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Ti amo 3000 km lontano, ovvero le relazioni a distanza

«Pronto, mi senti? …ehi?! Mi senti??». Questo è il preludio delle conversazioni che talvolta avvengono tra due compagni che non condividono la stessa città. Avere una relazione a distanza è comune di questi giorni, soprattutto per i giovani tra i 20 e i 35 anni che si spostano per studio o lavoro. Nell’ultimo decennio sono raddoppiati i numeri dei programmi volti a promuovere la mobilità giovanile all’estero. Ad esempio, i programmi finanziati dalla Commissione Europea per il progetto Erasmus+ al quale possono accedere studenti universitari, neolaureati e dottorandi. Ma non serve star conseguendo una laurea oppure essere già in possesso di tale titolo: il Servizio Civile Nazionale è destinato alla mobilità nazionale e internazionale. Come fare dunque a far coincidere le necessità lavorative e/o personali con il rapporto di coppia?

Fino a poco tempo fa venivano considerate relazioni impossibili, destinate al naufragio, se non alla perdita di fiducia verso il partner. Dagli Stati Uniti all’Inghilterra, fino ad arrivare in Italia, quello delle coppie a distanza è un vero e proprio fenomeno che riguarda milioni di persone che vivono in luoghi distanti l’uno dall’altra. Una circostanza che, secondo i dati Istat, coinvolge circa l’8% degli italiani, ovvero quasi 4 milioni di persone. Merito anche delle nuove tecnologie, quali video- chiamate in Skype, in Whatsapp e altre piattaforme che aiutano le persone a sentirsi emotivamente vicini. Pequod ha incontrato due giovani coppie che per un motivo e per l’altro vivono il loro amore a distanza. Qui le loro storie.

«Io e il mio ragazzo ci siamo conosciuti in università a Venezia», mi racconta Giulia, 28 anni, «dove mi ero trasferita per i miei studi, ma abbiamo iniziato a frequentarci durante un periodo di studio all’estero. Nel periodo universitario ci vedevamo quasi ogni giorno […] Una volta conclusa l’università, a inizio 2014, io sono tornata nella bergamasca per lavoro, mentre il mio ragazzo è rimasto in Veneto e la nostra è quindi diventata una relazione a distanza a tutti gli effetti.» Giulia mi racconta anche come «Whatsapp permette di condividere velocemente foto, pensieri, momenti della giornata con l’altro quando si ha un attimo libero. In questo modo ci teniamo aggiornati a vicenda sulle nostre giornate o magari ci mandiamo degli articoli che leggiamo e poi commentiamo insieme. Ci sentiamo inoltre due sere a settimana circa per telefono. Quello che conta di più, però, anche in una relazione a distanza, è trovare il modo di vedersi». Lei e il suo ragazzo Lucio, 29 anni, si vedono difatti ogni fine settimana, magari alternandosi negli spostamenti, ma sempre usufruendo di servizi economici quali BlaBlaCar «che ormai è diventato una costante dei nostri weekend. Permette spostamenti più veloci e orari molto più flessibili rispetto a soluzioni come Flixbus o il treno, e quindi ci consente di passare più tempo l’uno accanto all’altra senza dover spendere una fortuna ogni mese». Per Giulia, però, lo spostamento non è mai stato un problema, essendo un’amante dei viaggi. Tanto che, approffittando dell’origine veneta di Lucio, non perde occasione per esplorare angoli sconosciuti in Veneto o riscoprire luoghi nella sua regione lombarda.

Lucio pone invece l’attenzione su cosa significhi per lui vivere in un’altra città e regione: «Una relazione a distanza è una relazione che non puoi dare per scontata. Non è un rapporto di routine, entrambi i membri si devono impegnare e attivare per poter raggiungere l’altro. Qualcosa che se il sentimento non fosse sempre forte, in pochi sarebbero disposti ad affrontare». Cosa significa dunque vivere lontani? Separarsi per brevi o lunghi periodi influenza la relazione? Giulia si prende un po’ di tempo per rispodermi: «Credo che la questione più spinosa per una coppia a distanza sia quella della fiducia, soprattutto nei primi tempi. Non vivendo la quotidianità dell’altra persona devi fidarti al 100%, altrimenti si vive male la relazione e alla lunga il rapporto non può sopravvivere. Nel nostro caso devo dire che su questo punto non abbiamo mai avuto grossi problemi, siamo entrambi convinti che perché il rapporto funzioni entrambi dobbiamo godere della fiducia e del sostegno dell’altro». Lucio conferma la visione della compagna Giulia: in questo tipo di rapporti «la routine diventa dover cercare di organizzarsi per il prossimo viaggio, e litigare con Trenitalia, o il traffico in autostrada. Riuscire a vedersi è un dispendio non indifferente di energie, soldi e, soprattutto, tempo, che però viene ripagato dal passare anche solo un breve weekend con la propria compagna».

