e importanti problematiche psichiche ed emotive. Di conseguenza, un bambino dislessico possiede semplicemente uno sviluppo nella norma, ma ha difficoltà nella lettura e nella scrittura. O nel calcolo matematico.
Quando ci si accorge di avere un disturbo dell’apprendimento? E quali sono i sintomi principali?
Uno dei segni premonitori della dislessia è la difficoltà di linguaggio già in età prescolastica. Ad esempio, un banale disturbo di pronuncia. Quando inizia la scuola, si notano in genere diverse difficoltà ad apprendere i rudimenti di lettura e scrittura, come il confondere lettere morfologicamente e/o foneticamente simili. Chiaramente non tutte le dislessie seguono lo stesso percorso: alcuni bambini mostrano segnali più evidenti; altri, solitamente quelli con quoziente intellettivo alto, riescono a mascherare il disturbo sino alle scuole medie o addirittura superiori, quando iniziano a riscontrare più problemi. Questi spesso sfociano nel rifiuto allo studio, fino ad arrivare a veri e propri sintomi fisici quali emicranie o vomito.
Quali sono invece le cause principali di questo disturbo?
Più che vere e proprie cause gli studi sono andati a verificare se c’è una forma di familiarità: il 50% di bambini che presentano DSA hanno un genitore o un fratello con lo stesso disturbo. Alcuni studiosi stanno indagando in merito al tipo di alterazioni genetiche, ma i risultati non sono univoci. Dobbiamo ricordarci che la lettura, in fondo, è un’“invenzione” culturale e pertanto non è possibile identificare il gene che determina in maniera specifica questa abilità; tuttavia esistono delle influenze genetiche sullo sviluppo delle abilità di lettura, alla cui determinazione concorrono diverse tipologie di geni.
Come affronta un bambino la dislessia? E cosa può fare chi lo circonda?
Già dalle elementari i bambini si accorgono di avere maggiori difficoltà rispetto ai compagni di classe. Se si è fortunati, il bambino lo comunica alla famiglia, ma molti sono i casi in cui si vive la dislessia come una colpa che in seguito sfocia nella paura di non essere all’altezza e sentirsi meno intelligenti di altri. Tutto ciò può condizionare l’apprendimento e causare comportamenti problematici. La famiglia dovrebbe essere pronta a recepire i segnali di difficoltà per aiutare il bambino prima che il gap aumenti con l’avanzare del percorso scolastico.
Come si è attrezzata la scuola italiana per agevolare l’apprendimento ai bambini dislessici?
In Italia la legge 170 del 2010 prevede che le scuole presentino piani didattici mirati e concordati assieme ai genitori. Questi piani personalizzati tengono in considerazione tutte le difficoltà dello studente, che verrà sostenuto sia con strumenti compensativi, ad esempio l’utilizzo di mappe tematiche, sia con misure dispensative, come l’astensione da compiti gravosi quali lo studio mnemonico di tabelline o la lettura ad alta voce.
E un adulto dislessico? Come vive questo disturbo?
La dislessia è un disturbo dell’età evolutiva: il cervello funziona in questo modo da sempre. Tuttavia, in passato non si prestava attenzione a questi disturbi e dunque può spesso capitare che un genitore ritrovi nei propri figli le medesime difficoltà riscontrate in età scolastica.
“Le aquile sono nate per volare” (Erickson, febbraio 2015) è il libro cardine dei suoi scritti sulla dislessia, oltre a quello scritto a quattro mani con Daniele Zanoni “Storie di straordinaria dislessia” (Erickson, luglio 2015). Quale scopo si cela dietro questi progetti?
Ho iniziato a scrivere “Le aquile sono nate per volare” quando il mio primo figlio, appena iscritto alla scuola elementare, manifestò per la prima volta dei disturbi DSA. Sin da subito mi sono resa conto dei tanti punti di forza che possiedono le persone dislessiche. Così ho iniziato a documentarmi e a fare ricerche, nonché a collezionare storie di personaggi famosi dislessici, fino a quando non ho rilevato una grande corrispondenza fra pensiero creativo e dislessia. Per questo ho iniziato a scrivere: quello che volevo era donare dignità alle persone dislessiche e dare una nuova visione di questo disturbo. Esistono molti vantaggi nell’essere dislessici!
Ad esempio?
Una caratteristica delle persone dislessiche è il maggior utilizzo dell’emisfero destro, ovvero la parte del cervello umano legato al pensiero visivo-spaziale e alla creatività. Un bambino dislessico usa la vista e l’udito, invece che il leggere e lo scrivere, per imparare e apprendere. Ciò significa che un dislessico pensa attraverso le immagini piuttosto che attraverso le parole e proprio per questo il pensiero funziona più velocemente e la creatività, allo stesso tempo, è maggiormente sviluppata.
Ritornando allo scritto “Storie di straordinaria dislessia”, in cui possiamo leggere le biografie dei dislessici più famosi al mondo, qual è il personaggio che più l’ha affascinata?
Indubbiamente Agatha Christie, poiché è riuscita a far convivere dislessia e abilità di scrittura – altra prova di come ai dislessici non sia precluso nessun tipo di professione. Agatha è stata l’autrice che ha scritto più libri gialli in vita, quella più largamente retribuita e addirittura più tradotta di Shakespeare.
Un tratto comune a tutte le biografie riportate nel libro è la costante volontà di voler superare i propri limiti. Anche quando vengono derisi o colpiti nell’amor proprio, i dislessici non si tirano mai indietro da una sfida: la sorella di Agatha aveva scommesso con Agatha stessa che mai sarebbe riuscita a diventare autrice di libri gialli. A 25 anni Agatha pubblica il suo primo libro. Nei successivi anni, invece, si rese famosa anche per la sua rinomata capacità di lavorare a due romanzi gialli contemporaneamente.
In copertina: ritratto di Carlo Magno, dislessico. Immagine gentilmente concessa da Rossella Grenci (“Storie di straordinaria dislessia”, editore Erickson). Tutti i diritti sono riservati.
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