“Ulisse e le sirene”, II secolo d.C., mosaico pavimentale romano al Museo del Bardo a Tunisi.

Amore e compromessi sembrano dunque le chiavi per far continuare un rapporto, suggerimenti applicabili a qualsiasi tipo di relazione, vicinissima o distante che sia. Tuttavia, la natura della relazione tra due persone è inevitabilmente modellata dallo scontro. Due persone, sconosciute, che iniziano a condividere la propria intimità. Anche nelle relazioni più promettenti le scintille di passione iniziale possono talvolta trasformarsi in incomprensioni e litigi. Tutto nella logica e conseguente evoluzione di un rapporto, diffidate da coloro che si chiamano amore e non ammettono mai tensioni! «Quando ci capita di litigare, personalmente preferisco risolvere la questione faccia a faccia quando ci vediamo, perché per telefono si creano più malintesi. All’inizio della nostra storia, dopo che sono rientrata dal trimestre di studio all’estero, lui è rimasto lì per un altro mese circa ed è stato molto difficile. All’epoca non lo sapevo, ma Lucio non è certo un chiacchierone al telefono e le sue risposte monosillabiche alle mie domande entusiaste erano abbastanza frustranti per me, tanto che avevo iniziato a credere che lui non fosse così interessato alla nostra relazione. A un certo punto, infastidita, avevo deciso di smettere anch’io di parlare, con il risultato che le nostre conversazioni erano costellate di silenzi lunghissimi. Se qualcuno ci avesse sentiti avrebbe pensato che eravamo pazzi: una in Italia, l’altro dall’altro capo del mondo al telefono per interi minuti senza parlare! Non appena è tornato e ci siamo rivisti faccia a faccia, invece, le cose sono cambiate e ci siamo chiariti».

Alcuni rapporti a distanza superano i confini nazionali. Alessandra, 28 anni, vive da pochi mesi a Londra, mentre il suo compagno Andrea (40 anni) è rimasto in Italia, separati da impegni di formazione e due crescite professionali differenti. «La nostra relazione è iniziata poco prima che io partissi per il Regno Unito. Sapevamo entrambi a quello che stavamo andando incontro, ma ciò nonostante l’attrazione mentale e fisica era troppo forte per lasciar perdere», mi confida Alessandra. «Forse per incoscienza, forse per passione, abbiamo continuato a conoscerci attraverso le chiamate e videochiamate, facendo sempre attenzione a non creare incomprensioni tra noi due. Quando non puoi vivere il contatto fisico giornalmente, è complicato superare i momenti di difficoltà. Certe volte basta solo uno sguardo, un bacio… o anche solo una carezza per comunicarsi certe sensazioni. Attraverso il cellulare, invece, tutto è delegato alla parola. E certe volte parlare stanca». Andrea è sinceramente d’accordo con Alessandra sulla mancanza di avere ogni giorno un contatto fisico con la compagna. Sebbene Alessandra e Andrea sembrano condividere i pensieri di Giulia e Lucio, soprattutto per quanto riguarda il continuo investimento di tempo ed energia, Andrea desidera tuttavia aggiungere che nelle relazioni a distanza, soprattutto se appena nate, è sempre tutto un inizio: «Ogni volta sembra di ricominciare la nostra relazione. Spesso capita che al nostro primo incontro dopo mesi si debba concedere a entrambi del tempo per tornare alla consueta complicità».

Articolo scritto con il contributo di Lucia Ghezzi.


Francesca Gabbiadini

Nata in valle bergamasca nell’inverno del 1989, sin da piccola mi piace frugare nei cassetti. Laureata presso la Facoltà di Lettere della Statale di Milano, capisco dopo numerosi tentavi professionali, tra i quali spicca per importanza l’esperienza all’Ufficio Stampa della Longanesi, come la mia curiosità si traduca in scrittura giornalistica, strada che mi consente di comprendere il mondo, sviscerarlo attraverso indagini e ricomporlo tramite articolo all’insegna di un giornalismo pulito, libero e dedito alla verità come ai suoi lettori. Così nasce l’indipendente Pequod, il 21 maggio del 2013, e da allora non ho altra vita sociale. Nella rivista, oltre ad essere fondatrice e direttrice, mi occupo di inchieste, reportage di viaggio e fotoreportage, contribuendo inoltre alla sezione Internazionale. Dopo una tesi in giornalismo sulla Romania di Ceauşescu, continuo a non poter distogliere lo sguardo da questo Paese e dal suo ignorato popolo latino.

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